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Christopher Anderson: Approximate Joy, un ritratto ravvicinato della Cina di oggi

2 minuti di lettura

«Ho visto il futuro ed è ora ed è la Cina, non c’è bisogno del passato, può essere cancellato, si sta costruendo una nuova felicità, un’approssimazione di gioia, meglio della realtà». – Christopher Anderson 

È l’ottobre dello scorso anno quando il fotografo Christopher Anderson, dell’agenzia Magnum, riceve una commissione aperta dalla Daken Art Organization di Shenzhen per documentare la vita in Cina. Per tre settimane, ha camminato per le strade che «sembra siano state costruite da un giorno all’altro», scattando le foto raccolte in Approximate Joy, il suo libro uscito a settembre per STANLEY / BARKER. 

Shenzhen, la Silicon Valley cinese, gigantesca megalopoli cinese famosa per ricchezza e fabbriche, ha un nome che, nel termine cinese, significa profondi scarichi

Un villaggio di pescatori per lo più poveri, che dipendeva direttamente dai canali di scolo, che scorrevano dai fiumi e corsi d’acqua circostanti, per nutrire le loro risaie. Oggi Shenzhen è una città con oltre venti milioni di abitanti e si erge a simbolo della trasformazione miracolosa cinese, il futuro nelle mani e l’eccesso virtuoso.

Invece di panorami e skyline di torri penetranti, Anderson ha scelto di raccontare la storia di Shenzhen attraverso lo studio ravvicinato dei volti e degli oggetti che la abitano. