Lasciare la propria famiglia, la propria casa, la propria terra. Lasciare indietro ogni certezza e mettersi in viaggio senza meta e senza un punto d’arrivo programmato, portando con sé soltanto le proprie idee. Una scelta romantica e complessa al tempo stesso, che affiora ancora oggi nell’immaginario collettivo quasi come una fantasia proibita, come quella possibilità di fuggire dal caos del presente. Quanto folle o coraggioso può essere stato l’uomo che lo ha fatto in un’epoca tra le più complesse e pericolose della storia, il Medioevo? Quell’uomo era un monaco irlandese: Colombano.
Dall’Irlanda al cuore dell’Europa: Colombano, pellegrino di Cristo
Il monaco irlandese visse tra il 540 ed il 615 d.C. (morì il 23 di novembre). Gli antichi imperi erano ormai lontani, così come la nuova Europa medievale. Erano secoli complessi di lotte, di timori, segnati da una certa decadenza soprattutto sociale, avvertita da tutti. Fu il Regno di Leinster la patria di Colombano. Ricevuta una prima formazione in terra d’Irlanda, il giovane lasciò tutto, contro la volontà familiare, partendo come “pellegrino di Cristo”, senza meta. Direzione? Il cuore dell’Europa. Dopo le prime tappe irlandesi, si spostò in Inghilterra prima, in Francia poi, concludendo la peregrinazione in Italia.
Gli insegnamenti, la formazione e la dichiarazione d’intenti in una preghiera
Colombano fu portatore di insegnamenti che sarebbero diventati peculiari della dottrina monastica irlandese, e che si sarebbero contraddistinti presso tutte le fondazioni europee da lui derivate. Un monachesimo rigido, intransigente, di assoluta purezza, di povertà e di sacrificio. I suoi metodi, impartiti con l’esempio, avrebbero trovato non pochi ostacoli nell’Europa delle guerre, delle corti, delle porpore, del potere e dei feudi. L’origine nella “povera” Irlanda non inganni! Colombano aveva una cultura immensa: studiò le sacre scritture, la grammatica e poi codici, pergamene e la lingua latina presso l’abbazia di Bangor.
Fu Papa Benedetto XVI a definirlo “santo europeo”. Colombano, infatti, attraversò tutta l’Europa per evangelizzare, convertire, costruire monasteri e chiese, raccogliere seguaci, costruire un monachesimo unico, tra silenzi, boschi e libri. Per unire in un unico messaggio. Lui stesso scrisse dei popoli europei come di un unico popolo, unito dalla fede cristiana. Un messaggio che, sia dal punto di vista teologico (caratterizzato dall’austerità nella pratica) che politico (di sostanziale vocazione all’unità) se poteva affascinare nei lontani (e innocui) villaggi irlandesi, diventava sempre più pericoloso e non condiviso quanto più Colombano procedeva verso i centri del potere e verso Roma.
In una celebre sua preghiera scrisse, invocando Dio: «Togliete dal mio cuore e dalle mie labbra tutta l’iniquità, datemi l’intelligenza e l’abitudine al bene, affinché in opere e verità in non serva che solo Voi». Interpretata con gli occhi dello storico, sembra essere stata una dichiarazione d’intenti per una vita che effettivamente sarà votata solo alla fede e all’assoluta libertà da qualunque vincolo terreno che si allontanasse dal suo stile di vita. Una già citata austerità e una rigidità nella dottrina, che sono state anche la preannunciata effimera durata della sua Regola, abbandonata quasi subito dopo la sua morte, con la tendenza alla dottrina benedettina, di gran lunga più mite, morbida e tollerante.
Leggi anche:
Un mondo che tramonta: l’autunno del Medioevo
Il viaggio di Colombano con i dodici dall’abbazia di Bangor alle nazioni europee
Il centro monastico che formò Colombano, Bangor, gestito dall’abate Comgall, era estremamente fervente, con diverse migliaia di monaci, un numero altissimo. Nonostante le lusinghe e l’ammirazione di Comgall, Colombano, insieme a dodici fratelli, lascia anche Bangor, nell’Irlanda del Nord e parte per l’Europa. Un viaggio a tappe e non privo di stenti, a stazioni, quasi una Via Crucis, caratterizzato da infinite suggestioni, leggende, presunti eventi miracolosi e un’aura di mistero. Prima dello sbarco in Cornovaglia, suggestiva appare già la prima leggendaria tappa, presso la piccola isola di San Patrizio, dove avrebbe visitato la tomba di Giuseppe d’Arimatea, leggendario custode del Santo Graal.
In Inghilterra fece tappa presso diversi monasteri, spesso seguendo le antiche vie romane. Ovunque andasse viveva di ciò che trovava, anche presso i monasteri che costruiva. Poi, quasi sempre miracolosamente (secondo il mito), riceveva aiuti divini: sorgenti d’acqua che sgorgavano dal nulla, foreste che si diradavano facendolo passare anche là dove nessuno si avventurava. In Francia poi, dove fonderà diverse note abbazie (come Luxeuil, fondamentale poi in epoca Carolingia), sbarcò nei pressi del sublime Mont Saint-Michel. Insieme ai suoi, visse saltuariamente anche in grotte ed eremi.
