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Diritto all’aborto: dagli USA all’Italia, come siamo messi?

Spoiler: male. La Corte Suprema negli Stati Uniti ha annullato la sentenza che garantiva il diritto all'aborto a livello federale. È un grave passo indietro sulla strada per i diritti. E in Europa e in Italia non va meglio.

4 minuti di lettura

Venerdì 24 giugno 2022, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha cancellato il diritto all’aborto a livello federale, che veniva tutelato grazie alla storica sentenza del 1973 ottenuta con il caso “Roe v. Wade“.

Con la vecchia sentenza in vigore, tutti gli Stati che compongono il territorio degli Stati Uniti dovevano sottostare alle norme valide a livello federale. Ora, ogni decisione viene rinviata alla giurisdizione interna di ogni singolo Stato, senza che vi sia alcun vincolo di conformità tra gli stessi.

La decisione della Corte

Che la Corte Suprema potesse prendere questa decisione era trapelato già agli inizi di maggio; da quel momento numerose proteste sono iniziate negli USA. Il caso che ha dato il via all’itinerario verso l’abolizione del diritto all’interruzione di gravidanza, è partito dalla richiesta del Mississippi alla Corte per il riconoscimento di una legge che vieta di abortire dopo 15 settimane di gestazione.

Le leggi di alcuni Stati erano già molto stringenti riguardo il diritto di aborto. Quello che ora si prospetta in questi Stati, all’incirca tredici, è che il divieto entrerà in vigore con effetto immediato. Negli stessi, sono infatti pronte a diventare valide le trigger law; ovvero leggi preparate per entrare a far parte della giurisdizione di uno Stato dal momento in cui la decisione della Corte viene presa.

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Tutto ciò è stato definito dal presidente Joe Biden un “tragico errore”, ma non è l’esito di avvenimenti così recenti. Infatti, la sentenza precedente tutelava un diritto che non è mai stato sancito da una vera legge. Attualmente né i numeri al Congresso né quelli al Senato sono favorevoli ai democratici, coloro i quali tendono a schierarsi favorevolmente per legiferare sul diritto all’aborto. Al contrario i repubblicani, conservatori, sono nettamente contrari.

L’origine del problema

La Corte Suprema è arrivata alla sentenza proprio grazie alla sua composizione interna: formata da nove membri, attualmente sei di essi sono repubblicani. In più, tra quei sei, tre sono stati nominati da Donald Trump durante il suo mandato, dal 2016 al 2020. Una volta nominati, i giudici hanno l’incarico a vita. Quindi, un nuovo cambio di posizione sul tema non è atteso nel breve periodo.

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Eppure, nella società attuale l’importanza della garanzia di un diritto come l’aborto è primaria. Dagli Stati Uniti è arrivata una notizia sconcertante, ma in molti altri paesi la situazione non è migliore. Non serve andare troppo lontano: è sufficiente guardare in Italia, per esempio. La legge che regola l’aborto in Italia è la legge 194 del 1978, che permette di interrompere la gravidanza in una struttura pubblica.

Il diritto all’aborto in Italia

La legge era arrivata tre anni dopo la storica sentenza della Corte Costituzionale che poneva su piani diversi la salute della donna e quella del feto. Ma anche dopo anni di dure lotte da parte dei Radicali, che avevano raccolto un numero sufficiente di firme per una proposta referendaria, fallita a causa dello scioglimento delle Camere da parte dell’ex Presidente della Repubblica Giovanni Leone.

Far passare la legge non fu semplice. Come spesso accade in questi casi, fu un compromesso tra le parti. Parte del compromesso riguardava l’inserimento dei medici obiettori di coscienza, ovvero la possibilità che questi decidessero di non portare avanti l’interruzione di gravidanza. Seppur il diritto all’obiezione di coscienza deve sempre essere garantito per il medico, questo non dovrebbe impedire completamente l’esercizio dell’aborto all’interno di un ospedale.

