A partire dall’8 luglio 2015, Caltanissetta è divenuta una piccola capitale dell’arte contemporanea. Grazie all’attivissima associazione culturale Eureka!, le vecchie case e le stalle fatiscenti del quartiere storico della città sono state riconvertite in spazi espositivi. Due i concetti fondamentali che hanno guidato gli artisti partecipanti: l’Estrazione e l’Astrazione.
Il festival nisseno ha coinvolto più di trenta artisti: Caterina Arena, Salvatore Cammilleri, Laura Matraxia, Veronica Nalbone, Francesca Lolli, Filippo Ciccioli, Giuseppe Agnello, Annarita Borrelli, Laboratorio Saccardi, Daniele Notaro, Rosario Bruno, Maria Correnti, Leonardo Cumbo, Tina Aldisi, Sebastiano D’Amato, Maurizio Geraci, Ettore Maria Garozzo, Massimo Minglino, Maurizio La Rocca, Greta Pinto, Mary Scicolone, Elé Sphérique, Alfonso Siracusa, Luca Iannì, Factory Group, Mary Lauricella, Miriam Ognibene, Antonella Ludovica Barba, Marco Alma, Antonio Lombardo, Giuseppina Alaimo, Gabriele Diego Bonsangue, Calogero Serto, Marcella Arena.
Il primo costituisce un chiaro riferimento alle attività minerarie che in passato costituivano la principale risorsa economica del territorio. Come i minatori così gli artisti hanno il compito di scavare, di cercare la verità, interrogandosi sull’uomo e sulla vita. Da questo viaggio iniziatico nelle profondità dell’Essere gli artisti riemergono e condensano le verità apprese in un oggetto o in un atto: l’opera d’arte. Un’opera d’arte, inoltre, è sempre frutto di astrazione: ecco il secondo termine chiave per comprendere il senso della manifestazione. Al fine di esprimersi e comunicare agli altri le proprie verità, l’artista ha bisogno di “astrarre”, di andare oltre il visibile, di dimenticare tutto ciò che conosce e di distaccarsi perfino da se stesso. Solo così riuscirà a dominare e a guidare la sua stessa ispirazione, a incanalarla e a instillarla in un oggetto, in un corpo morto che, grazie all’atto artistico, si trasformerà in un’opera, in qualcosa di vivo e pregno di senso.
Il festival Estrazione/Astrazione ha affrontato dunque tematiche fondamentali legate al fare artistico senza mai tralasciare la finalità eminentemente sociale della cultura e dell’arte stessa: in questo caso, il recupero di un’area degradata (ma dal grande valore storico) della città di Caltanissetta.
Grazie all’allestimento che si dipanava tra vecchie stalle, case abbandonate, vicoli acciottolati del quartiere Angeli, la mostra si è presentata come un vero e proprio percorso da attraversare, con il corpo e con la mente: durante questo ideale itinerario lo spettatore si è potuto stupire di fronte alle sculture cartacee di Rosario Bruno, ha potuto osservare la sagoma umana eseguita con stoffa e bitume da Caterina Arena, e infine lasciarsi affascinare dal video che illustra l’esecuzione della famosa Madonna del Laboratorio Saccardi (realizzata a partire dalla fusione di moltissime monete di centesimi di euro). Il visitatore ha potuto guardare e farsi guardare dai volti enigmatici e coloratissimi di Veronica Nalbone, incontrare l’Adamo fragile e sconsolato di Giuseppina Alaimo, farsi sedurre dall’eleganza disturbante della bellissima scultura di Daniele Notaro. Lo spettatore è stato chiamato, inoltre, ad emozionarsi al cospetto della poetica installazione di Salvatore Cammilleri, che celebra l’impossibilità, per l’uomo, di essere del tutto libero e di elevarsi fino alle stelle (o forse è possibile, sembra dirci l’artista, ma solo nei sogni dell’infanzia), e, ancora, a riflettere sul tema dell’inquinamento a partire dal trittico pittorico di Maria Correnti, a farsi avvolgere dalla magia emanata dagli scatti fotografici di Elé Sphérique, ad osservare gli ironici Pani di Laura Matraxia, a lasciarsi incantare dall’aura sacrale che avvolge l’opera a quattro mani di Annarita Borrelli e Salvatore Cammilleri i quali hanno dato vita a uno scambio di linguaggi tra videoarte, installazione e poesia, teso ad esplorare e a rinnovare quella tensione metafisica che oggi sembra perduta ed, ancora, a stupirsi di fronte alle forme organiche e metaforicamente femminili di Barba che cita coltamente il grande Ernesto Neto, ad emozionarsi di fronte alla scultura/installazione di Giuseppe Agnello che canta mestamente, come in una trenodìa, il rimpianto per una civiltà agricola, quella siciliana, ormai irrimediabilmente perduta. I simboli di questo mondo perduto assumono l’aspetto di macerie, di resti, di fossili, forgiati da Agnello nel biancore fantasmatico del gesso.
Alla fine di questo già ricco percorso, agli spettatori è stato concesso di visitare il Padiglione Italia della Biennale di Venezia. La Biennale a Caltanissetta?
L’inaspettata visita è stata resa possibile dalla geniale intuizione dell’artista Alfonso Siracusa, una delle personalità più interessanti nel panorama artistico siciliano di oggi il quale, giocando da sempre con il tema del vero e del falso, ha ricreato una sorta di finto padiglione Italia in cui ha invitato a esporre, oltre a se stesso (con un’installazione che prendeva spunto dal disastro delle torri gemelle) anche Rosario Bruno (che citava, con grande raffinatezza, il Toro di Picasso) e, per non farsi mancare proprio nulla, anche il grande Alberto Burri (creando un falso Burri a partire da alcuni sacchi trovati in loco).
Da ricordare ancora la performance del duo Lolli/Ciccioli dall’eloquente titolo Non riesco a dare forma alle cose. I due artisti, citando gli impacchettamenti di Christo, ma trasponendo quest’atto simbolico dalle cose alle persone, hanno invitato l’osservatore a riflettere sull’impossibilità di una totale espressione del Sé ed, ancora, sulla difficoltà stessa dell’attività dell’artista chiamato, naturalmente, a “creare”.
Grazie alla qualità degli artisti scelti e della missione stessa del Festival, organizzato dall’associazione Eureka!, la cosiddetta provincia siciliana si dimostra, una volta di più, un’area ricca di energie creative e un attivissimo laboratorio di linguaggi.
Essa appare, talvolta, più dinamica e vitale di certi centri cittadini tanto decantati.