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Comitragedia spaziale

Il viaggio ludico del possibile: «Comitragedia spaziale»

«Comitragedia spaziale»: A, B, C, tre astronauti che vanno sulla Luna grazie alla loro navicella spaziale, in un viaggio di ricordi, somiglianze e paradossi. In scena al Teatro I di Milano

2 minuti di lettura

Giochi e giocattoli

Il gioco come comportamento, forma dell’esperienza garantisce la possibilità di essere reiterato, al netto di un contenuto variabile e suscettibile di giudizi mutevoli: motivo per il quale giocare piace sempre, perché travalica quella finitezza che tanto fa arrancare, ma i giocattoli possono non piacere più, accantonati, impolverati, ammassati nelle soffitte.

Per continuare a giocare è necessario approdare nel porto sicuro della forma, della dimensione possibile e mai concreta perché priva di un contenuto definito.

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Il gioco è il contorno entro cui circoscrivere tutto ciò che avviene su un piano diverso da quello di realtà, perché regolato da principi diversi dal vero e falso: l’unica regola è l’immaginabilità, intesa come possibilità di creare qualcosa che sia credibile, che sia coerente all’interno di quel “mondo altro” rispetto alla verità.

Possibilità e verità

Affidare e riconoscere nell’arte teatrale la forma ludica significa concedersi il lusso di sperimentare la capacità di credere che qualcosa sia possibile, al netto di uno spaziotempo delimitato dalla verità dei fatti.

Lo studio sulla genesi della messa in scena teatrale, purtroppo oscurata dalla spettacolarizzazione di cui spesso risente il tempo effettivo dello spettacolo, può riportare a galla il gioco che la fa venire alla luce.

Ciò non significa trascurare lo spettacolo davanti agli spettatori, bensì collocarlo nel percorso immaginativo che parte dal testo e attraversando la messa in scena può arrivare, in modo più o meno canonico, alla serata in cui il pubblico è in sala.

Lo spazio della scena in Comitragedia spaziale

Con la call per registi e registe under 30 il Teatro I in collaborazione con il Teatro delle Moire guida il pubblico alla (ri)scoperta del gioco immaginativo dell’arte teatrale. Dal 28 al 30 giugno Comitragedia spaziale è la mise en espace di Manfredi Messana, che con acume e sapienza registica ragiona insieme agli attori sul testo della drammaturga Valentina Diana.

Francesco Cecchi Aglietti, Federico Ghelarducci, Ivo Randaccio e Teresa Tanini diventano i protagonisti di un mondo dai contorni sfumati e per questo meravigliosi. Lo spazio della messa in scena, ancora in bilico tra le parole e l’azione diventa il luogo privilegiato per entrambe: in uno scenario spaziale extraterrestre le immagini e le parole si contendono la poesia e la prosa, lottano per affermarsi, per guadagnarsi la propria rivincita, ma si ritrovano entrambe a mezz’aria, sospese in un’aurea onirica.

La brillantezza della dinamica attoriale in Comitragedia spaziale, permette un contenzioso alla pari, che inaspettatamente non pretende vinti e vincitori, ma prescinde dall’ottica agonistica, privilegiando il gioco, più della gara.

Prendersi e lasciare spazio

Il gioco dell’immaginazione in Comitragedia spaziale si propone come continuum che dà spazio tanto alla parola quanto all’azione, cercando di coniugarle senza farle collassare una sull’altra. Il viaggio di A, B, C tanto astronauti quanto vagabondi si barcamena nell’orbita tra la Terra e uno spazio altro, fatto di ricordi, somiglianze, paradossi.

L’ironia muove le fila di un’avventura straordinaria che prescinde dallo spazio e dal tempo e si affida a funzioni, più che personaggi. Ciò che conta, chi fa andare avanti il gioco -immaginativo- è la dinamica instauratasi tra i corpi che si prestano al gioco e si prestano a vicenda il necessario per continuare a viaggiare. Una navicella, come condizione imprescindibile per continuare a giocare, come spazio sicuro, insieme di regole condivise da cui e con cui partire per iniziare e portare avanti il gioco.   

Per andare altrove non è tanto necessaria una meta, quanto una condizione che renda possibile il viaggio: se in questione è l’immaginazione la domanda non riguarda la possibilità di raggiungere una fine, ma la capacità di continuare a viaggiare, a credere che altro sia possibile. Fortuna che il teatro continui fisiologicamente a renderlo non solo evidente, ma per di più godibile e suscettibile di meraviglia.

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Anastasia Ciocca

Instancabile sognatrice dal 1995, dopo il soggiorno universitario triennale nella Capitale, termina gli studi filosofici a Milano, dove vive la passione per il teatro, sperimentandone le infinite possibilità: spettatrice per diletto, critica all’occasione, autrice come aspirazione presente e futura.

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