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Le elezioni, la Francia e l’altra Europa: riflessioni sul voto

Dopo le elezioni europee di giugno, il voto francese del primo turno delle elezioni legislative conferma un'Europa che guarda sempre più a destra. Ma come si è arrivati a questo punto?

12 minuti di lettura

Le recenti elezioni europee ci consegnano un cuore politico ed economico del Continente che ha virato nettamente a destra. Nonostante questo, con le recenti nomine, abbiamo visto che gli anticorpi UE e le storiche alleanze hanno retto. Ma il tema resta. È importante domandarsi da cosa nasce questo voto di rottura e che cosa ci rivela.
Insomma, chi è, da dove viene e cosa vuole l’altra Europa? Qualche riflessione sul voto europeo e sul primo turno delle elezioni legislative in Francia che si sono svolte nella giornata di ieri, domenica 30 giugno.

L’onda a destra continua

L’Europa è un continente a facile contagio che spesso, nei suoi malumori, riesce a risultare compatto. Le elezioni europee dell’8 e 9 giugno ne sono la conferma: mai l’Europa era stata così a destra, dal Rassemblement National francese all’AfD tedesca a Fratelli d’Italia. La doccia fredda che ha spostato l’asse democratico del Vecchio continente sempre più a destra è continuato nella notte di ieri, domenica 30 giugno. Al primo turno delle elezioni legislative francesi il Rassemblement National (RN) – il partito di estrema destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella alleato con Eric Ciotti, il presidente dei Repubblicani, di destra – è stato nettamente il più votato: ha ottenuto il 33,15 % dei voti. Se il risultato dirompente dovesse essere confermato al secondo turno (7 luglio), lo scenario per la Francia – da sempre fucina di novità politiche e non – sarebbe quello di una coabitazione tra il Presidente Macron e l’enfant prodige della destra più destra, il ventottenne Bardella. Cosa rara per l’assetto francese che di fatto comporterebbe un grande ridimensionamento del Presidente in carica.

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Lo scontro tra società

Il cuore economico (la Germania) e quello politico (la Francia) del continente hanno visto un aumento sia della destra moderata che di quella più estrema. Ma quello che balza agli occhi è la disomogeneità tra le idee: non si tratta di uno scontro nella società, ma tra società. Gli europei con il proprio voto hanno espresso un netto e duro rifiuto verso l’idea di Europa che si stava profilando all’orizzonte: dalla transizione ecologica, all’integrazione politica ed economica dei paesi, alla difesa armata dell’Ucraina; il popolo ha risposto con il desiderio di più sicurezza, meno immigrazione, maggiore sovranità degli Stati e un’economia più stabile.

Hanno colpito duro le politiche agricole, la recessione dell’economia tedesca, l’inflazione e le scelte di politica estera. È come se, di fianco all’Europa che conosciamo e a cui pensiamo immediatamente (quella delle grandi capitali finanziarie, delle liberaldemocrazie e della tolleranza), affiorasse silenziosamente un’altra Europa, fatta di provincie, di hinterland profondi, spesso accompagnati da bassi redditi e bassi livelli di istruzione, di persone che si sentono private dello status di classe media. Come in un cielo sereno che man mano si riempie di nuvole per poi squarciarsi con un tuono fragoroso, abbiamo visto negli anni l’assieparsi di movimenti identitari e di scetticismo dapprima isolato e poi sempre più generalizzato verso le politiche comunitarie, percepite sempre più come un establishment algido e lontano (i tecnocrati, i palazzi e via dicendo).

L’idea che è andata serpeggiando in Europa è che, dopo le promesse di benessere e sviluppo che avevano accompagnato l’adesione all’Euro, l’Unione si sia dimostrata incapace (o impotente) di fronte alle grandi sfide (globalizzazione, immigrazione, denatalità, innovazione, crisi economica) e per di più pretende ora sacrifici per battaglie che appaiono vuote di significato o pericolose (le case green, le auto elettriche, un esercito comune…). Insomma: nel voto dell‘altra Europa, si ha l’impressione di essere stati truffati e di sottostare a un’organizzazione che non si controlla davvero.

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Nuovo o vecchio sovranismo?

Chiaramente, lo sappiamo bene, le cose non stanno così, ma l’atteggiamento del sistema politico e mediatico è stato fondamentalmente quello di ridicolizzare, colpevolizzare ed estromettere queste posizioni, accompagnando quindi quest’altra Europa verso una radicalizzazione in bolle social ben finanziate dai nemici dei valori europei. A quel punto è molto facile il passaggio dall’odio verso un governo o una politica all’odio verso l’istituzione: non sono più le politiche o i rappresentanti dell’UE ad essere odiati, ma l’UE stessa. Il contratto sociale, in poche parole, è saltato.

