La scorsa settimana l’Italia si è schierata per l’ennesima volta contro le decisioni dell’Unione Europea riguardanti i diritti umani. Tra i vari punti giudicati inopportuni per la società italiana, compare quello della contraccezione e in particolare l’uso della pillola dei cinque giorni dopo. Quando si parla di contraccezione in Italia, il tema si rivela spesso ostico: se per alcuni il prevenire una gravidanza indesiderata e malattie sessualmente trasmissibili è qualcosa di assolutamente ordinario, per altri non è affatto così.
In molti infatti sono ancora molto diffidenti e scettici al riguardo, soprattutto per motivi strettamente religiosi. Ma, religione o non religione, fin dai tempi antichi gli uomini e le donne hanno cercato di rendere i propri rapporti sicuri. La svolta più significativa è stata indubbiamente la pillola, apparsa per la prima volta sul mercato americano negli anni Sessanta e poi pian piano (molto piano) arrivata fino a noi. Eppure ancora oggi, dopo cinquant’anni, solo il 16% delle donne italiane ne fa uso, contro i significativi 59% del Portogallo e 53% della Germania. L’Italia è infatti uno degli ultimi paesi nella classifica europea per quanto riguarda l’uso, la conoscenza e il corretto utilizzo dei metodi moderni per la contraccezione.
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L’educazione sessuale nelle scuole sarebbe di certo un grande passo avanti: sfogliando anche solo per qualche minuto qualsiasi giornaletto adolescenziale è chiaro come i più giovani siano spesso non solo disinformati, ma anche creatori di fantasiose leggende su come si può – o non si può – rimanere incinta. Rendere la sessualità un tabù crea solo situazioni spiacevoli e genera ignoranza, e questa ne è la prova. Tuttavia, in altri paesi europei la situazione è ben diversa. La Svezia già dal 1955 ha reso l’educazione sessuale obbligatoria in tutte le scuole (seguita poi negli anni Settanta da Germania, Francia e Austria), mentre in Olanda l’insegnamento viene proposto in classe già a quattro anni. L’educazione sessuale è infatti considerata dall’Unione Europea una disciplina necessaria e obbligatoria, con pochissime eccezioni come appunto l’Italia – insieme a Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia, Romania e Regno Unito – dove manca totalmente una normativa al riguardo.
Ma non è tutto. Non solo i più giovani non vengono sufficientemente educati per quanto riguarda questo tema, ma ci sono anche ulteriori complicazioni per chi per esempio vuole rimediare a una disattenzione con la famosa – ma altrettanto misteriosa – pillola del giorno dopo. E’ da premettere che la pillola in questione, al contrario di ciò che molti credono, non è un farmaco abortivo, ma ha semplicemente lo scopo di prevenire una gravidanza che potrebbe instaurarsi nei giorni o nelle ore successive. Si tratta ovviamente di un medicinale da non prendere troppo alla leggera e da usare in casi di reale necessità ed emergenza, ma non è in fondo nulla di immorale o crudele: il suo funzionamento è molto simile a quello di una normalissima pillola anticoncezionale, che blocca l‘ovulazione impedendo l’inizio di una gravidanza. L’unica sostanziale differenza è un dosaggio più elevato. Certo, prevenire è meglio che curare, ma cosa si può fare nel caso di una disattenzione?
Immaginiamo di essere in un altro paese europeo, meno vincolato alla religione e più libero. Nel momento in cui un rapporto si rivela essere a rischio, in paesi come la Svizzera, la Spagna o l’Inghilterra è sufficiente recarsi in farmacia e comprare la pillola del giorno dopo così come si comprerebbe un’aspirina. In alcuni paesi basta un breve colloquio con il farmacista; in altri, come in Francia, le pillole sono addirittura disponibili nelle scuole; mentre in alcune città, come Manchester, vengono distribuite gratuitamente. Troppo a cuor leggero? Secondo alcuni sì, ma per altri si tratta solo di un diritto di cui bisognerebbe usufruire con immediatezza, fondamentale quando un’ora in più o in meno potrebbe fare la differenza.