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In Italia il numero dei ginecologi obiettori è tuttavia del 69%, del 46,3% quello degli anestesisti e del 42,2% del personale non medico. La distribuzione nazionale non è poi uniforme e certi numeri toccano livelli ancora più alti in alcune regioni. Questo fatto non permette di garantire il servizio e rende contraddittori i due punti della stessa legge. Inoltre il carico di lavoro si divide in maniera molto sbilanciata e di sovraccarico per i medici non obiettori. Questi sono di meno non solo per ragioni ideologiche, ma anche per questioni legate all’avanzamento di carriera, sia perché potrebbero incontrare la disapprovazione di colleghi o di medici di più alto livello obiettori, sia perché le operazioni non comportano un grado di soddisfazione elevato a causa della loro complessità.

Influenze esterne

Sul punto delle credenze ideologiche, l’Italia è un paese che ha sempre risentito molto del peso della Chiesa cattolica anche nell’ambito delle decisioni politiche e istituzionali. La posizione tenuta sull’aborto non fa eccezione, ma anzi è stata molto dibattuta all’interno del mondo ecclesiastico. Le motivazioni principali sono legate al considerare il feto e l’embrione come forme di vita già esistenti e, di conseguenza, l’aborto come omicidio. L’insieme di queste considerazioni pone le donne cresciute in ambienti familiari cattolici in estrema difficoltà e spesso le rende vittime di scelte di vita obbligate.

Senza considerare che, dietro il diritto all’aborto, c’è anche una questione di salute della donna. L’assenza di condizioni favorevoli all’aborto e la difficoltà nel trovare un centro sanitario pubblico disponibile conducono alcune donne a dover trovare metodi alternativi per cercare una soluzione al proprio problema. E questi metodi sono spesso e volentieri poco sicuri e privi di controlli accertati sulle possibili buone riuscite della pratica.

Diritto all’aborto, la situazione in Europa

A livello europeo, l‘Italia è uno dei paesi in cui si effettua uno dei numeri più bassi di aborti. Il 9 giugno di quest’anno, l’assemblea plenaria del Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per considerare l’aborto come diritto umano. Più volte l’Unione Europea aveva richiamato l’Italia sull’importanza di meglio regolamentare il diritto all’aborto e di fornire dati sulle interruzioni clandestine di gravidanza. C’è, in effetti, uno squilibrio tra i paesi dell’Unione in materia di aborto. Data l’importanza di tale diritto, avere un indirizzo comune aiuterebbe a rafforzare le normative in tutti i paesi e a renderle meno vincolate ai singoli governi.

Secondo i dati Eurostat del 2018-2019, il tasso di abortività per la fascia tra i 19 e i 44 anni sarebbe del 19% in Svezia e dello 0,1% in Polonia. Questa differenza ha non pochi effetti su chi vive nei due paesi ed è in gran parte dovuto alle idee cattoliche e conservatrici di un paese tradizionalista opposte a quelle di uno molto più progressista e secolarizzato, sotto questo profilo, come la Svezia.

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Fonte: Skytg24

C’è quindi la necessità di sensibilizzare ancora molto sul tema dell’aborto, a livello internazionale e non solo comunitario. Negli ultimi decenni, con la consapevolezza sugli avvenimenti sociali nel mondo e con l’ampliamento dei diritti a livello globale, maggiori normative e progressi generali dovrebbero avvenire ed evitare che si possano ripetere casi di cui quello americano è solo un esempio.

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Ilaria Raggi

20 anni, studentessa di scienze politiche sociali ed internazionali. Nata con il mare sotto i piedi, ora mi accontento dei colli bolognesi. Se mi siedo o mi riposo c'è qualcosa che non va. John Steinbeck, il cinema e la scrittura sono il mio Sacro Graal, per il resto condisco la mia vita un po' di curcuma alla volta. Vivo di sarcasmo e politica internazionale, fortunatamente il periodo in cui sono nata mi permette di non dover mai scegliere l'uno o l'altro.

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