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Nel passato succedevano meno cose?

Spoiler: no. Ma oggi abbiamo più possibilità di tenere traccia di quello che succede.

4 minuti di lettura

Voler rimanere aggiornati sugli avvenimenti del mondo sembra ormai il lusso illusorio di chi ha troppo tempo da perdere. Il mondo si muove (ormai) troppo in fretta per darci il tempo di elaborare tutto quello che succede, in un flusso abnorme e joyciano di notizie che ci arrivano anche sugli orologi. A chi riflette su certi temi potrebbe sorgere un quesito per nulla banale: nel passato succedevano meno eventi degni di nota rispetto a oggi?

Ragioniamo partendo dai servizi che sentiamo in un telegiornale in questo periodo: politica interna, grandi fatti di politica internazionale (guerre o catastrofi), cronaca nera, eventualmente lo sport, un po’ di gossip, ricorrenze particolari e, se capita, cultura. Tutti argomenti che, in modi diversi, interessavano anche ai nostri antenati, e che riempivano le loro vite. Gli annalisti antichi e medievali producevano resoconti degli eventi più importanti avvenuti in un determinato anno o ad un popolo, con sistematico spirito storiografico o, talvolta, celebrativo. La stessa Iliade non è forse la cronaca romanzata e leggendaria di una guerra di grandi dimensioni tra il mondo acheo e l’Asia minore? Un modo per non far morire determinate conoscenze o testimonianze?

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La selezione degli eventi nel passato

Eppure vagando su siti di questo tipo, che si propongono di raccogliere tutti gli eventi accaduti in un dato anno, l’idea che ci si potrebbe fare è che a partire dalla seconda metà del Settecento, progressivamente, la quantità di eventi occorsi all’umanità ogni anno sia aumentata fino a raggiungere quasi il migliaio negli ultimi decenni.

Se a volte i fatti registrati per alcuni periodi ci sembrano un po’ scarni, dobbiamo metterci nella prospettiva di avere strumenti più limitati rispetto a oggi. In cronache basso-medievali come quelle di Dino Compagni o di Giovanni, Matteo e Filippo Villani il lavoro era portato avanti da una persona o al massimo un piccolo gruppo, e redatto in genere sotto dettatura o personalmente: questo significa che le informazioni da registrare e trasmettere convergevano tutte su una sola persona, che per quanto allenata e rapida poteva comunque gestirne solo una quantità limitata.

Per contro oggi vediamo all’opera agenzie giornalistiche in cui lavorano anche centinaia di persone, con il solo scopo di raccogliere notizie dal mondo. Possiamo fare anche questo esperimento mentale da soli: se volessimo trasmettere ai posteri ciò che è successo quest’anno e ce ne potessimo occupare solo personalmente con carta e penna, non faremmo forse una scelta degli eventi che ci sembrano più significativi ed evocativi della nostra epoca, trascurandone altri che forse ci hanno colpito ma non ci sembrano altrettanto impattanti sulla storia?

La circolazione delle notizie

Cerchiamo di non pensare al fatto che tra tutti gli eventi nel passato le persone si interessassero ottusamente solo al proprio «piccolo orticello» più di quanto non accada ora. Come dimostra il successo della letteratura di viaggio (Il Milione di Marco Polo, o lItinerario di Guglielmo di Rubruk), era molta la gente – tra quella che aveva accesso alla conoscenza – a voler sapere anche cosa succedesse dall’altra parte del mondo. Le differenze rispetto a ora erano la disponibilità di informazioni e la loro tempestività.

Se per un fatto che avveniva nei dintorni il passaparola garantiva una velocità di diffusione quasi pari a quella contemporanea, non era così per ciò che accadeva lontano, perché le notizie circolavano soprattutto con gli uomini che viaggiavano. Ciò non impediva che ci fossero, esattamente come oggi, persone a cui bastava sapere cosa accadesse nel proprio quartiere per sentirsi aggiornate, e altre che facevano il possibile per ricavare più informazioni possibili sugli avvenimenti del mondo; il che significava frequentare certi ambienti, soprattutto mercantili, e chiacchierare.

Quando poi a partire dalla metà del XVIII secolo (non a caso il momento in cui prende il via l’illusione che abbiano cominciato a succedere più cose) giornali e riviste sono diventati via via più presenti nelle città, la difficoltà nell’accesso alle informazioni si è un po’ appianata. Uno strumento così pratico, e così legato a una professione precisa, permetteva una registrazione regolare degli avvenimenti. E insieme alle innovazioni dei secoli successivi ha reso meno necessario dover fare economia sulle informazioni.

Gli eventi nell’era dell’informazione

Non aiuta la nostra ricerca nemmeno il fatto che per necessità quando studiamo gli eventi del passato finiamo per associare un determinato anno a un singolo evento: la caduta dell’Impero d’Occidente nel 476, l’incoronazione di Carlo Magno nell’800, la conquista normanna dell’Inghilterra nel 1066… ma riflettiamo: abbiamo tutti vissuto un anno come il 2020, sappiamo che sono successe tante altre cose all’umanità, ma non ci stupiremmo se dalla prossima generazione dovesse essere considerato semplicemente «l’anno del Covid», e forse non ci sembrerebbe nemmeno così sbagliato. Siamo fatti così, per ricordare abbiamo bisogno di semplificare.

Il Novecento ha dato una spinta forte al processo: di colpo l’umanità si è trovata in mano gli strumenti per moltiplicare a dismisura la quantità di materiale con cui registrare gli eventi nei dintorni, fino a diventare noi stessi ognuno un creatore di memoria. Il fatto che oggi tutto sembri importante e se ne debba tenere traccia (con un video, un post, una foto, un tweet, un commento) non è che l’esasperazione di questo principio, ciò che forse più di tutto ci dà la sensazione che stiano succedendo sempre tantissime cose intorno a noi e che ognuna sia degna di essere ricordata. Ma possiamo concederci di dimenticare qualcosa ogni tanto: se tutto è importante, nulla lo è più.

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Registrare e trasmettere fatti che accadono è, insomma, un’attività proporzionata a quante persone se ne occupano. Se un solo individuo si attiva per tramandare «ciò che succede», i fatti successi saranno intrinsecamente legati alla capacità del singolo di farlo, con chiari limiti. Nell’età dell’informazione, in cui tutti siamo fruitori e produttori di cronaca, la quantità di fatti registrati è potenzialmente infinita. E in quel caso c’è solo da chiedersi quanto rumore faccia un albero che cade in una foresta in cui nessuno lo sente.

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Daniele Rizzi

Nato nel '96, bisognoso di sole e di pace. Sono specializzato in storia medievale, insegno lettere alle medie. Mi fermo sempre ad accarezzare i gatti per strada.

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