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Cosa succede realmente in Siria?
Assad lo spiega ai media russi

6 minuti di lettura
Bashar Al Assad. Fotografo:Fabio Rodrigues Pozzebom
Bashar Al Assad. Foto di Fabio Rodrigues Pozzebom

Nel mese di settembre 2015 il presidente siriano Bashar Al Assad ha rilasciato un’intervista ai media russi, facendo il punto della situazione siriana per quanto concerne politica estera, alleanze internazionali e lotta al terrorismo. La stampa nostrana ha completamente ignorato la cosa e non è difficile capire perché: Assad ha fornito un quadro degli avvenimenti molto diverso da quello che giornalmente viene diffuso dai media occidentali, nel quale gli attori in gioco avrebbero ruoli quasi diametralmente opposti a quelli propagandati.

Nei 20 minuti di intervista trapelati attraverso internet, Assad ha spiegato, ad esempio, come le forze occidentali, con a capo gli USA, stiano in realtà facendo il doppiogioco, aiutando i terroristi dell’ISIS e di Al Nusra mentre ne denunciano i crimini. Le parole del capo di stato siriano sono state dure e dirette: «Qatar, Turchia, Francia, Stati Uniti e altri stati occidentali non possono coprire il terrorismo ed essere contro allo stesso tempo» poiché questo, ha aggiunto, «è come uno scorpione: se ce l’hai in tasca poi ti punge». Un’altra bordata ai governi occidentali è arrivata sulla questione dei profughi: «con un occhio piangono per i rifugiati mentre con l’altro li puntano con un mitra. I Siriani scappano poiché i beni di prima necessità hanno raggiunto prezzi inaccessibili per colpa del terrorismo, mentre i media occidentali danno la colpa al nostro governo, che definiscono un regime. La radice del problema è: se vi dispiace tanto per loro, smettete di appoggiare i terroristi».

Riguardo alla situazione politica interna, Assad ha dichiarato di essere aperto al dialogo e di aver tenuto già diversi incontri con rappresentanti dell’opposizione. Sebbene i progressi nelle trattative vadano a rilento a causa della situazione molto problematica, la sua visione è che un accordo comune fra le varie forze politiche per combattere il terrorismo si possa raggiungere. Il capo di Stato ha parlato anche della possibilità di promulgare delle riforme, ma che queste saranno fattibili solo dopo che sarà stata eliminata la presenza del terrorismo sul territorio, dato che la preoccupazione maggiore per il popolo siriano ora è la propria sicurezza, minacciata da gruppi terroristici come ISIS e Al Nusra.

Fonte: www.kremlin.ru.
Fonte: www.kremlin.ru.

Il premier siriano ha parlato anche di alleanze internazionali: per combattere la minaccia terroristica, ha detto, può contare sul sostegno Russia e Iran. Mentre i primi, come è noto, in questi giorni hanno cominciato operazioni militari sul territorio siriano, i secondi, secondo quanto dichiarato da Assad, forniscono appoggio economico, politico ed equipaggiamenti militari, ma senza l’invio di soldati. Esiste invece uno scambio di consulenze militari tra i due paesi. Anche l’Iraq, che condivide con la Siria il problema dell’ISIS, dà il suo sostegno al governo siriano. Il capo di Stato ha aggiunto di non voler chiudere la porta in faccia a nessuno, a patto che dall’altra parte si sia intenzionati a combattere il terrorismo. Ha inoltre denunciato l’inefficacia della coalizione internazionale guidata dagli USA, il cui intervento non ha indebolito l’ISIS, ma gli ha anzi permesso di guadagnare terreno.

Ma Assad non si è fermato qui: ha infatti fornito anche una motivazione storica molto precisa per l’attuale conflitto in Siria, che trarrebbe le sue origini dalla guerra condotta dagli USA e dai paesi NATO in Iraq nel 2003. Questa operazione, già allora fortemente contestata dal governo siriano, avrebbe portato allo smembramento dello Stato in Iraq, con la sua conseguente divisione in sette. Da ciò sarebbe scaturita una reazione a catena per cui gli stati confinanti con l’Iraq (tra cui la Siria) avrebbero poi subito lo stesso processo. Non solo. Anche il Libano, che insieme all’Iraq racchiude sui due lati la Siria, è un paese diviso in sette: per la Siria era quindi solo questione di tempo prima che i disordini di un tale processo bussassero alla porta. Ma il presidente siriano ha scavato anche più a fondo: «I problemi sono iniziati quando l’occidente negli anni ’80 si è servito di terroristi nel Medioriente chiamandoli combattenti per la libertà. Nel 2006, quando l’allora denominato ISI è apparso in Iraq, gli USA non lo hanno combattuto». Assad ha parlato poi di una minaccia della quale sui nostri media si parla poco: quella turca. Prima ha affermato: «noi sappiamo che la Turchia sostiene Al Nusra e ISIS con soldi, armi e soldati volontari ed è risaputo che la Turchia ha relazioni forti con l’Occidente, non può fare una mossa se questa non viene approvata dagli USA e dagli altri stati occidentali». E ancora: «il terrorismo ha vita facile perché gli USA e gli stati occidentali considerano il terrorismo come una carta da usare a loro vantaggio. Ora questi vogliono usare Al Nusra contro l’ISIS, forse perché quest’ultimo gli è sfuggito di mano, ma non è detto che lo vogliano eliminare. Se fosse stato così avrebbero potuto farlo da tempo». Il leader turco Tayyip Erdoğan, che ha posizioni molto vicine a quelle dei fratelli musulmani, avrebbe, secondo Assad, intenzione di creare un sultanato musulmano esteso dall’Atlantico al Mediterraneo. Questo diventerebbe possibile qualora le dinamiche di Egitto e Iraq (entrambi in una rischiosa situazione di tensioni) e naturalmente della Siria volgessero a suo favore. Aggiunge inoltre che sebbene sia l’esercito siriano sia i cacciabombardieri americani abbiano colpito, per un periodo, gli stessi obiettivi sul territorio siriano, non c’è mai stato alcun coordinamento tra i due schieramenti. Secondo Assad, gli USA non accetteranno mai di schierarsi al fianco della Siria, poiché vorrebbe dire riconoscere l’importanza dell’esercito siriano, l’unico che al momento sta conducendo una guerra di terra contro gli schieramenti terroristici.

