Le fake news sono l’argomento del momento. Ne parlano tutti, tra politica e giornali. A questo tema è stata anche dedicata la Leopolda, la kermesse fiorentina organizzata da Matteo Renzi. E tutto sommato ha ragione l’ex premier quando dice che le fake news inquinano la democrazia.
La questione sembrerebbe stare molto a cuore al segretario del Pd, tant’è che al Senato sarebbe pronto – ma non ancora depositato, stando a quanto riferito da Il Foglio – un disegno di legge il cui obiettivo è «limitare fortemente la pubblicazione e la circolazione di contenuti che configurino delitti contro la persona e […] contro la Repubblica». La proposta dem è diretta contro le piattaforme social, a cui verrebbe scaricata completamente la responsabilità dei contenuti pubblicati dagli utenti, così da indurle – nelle intenzioni dei proponenti, i senatori Luigi Zanda e Rosanna Filippin – a esercitare una funzione di controllo e di eventuale rimozione dei contenuti che veicolano informazioni false.
Fake news e democrazia
Con fake news genericamente si fa riferimento a delle notizie false create consapevolmente per ottenere un effetto di condivisione virale sui social network. Esse solitamente si rifanno agli argomenti più caldi del momento – l’immigrazione, su tutti – e fanno leva su sentimenti profondi quali la paura ma anche la rabbia. Inutile dire che intorno alle fake news esiste un vero e proprio business, grazie al fatto che solitamente i guadagni online avvengono in base ai click ricevuti dal sito: articoli programmati per fare tanti accessi portano quindi anche tanti soldi. A questo proposito resta emblematico il caso dello studente siciliano che inventava notizie xenofobe con il solo scopo di monetizzare gli accessi al suo sito.
L’informazione gioca un ruolo cruciale nel complesso processo di formazione dell’opinione pubblica che, nelle moderne società occidentali – a sua volta gioca un ruolo cruciale per il corretto funzionamento del sistema democratico. Il nesso fra informazione e democrazia è infatti profondo, come spiega ad esempio il politologo Robert Dahl, che in La democrazia e i suoi critici – uno dei testi fondamentali della teoria politica – pone l’esistenza di un’informazione libera tra i criteri fondamentali che fanno sì che un sistema politico possa essere definito democratico. È evidente che – se così fosse – nel caso in cui l’informazione risultasse essere artificialmente manipolata, anche la democrazia di un Paese ne risentirebbe. Del resto la cronaca di questi mesi racconta delle interferenze che la Russia avrebbe esercitato sulle elezioni statunitensi, generando contenuti su Facebook atti a manipolare l’opinione pubblica in modo fa favorire la vittoria di Donald Trump.
Una legge non è la soluzione
Come si può fare allora, per evitare che – per usare l’espressione di Renzi – le fake news inquinino la democrazia? La soluzione del Pd – cioè la legge che punisce le piattaforme social che non controllano e rimuovono i contenuti – non è davvero una soluzione. Si tratta senz’altro di un provvedimento necessario – questo sì – ma da solo non basta. Innanzitutto perché va a colpire solo le piattaforme che ospitano i contenuti, e non chi questi contenuti li produce. In secondo luogo questa legge metterebbe una pezza, ma non risolverebbe il problema. Il quale invece richiede di essere affrontato di petto.
La cultura, forse, sì
Per debellare le fake news bisogna agire a monte, su due fronti: quello di chi produce le notizie false, e quello di chi le legge, vi crede e le rilancia. Se nel primo caso ci si trova di fronte a un comportamento lucido, che agisce consapevolmente, lo stesso non si può dire per il secondo caso. Qui, anzi, si tratta dell’esatto opposto. Si tratta della mancanza di senso critico da un lato e della mancanza di fiducia verso la politica e i media tradizionali dall’altra.
La fiducia nella politica e nei media – che è stata certamente tradita – può essere ricostruita tramite la rigenerazione di nuove forme di partecipazione e di nuovi strumenti di informazione. È un compito sicuramente difficile, ma non impossibile (e strade percorribili ne esistono, eccome). Più complicata da affrontare sembrerebbe essere la mancanza di senso critico – quella cosa cioè che ci aiuta a distinguere il vero dal falso, e a non prendere per vero tutto ciò che ci viene sottoposto – anche perché coinvolge diversi piani, da quello psicologico individuale a quello sociale collettivo.
Sono tanti i fattori in gioco e tutti trovano spiegazioni in alcuni dei problemi strutturali che attanagliano l’Italia, dal divario tra Nord e Sud all’abbandono scolastico, dalle diseguaglianze economiche e sociali al contesto famigliare. Problemi ai quali si può rispondere sono con investimenti massicci e profondi, soprattutto su un aspetto, più cruciale degli altri: la cultura, intesa come formazione intellettuale dell’individuo, che vede nell’istruzione e nell’informazione di qualità i suoi momenti fondamentali. Lei sola – la cultura – può essere l’antidoto in grado di salvare la democrazia dal veleno delle fake news.