The Dark Side of the Moon, o come la morte ti può rendere immortale

dalla newsletter n. 30 - luglio/agosto 2023 di Frammenti Rivista

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Chiudete gli occhi per qualche secondo. Azzerate per un attimo i pensieri e ascoltate il suono del vostro corpo. Tu-tum, tu-tum. Un ritmo costante, potente. Come un cronometro, con il primo battito scatta il motore della vita, fino all’ultimo. Roger Waters, David Gilmour, Richard Wright e Nick Mason scelsero di racchiudere in questo ciclo vitale segnato dal battito cardiaco quello che per loro era il senso della vita, in un album passato alla storia: The Dark Side of the Moon, del gruppo britannico Pink Floyd.

Cinquant’anni di invecchiamento

L’album venne pubblicato il primo marzo 1973 in America dalla Capitol Records. Da lì, non abbiamo più smesso di parlarne. Soprattutto, di ascoltarlo. Cinquant’anni: in mezzo si sono alternate quattro generazioni, un numero incalcolabile di mode, correnti filosofiche e di pensiero. Tutto è cambiato. Eppure – e di questo la musica si fa esemplare incarnazione – ci sono cose che non passano. Neppure un album che parla di morte e di fugacità della vita e del tempo riesce a farlo. Come se si portasse dietro quel battito cardiaco in eterno, costringendolo a rivivere ancora e ancora.

Dentro al lato oscuro