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In Italia la questione è ben diversa. Basta fare una veloce ricerca su internet per capire quanto sia faticoso rimediare a un’umana disattenzione tramite la pillola del giorno dopo. Prima di tutto, è necessaria una ricetta, che andrà poi portata in farmacia. Sembra facile, ma gli innumerevoli commenti sul web da varie regioni d’Italia dimostrano che non lo è affatto. Moltissimi medici ritengono che l’uso della pillola del giorno dopo sia immorale e si rifiutano quindi di aiutare i “malcapitati”, a cui non resta altro che vagare per consultori, pronto soccorso e medici di base in modo da riuscire a strappare a qualcuno la tanto desiderata ricetta. Se l’obiezione di coscienza da parte del medico ha validità per quanto riguarda l’aborto, ciò non dovrebbe accadere con le pillole di contraccezione di emergenza: una paziente che la richiede dovrebbe essere immediatamente accontentata senza nessun tipo di giudizio morale, peraltro infondato dato che – come già detto – lo scopo della pillola non è eliminare una gravidanza, ma prevenirla. Eppure la moralità è presente eccome, tanto che sulle ragazze che necessitano di un semplice medicinale ricade spesso l’occhiata storta, il sorrisetto ammonitore, lo sguardo di diffidenza, a volte anche le maniere scortesi.
E una volta ottenuta, dopo grandi fatiche, la tanto desiderata ricetta? In alcuni casi non è sufficiente: per avere alcuni tipi di pillola – quelli sostanzialmente più potenti ed efficaci – è necessario mostrare un test di gravidanza negativo, in quanto un eventuale feto potrebbe essere danneggiato dall’assunzione del farmaco, anche se le opinioni al riguardo sembrano essere piuttosto discordanti. L’obbligo del test è presente solo in Italia e suona piuttosto ridicolo: se una coppia vuole evitare una gravidanza, probabilmente non sarà già in dolce attesa senza saperlo. Avendo quindi in mano il consenso del medico e un test negativo, cosa resta da fare? Andare in farmacia, dove nella maggior parte dei casi la pillola non sarà a disposizione immediata, ma verrà prenotata e spedita nel giro di ore. Il che è insensato se consideriamo che l’efficacia del farmaco diminuisce con il passare del tempo e poche ore potrebbero non solo fare la differenza, ma aggiungere una consistente dose di stress ai diretti interessati. In conclusione, sebbene il farmaco si basi sulla rapidità del suo utilizzo, in Italia questa rapidità viene minata da più fattori, morali e organizzativi, che rendono un’azione normale – comprare un semplice medicinale – una corsa contro il tempo e una gran perdita di tempo.
Eppure non dovrebbe andare in questo modo. Nel 2002 infatti il Parlamento Europeo ha raccomandato ai singoli stati di agevolare il più possibile l’accesso alla pillola d’emergenza, contenendone il prezzo – attualmente intorno ai trenta euro in Italia – e rendendo il più veloce possibile il suo acquisto. Nel 2014, un ulteriore passo avanti: l’Unione Europea decide di rendere disponibile il farmaco anche senza la ricetta medica, legge che dovrebbe essere applicata in tutti gli stati entro il 2015. Eppure l’Italia, proprio nei giorni scorsi, ha detto no. Forse considerando le italiane troppo irresponsabili e superficiali, il Consiglio Superiore di Sanità ha deciso che la ricetta continuerà a essere obbligatoria, nonostante la sollecitazione di Bruxelles.
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Certamente un facile accesso alla “pillola ripartiva” potrebbe rendere i giovani ancora meno responsabili, ma la soluzione migliore dovrebbe essere educarli con serenità già dai primissimi anni dell’adolescenza, piuttosto che negare loro una soluzione pratica e non dannosa, oltre che un diritto.
Che ognuno possa pensarla diversamente sul discorso del controllo delle nascite e della contraccezione è chiaro e ovvio: tutti dovrebbero avere il diritto di agire come meglio credono riguardo ai temi più svariati, ma un paese civile dovrebbe tutelare tutte queste scelte e renderle possibili nella maniera più immediata ed efficace possibile, senza giudizi morali e restrizioni. Si riuscirà, un giorno?
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