Non è un caso che in molti paesi il voto si sia trasformato in un referendum sui governi delle singole nazioni (e qui torniamo alla Francia), e che ad essere puniti di più siano stati proprio quei capi di governo che più si sono assunti la responsabilità politica delle scelte fatte in Europa. Contro di loro sono stati agitati i più disparati spauracchi (la farina di grilli, l’invasione islamica, l’indottrinamento gender, il “nazismo ucraino”), mettendo sul tavolo il nazionalismo sovranista come via d’uscita. Ma il sovranismo odierno non va confuso con il Lebensraum di cent’anni fa: si tratta piuttosto di un nazionalismo nostalgico covato nella rabbia, nella delusione e nella paura per un futuro che ci vede sempre più marginali.

Il voto di una Francia sempre più a destra

Non ci sono variazioni politicamente rilevanti sul voto francese alle europee e quello che si è verificato alle legislative di ieri. Solo Parigi si è riconfermata una roccaforte di sinistra; fuori dalla capitale e specie nelle aree rurali ha trionfato il Rassemblement National.

Le circoscrizioni francesi dopo il voto europeo dell’8 e 9 giugno

Nelle 577 circoscrizioni elettorali andate al voto in ieri, la macchia ocra identificata da Le Monde (segue) ha avuto la meglio: si tratta dei risultati, ottimi, del RN. Un elettore su tre ha scelto loro. La sinistra conquista qualcosa al sud, il partito del Presidente va meglio in Loira, Bretagna e Normandia. Il vento soffia in poppa per le destre, tuttavia il doppio turno (per eleggere chi ancora non ha superato il 50%+1 dei consensi) potrebbe essere per Bardella ed alleati una spinta nel fianco, soprattutto a seguito di una alleanza verbalmente annunciata oggi tra Macron e i leader del Nuovo Fronte Popolare (NFP) – l’alleanza elettorale di sinistra che riunisce tra gli altri il Partito Socialista, il Partito Comunista, il partito ecologista Europe Écologie-Les Verts e La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, e nella notte ha ottenuto il 27,99% – per eleggere deputati anti RN. «Nessun altro voto a Le Pen», si sono promessi, con la speranza di strappare qualche seggio ai competitor.

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Gli errori del passato

È evidente come nel continente manchi una cultura politica condivisa e come né gli Stati né l’Unione stessa siano riusciti in questi anni a fare degli europei un popolo unitario. Quando la più grande economia europea entra in recessione o quando la democrazia più consolidata vede i partiti smembrati dal Presidente, è prevedibile che il popolo si infuri. Ciò che però è più difficile da capire è come si sia potuti arrivare a tutto ciò. E se da un lato è vero che le contingenze storiche non hanno lasciato ampia discrezionalità, dall’altro è anche vero che il cammino di integrazione europea è stato percorso solo a metà. L’Europa si è allargata, ma non ha previsto modifiche ai processi decisionali, ha preso posizioni di politica estera nette, ma non ha un esercito o una politica industriale ed energetica comuni tali da garantirle indipendenza, ha cercato di diventare ecologica, ma si è ritrovata legata ai semiconduttori taiwanesi e alle batterie cinesi, ha imposto delle linee politiche ma non si è dotata di una Costituzione vera e propria, ha imposto vincoli alle spese, ma senza dettare politiche di bilancio. Insomma, la debolezza politica della Francia e della Germania rivelano una più ampia debolezza dell’asse franco- tedesco su cui l’Europa si era costruita. L’attendismo e la paura di favorire i sovranisti con scelte troppo radicali hanno prodotto l’effetto opposto (il fantino che non sa dare indicazioni al proprio cavallo è destinato a diventare schiavo dei suoi “imbizzarrimenti”).

Se ora l’“internazionale europea delle destre” porti a una virata o ad un arresto nell’azione della UE dipende anche da ciò che accadrà con queste elezioni: la francese di inizio luglio, ma soprattutto quella americana di novembre. Quel che è certo però è che più che preoccuparsi di ciò che potrebbe accadere, ci saremmo dovuti occupare di ciò che non è accaduto.

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Agnese Zappalà

Classe 1993. Ho studiato musica classica, storia e scienze politiche. Oggi sono giornalista pubblicista a Monza. Vicedirettrice di Frammenti Rivista. Aspirante Nora Ephron.

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