Una mostra molto forte quella che si può amminirare al Ferdinandeum di Innsbruck, in Austria. Fino al 27 ottobre, infatti, il Museo Regionale Tirolese, espone le opere di due artisti molto diversi tra loro, ma che hanno in comune un’esperienza scioccante: la guerra.
Egger-Lienz e Otto Dix: stili diversi, un’unica realtà
I due artisti, diversi sotto molto aspetti dall’età allo stile artistico, hanno vissuto in prima persona gli orrori della Prima Guerra Mondiale e delle sue conseguenze. In Egger-Lienz (1868 – 1926) vediamo scene di vita quotidiana post-belliche e soldati impegnati al fronte. Opere che trovano compimento nel suo stile sicuro e coerente e che denunciano gli orrori che soldati, reduci e civili devono sopportare. Famose soprattutto le sue opere Finale e Madri che non possono non lasciare il visitatore turbato.
Otto Dix (1891 – 1969), invece, punta ad un realismo più crudo. Prostitute, madri pazze, cadaveri mutilati. Se le opere di Egger-Lienz vi turberanno, quelle di Dix vi toglieranno il sonno, soprattutto le sue incisioni, acquaforti e punte secche come ad esempio Incontro notturno con un pazzo, per citarne uno.
Ma la particolarità di Dix sta proprio nella sua pluralità artistica e possiamo ammirare stili completamente diversi che trattano altre tematiche come ad esempio l’effimera vanità.
Due artisti tormentati dagli orrori della guerra e che hanno trovato sfogo nella loro arte con opere che, per noi, sono testimonianza di un passato non troppo lontano a monito che, dopo la guerra vera e propria, un’altra guerra continua. Una guerra sociale dove intere famiglie sono distrutte dal dolore, dalla fame, dalla paura.
La mostra
La mostra espone più di 200 opere e presenta la più ampia rassegna mai dedicata a Dix in Austria dove viene esposta per la prima volta La pazza. Una mostra che non vi lascerà di certo indifferenti e, circondati da quadri di morte, miseria e follia, ne uscirete col cuore pesante, ma una mente più aperta.
Immagine di copertina: Berlino, DEU – Altes Liebespaar (1923) by Otto Dix (1891-1969), Otto Dix at Neue Nationalgalerie, CC BY-SA 2.0