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Eros, belva dolceamara,
indomabile e sfuggente

3 minuti di lettura

Spesso nella nostra rubrica ci ritroviamo a parlare di eros (in greco, ἔρως) e lo intendiamo prevalentemente come desiderio amoroso. Erotico è tutto ciò che ci ispira questo desiderio: ciò che è bello, ciò che è misterioso, ciò che, pur senza avere connotazioni particolari, ci trasmette quella piacevole sensazione che tutti abbiamo provato almeno una volta. L’eros è probabilmente quanto di più soggettivo possa esserci e, allo stesso tempo – o forse proprio per questo – è anche qualcosa di incredibilmente indefinito. E già nella sua antichissima storia sono racchiuse queste sue caratteristiche. Per questo oggi proveremo brevemente a ripercorrerla.

Punizione di Eros, affresco di Pompei
Punizione di Eros, affresco di Pompei

Eros è, come è noto, il dio greco del desiderio. Nel nostro immaginario è rappresentato da un bimbo piuttosto cicciottello, alato, con un sorriso furbo e armato di arco e frecce con cui colpisce le malcapitate vittime. Questa raffigurazione un po’ bonaria è di certo molto antica, ma lo è altrettanto quella che invece lo vede come un dio potente – si dice, a volte, tanto potente da intimorire anche gli dei maggiori – che è meglio evitare di far infuriare. Come si possono conciliare due visioni tanto differenti?

Facciamo un passo indietro. Nei poemi omerici Eros è nominato due volte e non è presente in quanto divinità, ma piuttosto come una forza  indefinibile ed estremamente potente, che colpisce tanto gli uomini quanto gli immortali. Non è un caso che tra le sue vittime vi siano i sovrani dell’Olimpo, Zeus ed Era. Ma la prima apparizione di Eros riguarda significativamente una coppia di mortali: Paride ed Elena. Che i due responsabili del decennale combattimento sotto le mura di Troia siano connotati fin da subito come soggetti a questo potente desiderio è molto indicativo: Eros è una forza tanto potente da essere in grado di scatenare guerre.

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Non stupisce, dunque, che ben presto Eros sia stato personificato e sia divenuto un dio a tutti gli effetti. Nella Teogonia Esiodo ne racconta la genealogia, collocandolo tra le prime divinità nate, subito dopo la Terra e il regno degli Inferi. È tuttavia ancora un dio anomalo: non compie gesta grandiose né può essere adorato come gli altri, con templi e sacrifici. È ancora qualcosa di astratto, una forza che attira gli elementi e mette ordine nel Caos: è, insomma, il principio vitale che “scioglie le membra“, come avranno modo di dire diffusamente i poeti di lì a pochi decenni.

Il mito che riguarda Eros diventa sempre più complesso e incerto con il passare del tempo. L’Ippolito di Euripide è la prima opera letteraria in cui compare l’immagine del dio alato dalle sembianze di fanciullo. Per lo più lo si immagina figlio dell’amore adultero di Afrodite con Ares o con Hermes. Le iconografie lo raffigurano come un birbante intento a giocare con altri fanciulli divini, come il coppiere Ganimede, oppure rimproverato e messo in punizione dalla madre. Da questo punto di vista, il dio Eros non è una personalità eminente dell’Olimpo: temuto dai suoi immortali parenti, non è tuttavia adorato dagli uomini, che gli dedicano un solo santuario a Tespi (dove pare fosse adorato in forma di roccia grezza). È l’ennesima contraddizione di Eros: sempre presente nell’immaginario antico, ma mai titolare di un proprio culto.

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Parallelamente, però, Eros diventa anche e soprattutto un concetto filosofico. In questo senso, la Teogonia di Esiodo è il primo esempio di un motivo che avrà molta fortuna: Eros è la forza più antica del mondo, il principio che genera la vita e che si oppone al disordine e, quindi, alla morte (Thanatos). Platone, poi, nel Simposio ne dà una rilettura estremamente originale: Eros non è affatto quel bel dio che tutti si immaginano, è figlio di Poros, il Guadagno, e Penia, la Povertà, e altro non è che l’eterna e insoddisfatta aspirazione dell’anima alla conoscenza. Eros è filosofo perché, socraticamente, sa di non sapere, ma desidera ardentemente la saggezza.

Forse un significato simile può essere sotteso anche al più famoso mito riguardante Eros, quello della sua storia d’amore con Psiche (Anima). Eros, innamorato della bella Psiche, trascorre notti di passione con lei, ma la avverte di non provare a guardarlo mai. La giovane, però, una notte illumina con la lampada il dio mentre dorme e ne scopre così i bei lineamenti. Ma Eros è ormai infuriato e la abbandona, lasciandola nella disperazione. È solo dopo una serie di durissime prove che, con l’aiuto degli dei, Psiche riesce a ritrovare il suo amato. Esattamente come l’anima senza il desiderio di conoscenza è imperfetta, così Psiche è all’inizio cieca: è Eros a spingerla verso la conoscenza, che lei acquisisce, come da buona tradizione, attraverso la sofferenza. Ed è ancora il mito a confermarci la premessa da cui siamo partiti: Eros fugge quando cerchiamo di esaminarlo più da vicino. Non ci resta che continuare a immaginarlo…

Silvia Ferrari

Classe 1990, nata a Milano, laureata in Filologia, Letterature e qualcos'altro dell'Antichità (abbreviamo in "Lettere antiche"). In netto contrasto con la mia assoluta venerazione per i classici, mi piace smanettare con i PC. Spesso vincono loro, ma ci divertiamo parecchio.

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