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neoimpressionismo
Georges Seurat, Il circo, 1891, particolare. Olio su tela, 185,5x152,5 cm. Parigi, Museo d’Orsay

«Il circo» di Seurat: la ricerca dell’armonia e l’estetica scientifica

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Il giornalista e critico Félix Fénéon coniò il termine Neoimpressionismo per l’arte di alcuni pittori avanguardisti, fondatori della Societé des Artistes Indépendants, il cui capofila era Georges Seurat. Un “nuovo” impressionismo, che partiva dagli stessi valori ma che puntava a superarli, ricercando scientificamente l’armonia più recondita delle cose, oltre le loro apparenze. Nell’ultima mostra impressionista del 1886, Georges Seurat espose “Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande Jatte”, sconvolgendo critica e pubblico per la novità della sua tecnica. Cinque anni dopo, nel marzo del 1891, al Salone degli Indipendenti, Seurat presentò l’opera Il circo, sebbene non ancora finita. Non ebbe mai la possibilità di completarla: pochi giorni giorni dopo l’apertura della mostra, Seurat si ammalò e morì di un male fulminante all’età di soli 31 anni.

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Georges Seurat, Il circo, 1891. Olio su tela, 185,5×152,5 cm. Parigi, Museo d’Orsay

«Il circo»: analisi dell’opera

Il mondo circense, già ritratto anche da Pierre-Auguste Renoir, Edgar Degas, Henri de Toulouse-Lautrec, in questa grande tela è rappresentato con giochi di linee e colori caldi con l’intento di evocare le emozioni che il circo sa regalare, piuttosto che soffermarsi su una scena realistica. L’opera si compone di due spazi ben identificabili che si sovrappongono.

Sulla pista, la cavallerizza e il suo cavallo bianco, l’acrobata immortalato in un salto, il pagliaccio dietro di lui, il domatore con la sua guizzante frusta sono tutti posizionati lungo una morbida curva, esaltata dal bordo della pista e dal nastro giallo che afferra il personaggio in primo piano, raffigurato di schiena e lì posto a sottolineare la profondità e la prospettiva.

Al dinamismo di questa scena, a cui si aggiungono gli orchestrali sopra l’ingresso, si contrappone l’immobilismo degli spettatori sugli spalti, di estrazione sociale diversa a seconda della loro collocazione e visuale rispetto allo spettacolo, inquadrati in una rigida geometria.

La composizione è curata sapientemente, tanto quanto l’uso dei colori rosso, giallo e blu, insieme al bianco della luce pura. Intorno, la bordatura blu dipinta su tela fa parte integrante dell’opera e contribuisce, con la sua complementarità alle tonalità aranciate predominanti, a rendere il tutto molto luminoso e armonico.

A proposito di Georges Seurat

Per definire il proprio stile divisionista, Seurat (Parigi, 1859 – 1891) fece molta ricerca. Sviluppò i concetti della complementarità dei colori e del loro contrasto simultaneo teorizzati fin dal 1839 dal chimico Michel Eugène Chevreul. Lesse l’Introduzione all’estetica scientifica del matematico Charles Henry, che divulgava i risultati degli studi di fisiologia ottica di James Clerk Maxwell ed Hermann Ludwig von Helmholtz.

Se gli impressionisti usavano colori puri accostati e non mescolati, stesi con pennellate istintive, Seurat trovò un metodo razionale per raggiungere tonalità vibranti e luminose, utilizzando il colore puro applicato a piccoli puntini di toni diversi messi ordinatamente vicini l’uno all’altro. La tecnica è quella del pointillisme, o puntinismo, e si basa sul mélange optique (mescolanza ottica): l’occhio umano, da una certa distanza, non riconosce due punti di colore diverso accostati ma li vede miscelati in un terzo colore ancora più brillante.

Lorena Nasi

Grafica pubblicitaria da 20 anni per un incidente di percorso, illustratrice autodidatta, malata di fotografia, infima microstocker, maniaca compulsiva della scrittura. Sta cercando ancora di capire quale cosa le riesca peggio. Ama la cultura e l'arte in tutte le sue forme e tenta continuamente di contagiare il prossimo con questa follia.