Ernest Hemingway è ricordato dagli amanti della letteratura per la sua vita avventurosa, fatta di viaggi, amori, guerre, soprattutto alcol. È l’autore di Addio alle armi, Per chi suona la campana, Il vecchio e il mare, Festa mobile, solo per citarne alcuni, e arriva in Italia negli anni Cinquanta grazie alle traduzioni di Fernanda Pivano. Un tema ricorrente nelle sue opera è la sfida alla morte, la lotta per la sopravvivenza, a volte fino all’autodistruzione.
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Per gli amanti del cinema, invece, è inevitabile citare Midnight in Paris di Woody Allen, film in cui il personaggio di Hemingway (Corey Stoll), insieme a quello di Fitzgerald, svolge un ruolo molto importante e offre al protagonista spunti diversi per affrontare in maniera più consapevole il presente. Nulla di così diverso dalla realtà, considerato che la generazione perduta degli espatriati americani negli anni Venti comprendeva questi due autori che solevano brindare insieme e confrontarsi sui rispettivi romanzi.
Chi era Ernest Hemingway?
Ernest Hemingway, figlio di un medico, nasce il 21 luglio 1899 a Oak Park, in Illinois. Non ha ancora vent’anni quando inizia a collaborare con un giornale di Kansas City, città in cui si trasferisce per vivere da solo. Durante la Prima Guerra Mondiale si arruola nel Corpo di spedizione statunitense e combatte sul fronte italiano, rimane ferito e viene operato d’urgenza a Milano in via Armorari (per i turisti, lo ricorda con orgoglio una targa affissa sulla facciata dell’edificio), guadagnando la medaglia d’argento al valore militare.
Nonostante in America venga accolto come un eroe, la sua natura irrequieta e insoddisfatta lo trascina in un perpetuo viaggio intorno al mondo, dai Café di Parigi alla corrida in Spagna, senza dimenticare Cuba. Incarna la figura del grande scrittore americano: animo sgualcito di chi le donne le ama brevemente, carattere rude di chi si beve la vita. Morirà suicida a Ketchum, nell’Idaho, il 2 luglio 1961.
Hemingway ha scritto alcuni tra i romanzi più importanti e amati del Novecento. Per chi non avesse mai letto nulla di suo, vediamo insieme quali sono allora, secondo noi, i tre libri da leggere per approcciarsi a Ernest Hemingway per la prima volta.
Per iniziare: «La ricerca come felicità» (2020)
La ricerca come felicità non è altro che un racconto inedito trovato dal nipote dello scrittore. Pubblicato nel 2020 sul New Yorker e nel 2021 su Robinson, supplemento de La Repubblica, a tratti ricorda Il vecchio e il mare. Non a caso, fa parte della nuova traduzione Mondadori di quest’ultimo romanzo, a cura di Silvia Pareschi.
Quell’anno avevamo programmato di pescare il marlin al largo della costa cubana per un mese.
Il protagonista, Ernest, racconta in prima persona una battuta di pesca. È la mascolinità di chi riesce a trasformare la pesca in una vera e propria caccia al nemico, un braccio di ferro con la vita. Un po’ capitano Achab, un po’ Santiago. E poco importa se Ernest non fosse un vero e proprio pescatore.
Per proseguire: «Il vecchio e il mare» (1952)
È da ottantaquattro giorni che il vecchio Santiago non riesce a pescare nulla in The Old Man and the Sea (1952). E Manolin, giovane ragazzo a cui Santiago ha insegnato a pescare, a causa della sfortuna che perseguita il pescatore è costretto dai genitori a trasferirsi in un’altra barca. Eppure, i due continuano a essere inseparabili. L’ottantacinquesimo giorno, Santiago rischia. Si mette in barca, va al largo, posiziona le esche. Un marlin abbocca. È il più grosso marlin che abbia mai visto.
Non lo disse ad alta voce perché sapeva che a dirle, le cose belle non succedono.
È una dura lotta, logorante. È fare amicizia col proprio nemico. Dopo ben tre giorni, il grosso marlin viene catturato ma la via del ritorno è costeggiata da grossi pescecani che divorano la preda. Santiago ci impiega quattro giorni per ritornare a casa, lui e lo scheletro del pesce catturato. Una rivoluzionaria vittoria nella sconfitta, opera che gli valse il premio Nobel per la letteratura nel 1954.
Innamorati di Ernest Hemingway: «Fiesta» (1926)
A mezzogiorno di domenica 6 luglio la fiesta esplose. Non c’è altro modo di descrivere la cosa.
Un gruppo di amici si ritrova a Pamplona, durante la festa di San Firmino (con la famosa corsa dei tori lungo le strade della città). Sono Robert, Frances, Bill, Mike e Jake, il protagonista. Brett è la donna-calamita intorno a cui gira la passione dei personaggi maschili. Contenuta e frenetica, sa esattamente il fascino che esercita sui suoi uomini e sa come sfruttarlo. Nonostante questo, è inevitabile che anche lei caschi tra le braccia dell’uomo sbagliato. Come si fa a non amarla?
Tutti loro si sono lasciati alle spalle i bistrot di Parigi per calarsi nell’ambientazione esotica della corrida. Un gruppo di giovani americani che sfugge la noia partendo alla sfrenata ricerca di divertimento, tra alberghi costosi, litri di vino e virili risse. Hemingway descrive una realtà che è stata la sua. Un’epica descrizione di una folle corsa (come quella dei tori) verso l’autodistruzione, ma… la fiesta doveva continuare.
In copertina: Artwork by Madalina Antal
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Cara Serena, Hem non arriva in Italia grazie alle traduzioni (discutibili in verità, se hai letto i testi in lingua originale) della Pivano. No. I suoi primi scritti tradotti in italiano li trovi su “Americana”, a cura di Elio Vittorini, Bompiani 1943. I primi libri, invece, li stampa Jandi-Sapi: L’Invincibile, trad. Sandro Surace, maggio 1944; Un addio alle armi, trad. Bruno Fonzi, dicembre 1945; Verdi colline d’Africa, trad. Gaetano Carancini, febbraio 1946; Il sole sorge ancora, trad. Rosetta Dandolo, novembre 1946 …e un altro titolo ancora, di cui adesso non ho memoria.
Prima della Pivano, per Mondadori Heminhway è stato tradotto da Giansiro Ferrata, Puccio Russo, Dante Isella. Per Einaudi trovi Giorgio Monicelli, Ettore Capriolo, Giorgio Trevisani.
Pivano entra in gioco a Cortina d’Ampezzo, quando Mondadori “vuole” Hemingway (i diritti d’autore li deteneva una società svizzera), Hem “s’innamora” di Fernanda, e il contratto stipulato impone lei come traduttrice unica da quel momento in poi, resettando il passato. Scusa l’estrema sintesi, ma trovo sia giusto conoscere il passato per non adagiarsi sempre sul sentito dire. Giancarlo Mauri
https://independent.academia.edu/GiancarloMauri