Gli aiuti, ovviamente, non mancarono anche da regnanti e città. Molte concessioni le ebbe da Childeberto II, ad esempio. Era dopotutto insegnamento che rimandava a San Paolo quello di aiutare materialmente le comunità di “santi” (Romani, 15, 25-27), ripreso nel Medioevo proprio dai monaci. Tutti i centri da lui fondati divennero rapidamente fiorenti città, centri urbanizzati e attivi, anche per la dedizione dei monaci, in un secondo momento, all’agricoltura. Ovunque, Colombano, secondo un antico accordo con il Papato, applicava regole e usi irlandesi, eludendo norme e imposizioni sia di governanti che di prelati locali, a suo rischio.
Leggi anche:
A cavallo del tempo. L’arte di cavalcare dall’Antichità al Medioevo
Critiche, scontri, lettere e scritti
Ad un certo punto iniziò ad essere fortemente malvisto, primi tra tutti dagli ecclesiastici francesi. Non poche polemiche caratterizzarono le sue missioni e la sua permanenza in Francia. Entrò in conflitto anche per la questione della datazione della Pasqua – la tradizione irlandese differiva da quella francese – e si scontrò sia col re di Burgundia, Teodorico II, che con il vescovo. Convocato presso un apposito sinodo nel 1603, egli lo diserta clamorosamente. Oltre ad essere stato autore di importanti scritti (la Regula coenobialis, la Regula monachorum, il Paenitentiale), scrisse molte lettere.
Una di queste a Papa Bonifacio IV, che riteneva unico interlocutore degno di poterlo giudicare, chiedendone il parere sulle dispute. Un atteggiamento irrispettoso verso le gerarchie che non poteva essere tollerato. Solo sei anni più tardi fu allontanato da Luxeuil. Fuggì al controllo e vi ritornò poco dopo. Nel 1610 sarebbe fuggito nuovamente, mentre era scortato verso Nantes. Attraversata ed esplorata la Neustria, sarà accolto poi dal re d’Austrasia Teodeberto II, che gli darà carta bianca per evangelizzare i suoi territori. Ma non solo i potenti l’osteggiarono. Alcune pesanti critiche e opposizioni sorsero anche presso popolazioni pagane contrarie alla dottrina, che aizzarono i governanti contro il monaco.
In un suo saggio sul Cristianesimo medievale in Occidente, Jacques Le Goff dirà di lui «che egli diffonde e radica un cristianesimo originale, che non differisce in alcun modo da Roma per quel che riguarda la dottrina, ma che sul piano dell’organizzazione, della liturgia, dello stile di vita, se ne distacca chiaramente». Dirà che la sua è «la scuola della severità, dell’eroismo cristiano».
L’Italia, i longobardi di Agilulfo, il ruolo diplomatico, Bobbio e la morte
Come detto, Colombano morirà il 23 novembre del 615 d.C., presso un’abbazia italiana da lui fondata, a Bobbio (nell’attuale provincia di Piacenza). Ma come arriva in Italia? Come trova sostengo? Partorisce nel 1612 la decisione di andare in Italia. A Pavia accetta la protezione del re longobardo Agilulfo e della regina Teodolinda. I sovrani gli chiedono di intervenire diplomaticamente nella questione dello Scisma Tricapitolino e il monaco opera per la concordia tra Longobardi, Bizantini, Patriarca di Aquileia e Pontefice di Roma.
Proprio in cambio di questo suo impegno, gli viene concessa la possibilità di edificare un monastero, insieme al fedele seguace Attala e ad altri monaci. La località prescelta, che sorgerà nei pressi dell’antico castrum romano di Bobbio, si trova in piena Val Trebbia, in Emilia Romagna, lungo una via commerciale che puntava storicamente alla Liguria. Qui tra notizie di miracoli per facilitare la costruzione, fitta vegetazione che non lo avrebbe intimorito affatto e opera divina di allontanamento di bestie selvatiche presenti, Colombano fonda a Bobbio l’abbazia di San Colombano, che sarà la sua tomba. Sull’appennino di Bobbio morirà all’età, allora venerandissima, di 75 anni.
* * *
Sì, lo sappiamo. Te lo chiedono già tutti. Però è vero: anche se tu lo leggi gratis, fare un giornale online ha dei costi. Frammenti è una rivista edita da una piccola associazione culturale no profit, Il fascino degli intellettuali. Non abbiamo grandi editori alle spalle, anzi: siamo noi i nostri editori. Per questo te lo chiediamo: se ti piace quello che facciamo, puoi sostenerci con una donazione. Libera, a tua scelta. Anche solo 1 euro per noi è molto importante, per poter continuare a essere indipendenti, con la sola forza dei nostri lettori alle spalle.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ESSENZIALI
- Storia del Cristianesimo, a cura di PUECH H., v.1, 1984
- LE GOFF J., L’uomo medievale, 2010
- Storia del Cristianesimo, a cura di FILORAMO G., MENOZZI D., 2009
- AZZARA C., RAPETTI A.M., La Chiesa nel Medioevo, 2009
- PICCINNI G., Il Medioevo, 2004
- www.wikipedia.org/wiki/Colombano_di_Bobbio
- www.treccani.it/enciclopedia/santo-colombano/