Fonte: Twitter, dominio pubblico
Fonte: Twitter

Il quadro della situazione è quindi quello di una Siria che si ritrova in una situazione “stranamente” simile a quella tristemente vissuta dalla Libia di Mu’Ammar Gheddafi solo pochi anni fa. La strategia di cui è vittima è collaudatissima e procede pressappoco come segue: nei palazzi del potere occidentali vengono studiate manovre propagandistiche volte a creare instabilità politica e tensioni in un paese. Tra i vari movimenti di opposizione ne viene scelto uno tra i più violenti, il quale viene adeguatamente preparato, equipaggiato e supportato dalle intelligence occidentali. In questo caso, l’ISIS. Dopodiché il malcapitato Stato viene lasciato a se stesso a combattere contro la sua minaccia interna, nella speranza che fallisca. Nel frattempo i media occidentali presentano il capo di stato del paese sotto attacco come un despota, mentre dipingono i terroristi come dei combattenti per la libertà. Oppure, come nel caso siriano, i media collaborano nel diffondere un’atmosfera di paura legata alla minaccia terrorista, che in realtà altro non è che un pretesto per autorizzare un intervento occidentale nel territorio. Esattamente com’è successo con i Talebani. L’intervento quindi prontamente arriva, per la gioia degli interventisti che ignorano cosa stia effettivamente succedendo e degli «aiutiamoli a casa loro». Peccato che l’aiuto arrivi sotto forma di bombe (come non ricordare i caccia che partivano dalle portaerei italiane per sganciare ordigni in Libia? E come non paragonarli alle operazioni francesi attuali in Siria?). Una volta ottenuta la “libertà”, si smembra il paese e si banchetta con le sue risorse, sotto gli occhi increduli della sua popolazione, che realizza sempre troppo tardi di essere stata ingannata. In questo caso la situazione presenta la complicazione che l’ISIS si sta rivelando una bestia impazzita, che gli USA non sono riusciti a gestire. Barack Obama, vincitore nel 2009 del premio Nobel per la pace più vergognoso che sia mai stato assegnato, ha detto chiaramente di non avere nessuna intenzione di collaborare con la Siria finché Assad, di chiare visioni filorusse, non verrà deposto. Quello che non dice è che la sua deposizione è di vitale importanza per gli USA al fine di impadronirsi della Siria. In tutto questo, i paesi dell’Unione Europea possono solo stare a guardare o dare man forte a Washington, come sta ad esempio facendo la Francia, che, come in Libia, svolge il compitino con solerzia canina.

Fotografo: Yazan Homsy
Foto di Yazan Homsy

Ai più informati tutto ciò non giungerà come una novità, ma ahimè per la maggioranza della popolazione lo è eccome. Il fatto che un’intervista di risonanza mondiale come questa sia stata completamente ignorata dai nostri media testimonia una volta di più quanto essi siano imbavagliati e costretti a riportare una versione dei fatti che alimenti la visione filoamericana del pubblico occidentale. La propaganda degli Stati Uniti D’America patria della libertà ed esportatori di democrazia purtroppo si rivela ancora essere troppo efficace, nonostante la maggiore possibilità ad oggi di reperire fonti di informazione alternative e soprattutto nonostante la reiterazione con cui gli USA smentiscono da soli questa immagine falsa e sbiadita di se stessi.

Insomma, niente di nuovo sul fronte imperialista. Purtroppo.

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Yuri Cascasi

Nato nel 1991, laureato in Lingue e Letterature Straniere all'Università degli Studi di Milano. Molte passioni si dividono il mio tempo, ma nessuna riesce a imporsi sulle altre. Su di me, invece, ci riescono benissimo.

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