L’8 aprile alle 18.00 avrebbe dovuto essere battuto all’asta a Madrid, presso la casa Ansorena, un dipinto che figurava nel catalogo con il titolo La Coronacìon de espinas, attribuito ad artisti minori della cerchia di José de Ribera e stimato 1.500 euro. Secondo alcuni critici, tra cui Maria Cristina Terzaghi, tra i massimi esperti del Merisi e docente all’Università Roma Tre, l’opera sarebbe in realtà un Ecce Homo di Caravaggio. Non appena sollevata la questione, il lotto 229 è stato ritirato e lo Stato spagnolo vi ha apposto il vincolo, così da poter esercitare, secondo le proprie leggi, il diritto di prelazione per poterlo acquisire e impedirne l’esportazione.
Ragioni che portano a riconoscere Ecce Homo come opera di Caravaggio
Il 19 aprile l’associazione culturale Casa Testori ha organizzato un incontro in diretta Facebook con Maria Cristina Terzaghi per discutere delle ragioni che l’hanno portata a riconoscere l’opera come un capolavoro caravaggesco.
Secondo l’esperta, l’immaginazione dell’artista sembra aver toccato anche in questo caso vertici altissimi, che si possono ammirare nella straordinaria applicazione dell’idea del campo lungo, di tre personaggi che si dispongono nello spazio secondo profondità diverse: Ponzio Pilato che si sporge in avanti, Gesù nel mezzo e infine l’uomo che si colloca alle sue spalle.
Una prima caratteristica che può essere ritrovata anche in altre opere dell’artista, tra cui la Flagellazione di Cristo (Napoli, museo nazionale di Capodimonte, 1607-1608), riguarda la maggiore esposizione alla luce della figura di Gesù, il cui corpo, punto più luminoso della scena, rischiara la tela e si pone direttamente in contrasto con l’oscurità che avvolge la composizione e che “nasconde” gli altri due corpi. Nella Flagellazione, così come nell’Ecce Homo è manifesta l’idea di un’ostensione del corpo di Cristo, che è anche simbolica.
Il personaggio sul fondo, con la bocca socchiusa in un’espressione di stupore, prosegue la Terzaghi, è uno dei più singolari. Il suo ruolo nella composizione è quello di mostrare Gesù, avvolgendone le spalle con un drappo di porpora: un mantello che vela e svela contemporaneamente, in un gesto di grande eleganza. Inoltre, questo manto purpureo sembra avere la stessa valenza compositiva della stoffa rossa che avvolge la Salomé con la testa del Battista, conservata al museo del Prado di Madrid (1609).
Secondo la studiosa, un altro richiamo ad opere caravaggesche si può rinvenire nella figura di Pilato, che denota una certa somiglianza, nell’espressione e nelle fattezze del volto, con il san Pietro martire della Madonna del Rosario del Kunsthistorisches Museum di Vienna (1605). Impressionante in questa figura è la gestualità delle mani, tutt’altro che retorica, che, rivolta verso l’ecce homo, lo mostra con un’intensa drammaticità.
Notizie da fonti documentarie
Dai documenti è noto che nel 1605 il cardinale Massimo Massimi, membro di un’importante famiglia romana, commissiona a Caravaggio un Ecce Homo ed esiste in merito una risposta scritta di mano dell’artista, rinvenuta da Rossana Barbiellini nel 1987 presso l’archivio della Famiglia Massimi a Roma. Nella ricevuta autografa, datata 25 giugno 1605, l’artista si impegna a compiere un dipinto «di valore e grandezza come è quello ch’io gli feci già della Incoronazione di Crixto». Il dipinto caravaggesco in questione, secondo la studiosa, non è però quello realizzato per il Massimi, soprattutto per una questione di dimensioni, e la sua ipotesi è piuttosto quella che il dipinto in realtà non sia mai stato eseguito.
Un inventario del 1659, relativo ai beni del conte de Castrillo e viceré di Napoli Garcia de Avellaneda y Haro, include, oltre alla Salomè, anche un Ecce Homo, che coincide nelle dimensioni con le misure del dipinto madrileno.
«Quest’opera intrattiene un legame profondo con i dipinti redatti al principio del soggiorno napoletano», afferma la Terzaghi nell’intervista fatta a “Repubblica”, riconoscendone una profonda somiglianza stilistica con la stessa Salomè.
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