No, non è un immagine che ci arriva da Google Earth e non è nemmeno stata scattata da un drone ultramoderno. Il segreto è tutto racchiuso negli anni ’80. John Crawford oggi è un fotografo neozelandese di 62 anni. Nel suo studio di Auckland lavora principalmente come fotografo fine art specializzato in lavori commerciali. Negli anni è diventato uno dei fotografi più noti della Nuova Zelanda, in particolare per i suoi nudi d’alta quota.
È lui stesso a dire che da sempre,il suo obiettivo è quello di catturare le immagini che hanno un alto grado di interesse e di contrasto. Il suo portfolio personale racchiude lavori su commissione con soggetti, materiali e umore diversi, con l’uso magistrale della luce naturale e uno stile non troppo ricercato, ricco di semplicità.
«Non immagini che guardano troppo alla tecnica, piuttosto che siano facili da guardare e goderne.»
I suoi progetti aziendali, con alcuni dei migliori designer e aziende di comunicazione si distaccano invece dai suoi lavori personali come Aerial Nudes, con cui il fotografo ci dà una visione inattesa e completamente rinnovata della nudità.
Gli scatti sembrano essere usciti proprio con l’uso delle più moderne tecnologie; invece, nei fiorenti anni ’80, i nudi classici si staccano dalla superficie con un elicottero e una fotocamera analogica da 35 mm. Proprio in quegli anni John Crawford trascorreva gran parte del suo tempo su elicotteri e aerei leggeri e, guardando il mondo da una prospettiva a volo d’uccello, ne rimase colpito. È il 1984 quando, da una piccola idea, il progetto di nudo areale ha inizio.
L’idea iniziale è semplice, anche se bizzarra: una donna reale e nuda in una cornice naturale. L’esecuzione, come ben si può intuire, ha comportato invece qualche problema, e senza l’aiuto di una post produzione digitale la sfida è stata ardua.
Le composizioni che vediamo abbraccia vari spazi e situazioni: mostrano la moglie di Crawford, allora ventottenne, camuffata su un binario di un treno o sulla pista di un aeroporto, in un allevamento di maiali o ancora stesa sull’asfalto. Ogni fotografia ha avuto settimane di pianificazione, tra cui riorganizzare le carrozze di un treno in modo da avere i colori coordinati.
Indipendentemente dal contesto la serie ha un impatto immediato sul pubblico anche se il fotografo, fino a qualche anno fa, ha tenuto tutte queste immagini nascoste in un cassetto. «Avevo quasi dimenticato questi scatti – ha detto Crawford – è stata una fortuna avere ancora tutti i negativi».
La vera fortuna di Crawford è stata invece la diffusione in rete: l’autore ha riportato alla luce le vecchie fotografie di nudi appena successive al suo trasferimento a Auckland, solo otto anni fa. Le immagini sono state messe online e da quel momento il fotografo è stato contattato, con grande interesse, da parte di collezionisti d’arte, designer, riviste e giornali di tutto il mondo.
Dalla diffusione al riconoscimento internazionale è passato pochissimo tempo. Così il fotografo ha avuto il giusto credito al suo meticoloso lavoro durato dal 1984 al 1987, anni in cui impiegava il suo tempo libero nella pianificazione e nell’esecuzione degli scatti. «Una parte del brivido era nata con le idee, che in alcuni casi sono diventate scatti apparentemente troppo impossibili perché potessero funzionare.»
Anche le condizioni meteorologiche influivano e dovevano essere studiate a tavolino: una giornata nuvolosa era la condizione ideale. La luce diretta del sole avrebbe creato una dimensione in più, fatta di ombre, che sarebbe divenuta una distrazione per gli occhi.
Grazie alla tenacia, alla rete di contatti e al sognare scenari sempre più surreali, John Crawford ha in qualche modo rivoluzionato, anche se in modo retroattivo, l’idea di nudo. La serie intera vuole sottolineare come siamo così minuscoli e insignificanti in termini di dimensioni, se ci relazioniamo al pianeta intero.
Dalle risposte positive di critica e pubblico Crawford prevede di tornare al progetto e ha già pronto il prossimo colpo in programma: una fotografia di Amelia, sua figlia ventisettenne, comodamente sdraiata su un Boeing 747.
I nudi d’alta quota arrivano direttamente dagli anni passati e il punto di vista da cui partono è non solo originale, ma anche insolito, inusualmente distaccato da terra, in senso fisico e anche figurativo. E gli anni ’80, non sembrano poi così lontani.
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