«It is part of the photographer’s job to see more intensely than most people do. He must have and keep in him something of the receptiveness of the child who looks at the world for the first time or of the traveler who enters a strange country. Most photographers would feel a certain embarrassment in admitting publicly that they carried within them a sense of wonder, yet without it they would not produce the work they do, whatever their particular field. It is the gift of seeing the life around them clearly and vividly. […] It is an innate gift, varying in intensity with the individual’s temperament and environment». (“Camera in London”, The Focal Press, London 1948, p. 14)
(Vedere le cose in modo più intenso di quanto non facciano le altre persone fa parte del lavoro di un fotografo. Deve avere e mantenere qualcosa che abbia a che fare con la ricezione di un bambino che guarda il mondo per la prima volta o di un viaggiatore che entra in un paese straniero. Molti fotografi proverebbero un certo imbarazzo se dovessero ammettere pubblicamente di avere una sensazione di meraviglia; ciononostante senza di questa, non produrrebbero il loro lavoro, qualsiasi sia il loro campo. È il dono di vedere la vita che li circonda in modo chiaro e vivido. […] È un dono innato, che cambia intensità a seconda del temperamento individuale e dell’ambiente.)
Hermann Wilhelm Brandt, in arte Bill Brandt, è un fotografo britannico del secolo scorso − decisamente uno fra i più illustri. Nato ad Amburgo nel maggio del 1904 da padre inglese e madre tedesca, all’età di 27 anni si trasferisce a Vienna dove viene presto in contatto con il mondo della fotografia, soprattutto grazie al contributo della dottoressa Eugenie Schwarzwald, che – tra gli altri – gli presenta il poeta Ezra Pound. E proprio grazie a Pound, Brandt diventa assistente del celebre Man Ray, presso il suo studio parigino.
Nel 1933 si trasferisce a Londra e inizia ad interessarsi a questioni di ordine sociale e alle problematiche dei ceti più indigenti della società inglese: nasce così The Enghish at Home (1936), uno studio sulle contrapposizioni economiche del suo tempo. Successivamente segue le difficili condizioni dei minatori residenti nel nord dell’Inghilterra. In questo primo periodo i temi principali dei suoi scatti sono le diverse situazioni economiche e i divari fra le varie classi sociali: le sue rappresentazioni in bianco e nero puntano ad illustrare la precarietà della vita dei più deboli e a criticare lo strapotere borghese. La fotografia, dunque, viene trasformata in un mezzo testimoniale di prim’ordine per mostrare le disparità fra classi. Questa raccolta se da un lato turba gli animi e le coscienze di molti, dall’altro riesce comunque a fungere da trampolino di lancio per la carriera di Bill Brandt.
Un’altra raccolta importante è A night in London, letteralmente Una notte a Londra, uscita nel 1938 che si configura come il corrispettivo oltremanica della simile raccolta di Brassaï, Paris de Nuit (1932).
«By temperament I am not unduly excitable and certainly not trigger-happy. I think twice before I shoot and very often do not shoot at all. By professional standards I do not waste a lot of film; but by the standards of many of my colleagues I probably miss quite a few of my opportunities. Still, the things I am after are not in a hurry as a rule. I am a photographer of London». (“Camera in London”, The Focal Press, London 1948, p. 18)
(Per temperamento non sono eccessivamente eccitabile e non certo dal grilletto facile. Prima di scattare ci penso due volte e molto spesso non scatto affatto. Per gli standard professionali, non spreco molte pellicole; ma per gli standard di molti dei miei colleghi, probabilmente perdo un bel po’ di opportunità. Eppure, le cose che cerco, di solito, non sono di fretta. Sono un fotografo di Londra.)
Le immagini di Brant lo mostrano sempre schierato contro le disparità sociali ed economiche delle classi popolari e non rappresentano mai una realtà fattuale, quanto la sua interpretazione del mondo e della società e ottiene diversi lavori come fotogiornalista, tanto da essere ingaggiato dal Ministero dell’Informazione britannico per documentare la situazione nei rifugi durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Finita la guerra, Brandt abbandona il campo della denuncia sociale per abbracciare una fotografia meno impegnata ma sempre artisticamente riuscita; in particolare, si dedica alla rappresentazione di nudi che gli aprirà definitivamente la strada del successo. Con la sua nuova Kodak con obiettivo grandangolare, dunque, inizia a ritrarre corpi nudi e distorti di donne in stanze spoglie e il surrealismo si insinua sempre più prepotentemente nella sua poetica, manifestandosi nei forti contrasti del bianco e nero e nei giochi di luce.
La sensualità dei nudi di Brant viene distorta dal grandangolare, dalle pose inusuali e dalle inquadrature ricercate e spesso trasmette una strana forma di malinconia: il surrealismo aumenta i contrasti ed incupisce gli animi.
Brandt si è dimostrato un artista capace e duttile: è stato in grado di muoversi tra i temi sociali e la sensualità e l’angoscia che un corpo femminile possono esprimere. I suoi scatti sono esposti nei musei d’arte moderna più famosi al mondo, come il MoMa di New York o il London’s Victoria and Albert Museum di Londra; è stato investito di vari riconoscimenti e premi. Bill Brandt muore a Londra nel Dicembre del 1983 e le sue ceneri vengono sparse a Holland Park.