Ci sono artisti che hanno scritto la storia della fotografia. Tra questi, senza alcun dubbio, occorre annoverare Elliott Erwitt (Parigi, 26 luglio 1928) che, seguendo lo stile immediato ed istintivo di Henri Cartier-Bresson, è ricordato per i suoi scatti in bianco e nero di situazioni particolari e spesso ironiche.
Sono un fotografo dilettante, oltre ad essere un professionista, e penso che forse le mie foto amatoriali siano quelle migliori.
Nato nella capitale francese da genitori ebrei di origine russa ha vissuto in Italia fino al 1938, quando è stato costretto a fuggire con la sua famiglia negli Stati Uniti. Qui ha studiato cinema e fotografia e il suo primo impiego lo vede come assistente fotografo per l’esercito americano. Grazie a questo lavoro ha la possibilità di incontrare personaggi di spicco del mondo della fotografia, tra cui il celebre Roy Stryker − colui che, si dice, abbia lanciato la fotografia documentaria − che lo assume per collaborare al suo progetto della compagnia petrolifera Standing Oil. Diventa poi un freelance e inizia a collaborare con importanti riviste come Life e conosciute aziende come Air France. Nel 1953 entra a far parte della prestigiosissima agenzia fotografica Magnum e dal 1970 si dedica più intensamente al cinema, aggiudicandosi diversi premi per i suoi lavori.
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Nei momenti più tristi e invernali della vita, quando una nube ti avvolge da settimane improvvisamente la visione di qualcosa di meraviglioso può cambiare l’aspetto delle cose, il tuo stato d’animo. Il tipo di fotografia che piace a me, quella in cui viene colto l’istante, è molto simile a questo squarcio nelle nuvole. In un lampo, una foto meravigliosa sembra uscire fuori dal nulla.
La fotografia di Erwitt è libera da qualsiasi ideale e progettazione: il fotografo deve cogliere il momento migliore, senza limitarsi alla sola tecnica. È qualcosa che trascende la volontà dell’artista stesso: la situazione lo investe, lui punta l’obiettivo e, senza sforzo, scatta. Ma non è una cosa da tutti; ha più a che fare con l’occhio, l’istinto e la fortuna.
USA. California. 1955. Questo scatto è uno dei più famosi di Erwitt. Ritrae il bacio di due innamorati da una prospettiva inusuale: lo specchietto retrovisore di un’automobile. Di fronte a loro, il mare.
USA. Colorado. 1955. Un bambino guarda fuori da un finestrino rotto. Anche qui il gioco prospettico è particolare: la parte lesionata del vetro sembra sostituirsi al suo occhio.
Quando uno si ritrova di colpo in mezzo a estranei che blaterano in una lingua che non capisci, devi usare gli occhi. E cosa vedi? Vedi esseri umani comici, tristi, felici: esseri umani più o meno come te.
Nelle fotografie di Erwitt non c’è un’attenzione particolare per il paesaggio; l’occhio del fotografo si concentra più che altro sulle figure umane o sugli animali (per lui riflessi inconsapevoli delle abitudini degli uomini) e sono numerosi i suoi libri fotografici che hanno come unici soggetti i cani.
USA. New York city. 2000. In questo bizzarro scatto newyorkese il protagonista sembra un essere con corpo umano e testa di cane. Osservando attentamente, però, si nota che altri non è se non un uomo con il suo bulldog inglese sulle ginocchia: ancora una volta, la prospettiva e l’attimo propizio sono fondamentali nella fotografia di Erwitt.
Abbaio ai cani. Ecco perché il cagnolino, in una delle mie fotografie, è saltato. Una volta a Kyoto camminavo dietro ad una signora che portava a passeggio un cane dall’aspetto interessante. Solo per vedere cosa sarebbe successo, abbaiai. La signora tirò immediatamente un calcio al cane sconcertato. Si vede che abbaiavamo allo stesso modo.
Negli scatti di Elliott Erwitt sono del tutto assenti l’angoscia e la cupezza: il suo è un mondo di buffe prospettive e spensieratezza. Persino queando le armi o la guerra entrano in scena, lo fanno senza terrore.
USA. Pennsylvania. Pittsburgh. 1950. Un bambino sorride felice mentre si punta una pistola alla testa, come fosse un gioco.
Erwitt ha fotografato anche molti personaggi importanti, sia dello spettacolo sia della politica, ritraendoli sempre con grande naturalezza: da Marilyn Monroe a Che Guevara, riesce a realizzare ritratti spontanei e senza pose che colgono la vera essenza di chi è al di là dell’obiettivo.
USA. Arlington, Virginia. 25 Novembre 1963. Jacqueline Kennedy al funerale del marito.
Grazie ai suoi lavori straordinari Elliott Erwitt è considerato uno dei fotografi più influenti dello scorso secolo e le sue fotografie sono state esposte in musei di grande calibro come il Mo.Ma a New York o il Museo d’Arte Moderna di Parigi.
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