New York, detta anche la «Grande Mela», è oggi la Mecca dell’arte contemporanea, metropoli giovane e all’avanguardia per antonomasia, tuttavia per molto tempo ha avuto un ruolo subordinato rispetto all’Europa, in particolare a Parigi, epicentro delle nuove tendenze artistiche fino agli anni ‘20 del Novecento.
Nei primi decenni del Novecento gli Stati Uniti vivono un periodo di grande isolamento che si riflette in un atteggiamento nazionalista e autarchico, che in arte porta allo sviluppo di un linguaggio realista volto a raccontare le varie sfaccettature della Grande Depressione americana. Protagonisti della cosiddetta American Scene furono Edward Hopper, attento interprete del Realismo americano, e Norman Rockwell, che per oltre sessant’anni ha saputo raccontare la vita rurale e un po’ anacronistica dell’America della prima metà del secolo.
La vera svolta artistica per gli Stati Uniti si ebbe però solo sul finire degli anni ’30, quando New York detronizzò Parigi divenendo nuovo centro artistico mondiale a seguito del trasferimento di vari artisti europei in fuga dal nazifascismo. L’esodo degli artisti, incrementatosi con lo scoppio della Seconda Guerra mondiale, determinò un’assimilazione del linguaggio artistico europeo in America che portò alla nascita del più importante movimento artistico americano, ovvero l’Espressionismo astratto, i cui illustri rappresentanti – Jackson Pollock, Willem de Kooning, Mark Rothko, Barnett Newman – costituiscono la prima generazione della cosiddetta Scuola di New York, destinata a influenzare tutta l’arte a venire, americana e non solo.