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Enrico Baj, una vita Nucleare e Patafisica

Artista eclettico, pittore di denuncia sociale e sperimentatore di tecniche e discipline. Enrico Baj fu un'importante figura nel panorama dell'arte contemporanea italiana.

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Enrico Baj, artista milanese e fondatore del movimento dell’Arte Nucleare, fu una figura eclettica nel panorama dell’arte contemporanea italiana. Sperimentò con i materiali più disparati, mescolando tecniche e discipline molto diverse tra loro. Fu pittore di denuncia sociale, con i celeberrimi Funerali dell’anarchico Pinelli, o ancora il corpus Dame e Generali, una critica alla futilità delle pompose classi aristocratiche. Ma non solo: Enrico Baj si occupò sin dalla fine degli anni Cinquanta di scrittura, una disciplina che lo aveva sempre appassionato e a cui si dedicò sempre di più a partire dagli anni Settanta, dal trasferimento dell’artista con tutta la sua famiglia da Milano ad un piccolo paese della provincia varesina.

Enrico Baj
Enrico Baj. Fonte.

La gioventù milanese di Enrico Baj

Enrico Baj nacque in una casa dove l’alta formazione di certo non mancava. I genitori lavoravano come ingegneri e Maria Luisa Baj, la madre, fu tra le prime donne laureate al Politecnico di Milano. La carriera universitaria di Enrico Baj, inizialmente orientata verso la facoltà di medicina, fu bruscamente spezzata dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Al termine del conflitto, l’artista intraprese la carriera in giurisprudenza, frequentando però contemporaneamente le lezioni presso l’Accademia di Brera. Da sempre in contatto con artisti italiani e stranieri, all’inizio degli anni Cinquanta ebbe modo di esporre la propria prima mostra personale a due, con Sergio Dangelo, alla Galleria San Fedele di Milano. Il suo stile era ancora fortemente ancorato all’Informale americano, e nelle opere esposte in mostra faceva uso del dripping, una tecnica tipica dell’Action Painting che consiste nel far cadere la vernice sulla tela (di solito stesa a terra) dall’alto. Il concept di quella esposizione, che alludeva alle conseguenze della bomba atomica, era il riflesso del movimento che l’artista fondò lo stesso anno proprio con Sergio Dangelo, quello dell’Arte Nucleare.

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L’arte nucleare

Nel manifesto della pittura nucleare firmato a Bruxelles nel 1952 si recita:

I Nucleari vogliono abbattere tutti gli “ismi” di una pittura che cade inevitabilmente nell’accademismo, qualunque sia la sua genesi. Essi vogliono e possono reinventare la Pittura. Le forme si disintegrano: le nuove forme dell’uomo sono quelle dell’universo atomico. Le forze sono le cariche elettriche. La bellezza ideale non appartiene più ad una casta di stupidi eroi, né ai robot. Ma coincide con la rappresentazione dell’uomo nucleare e del suo spazio. […] La verità non vi appartiene: è dentro l’atomo. La pittura nucleare documenta la ricerca di questa verità.

La presa di coscienza di un “dopo la bomba atomica” è un aspetto che riguardò non solo questo movimento nello specifico. L’arte postbellica doveva assumere un nuovo approccio nei confronti della realtà, una realtà per certi versi post-apocalittica. Le influenze dell’Arte Nucleare furono il surrealismo (forti sono i legami fra l’espressione artistica del gruppo dei nucleari con Salvador Dalì) e l’espressionismo astratto.

Le influenze cubiste e i Funerali dell’anarchico Pinelli

Enrico Baj ebbe modo di conoscere a fondo l’arte cubista e in particolare le opere di Pablo Picasso nel 1944, quando con la sua famiglia si trasferì per un periodo a Ginevra come rifugiato militare. Evidente è il legame, in particolare per quanto riguarda la celeberrima Guernica, fra le opere dell’artista cubista e l’installazione dedicata all’anarchico Giuseppe Pinelli, accusato ingiustamente della strage di Piazza Fontana del 1969 e misteriosamente caduto da una finestra della centrale di Polizia. Per denunciare la brutalità della polizia, così come le sue molteplici bugie (aveva giustificato il gesto come un atto volontario di Pinelli ora per sfuggire all’interrogatorio, ora per la sconfitta della causa anarchica), Enrico Baj realizza un’installazione di grandi dimensioni con pannelli smontabili, che ricorda una scenografia teatrale. Intorno alla figura centrale (Giuseppe Pinelli nel momento della caduta) i personaggi reagiscono con espressioni di sgomento, che molto ricordano quelle dei soggetti di Guernica: sulla sinistra i pannelli che rappresentano undici anarchici e le figlie di Pinelli, Claudia e Silvia, mentre la moglie Licia è rappresentata in ginocchio sulla destra fra sette poliziotti. La storia dell’esposizione di quest’opera fu tanto travagliata quanto il soggetto rappresentato in essa. Il 17 maggio 1972, giorno dell’inaugurazione dell’opera a Palazzo Reale, il commissario Luigi Calabresi (fra i poliziotti responsabili dell’assassinio di Pinelli) fu ucciso da un commando armato. La prima esposizione dell’opera avvenne solo nel 1975 a Firenze.

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Enrico Baj e la patafisica

Espressione che deriva dal greco “epì ta metà ta phisika” (ciò che è vicino alla metafisica), la patafisica è un movimento artistico e filosofico nato dallo scrittore francese Alfred Jarry, che la definisce come «la scienza delle soluzioni immaginarie». L’espressione viene menzionata dall’autore per la prima volta nel 1893 ne L’echò de Paris: «La patafisica è una scienza che abbiamo inventato, perché se ne sentiva generalmente il bisogno». Enrico Baj cominciò a interessarsi e ad esplorare la patafisica nel corso degli anni Sessanta. Baj, insieme a molti altri artisti e scrittori, iniziò a incorporare elementi patafisici nelle sue opere durante il periodo in cui la sua arte stava diventando sempre più provocatoria e anti-convenzionale. La patafisica è stata una delle influenze chiave nella sua arte durante gli anni Sessanta e oltre. Nella serie Quadri Patafisici, Baj realizzò quadri che contenevano scritture incomprensibili, simboli astratti e figure umane distorte, il tutto con l’intento di creare una sensazione di caos e illogicità. Come affermò lo stesso Baj nel saggio Patafisica. La scienza delle soluzioni immaginarie:

La Patafisica non tende all’esclusivo, all’esclusione: essa al contrario ha un’attitudine spirituale che la porta a ricevere, a accogliere, a recepire.
Essa è inclusiva, non esclusiva; essa include in sé tutto quanto germoglia dalla fantasia, dall’immaginazione, dal sogno, dal senso dell’Essere come del Non-Essere.

Enrico Baj

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Clarissa Virgilio

Studentessa di lingue e letterature europee ed extraeuropee a Milano, classe 2001. Durante gli anni della triennale di lingue, ho seguito un corso presso la NABA sulle pratiche curatoriali. Amo guardare ciò che ha qualcosa da dire, in qualsiasi lingua e forma.

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