A disturbare il variegato ventaglio di emozioni e sentimenti sino ad ora presentato alla settantacinquesima edizione del Festival del Cinema di Venezia arriva il cinema francese di Olivier Assayas e il suo Doubles Vies. Un film che pone un freno alla pelle d’oca per imporre una strada più intellettuale e stimolante. A momenti cinema di pura sceneggiatura, ad altri saggistica, ed infine commedia e realismo.
Riflettere per evolvere
Alain, editore parigino di grande successo, affronta la rivoluzione digitale cercando di comprendere l’imminente futuro della letteratura. Nel mentre però si trova a dubitare anche del manoscritto di uno dei suoi migliori scrittori, giungendo così a uno stallo che è proiezione di un presente privo di direzioni certe ed obbligato comunque a scegliere. Al centro incroci d’amore, lunghe e borghesi conversazioni sul presente ed un pizzico di stereotipi mischiati e confusi in un cocktail esilarante e mai scontato.
In Doubles Vies assistiamo dunque a prolisse analisi sulla perdizione della letteratura nell’epoca moderna, ascoltando prima epiche difese del classico modello cartaceo e poi contrapposte messe in scena del suo incompreso futuro digitale. Tutto architettato affinché ci si senta di seguire prima una e poi l’altra fazione, cadendo così nel goliardico gioco di un regista interessato a dare una scossa ad un dibattito arenato in frasi qui ripetute all’infinito al fine di privarle definitivamente di senso.
La confusione da cui ripartire
«il futuro è negli ebook» anzi no, ora « è il momento degli audiolibri letti dalle star» anzi anzi, una ricerca americana dice che « i libri stampati stanno tornando alla ribalta». È la confusione ciò che meglio traspare nell’opera saggistica di Olivier Assayas. La mescolanza di posizione opposte, ormai prive di qualsivoglia valore ideologico e semplicemente legate al loro presunto potere di prevedere l’incerto mercato della letteratura. È così che la responsabile del digitale della casa editrice di Alain, Laure ( Christa Théret ), prova a convincerlo a vedere in un Tweet una parvenza di letteratura, salvo poi riuscire a sfangare ogni conversazione citando esclusivamente i grandi classici di un tempo. Tra questi Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa , il quale, dopo essere stato riconosciuto da Alain come il più contraddittoriamente citato, fornisce il punto di chiusura e partenza di questa riflessione senza sbocchi all’orizzonte.
«Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.»
L’occasione di una sfida
Riflettere in maniera saggistica e comunque umana sull’evoluzione della nostra epoca è la grande sfida intellettuale lanciata dal regista di Sils Maria, Olivier Assayas. Una provocazione gettata non solo al proprio pubblico ma anche all’intera intellighenzia artistica che, nelle variegate forme di registi, sceneggiatori e scrittori, sta animando la settantacinquesima edizione della mostra del cinema di Venezia.
Un’occasione che impone alla società precise riflessioni e dovute confusioni, riportando il cinema alla guida di un pensiero insofferente alla semplicità, ma aperto alla più comiche forme di comunicabilità.
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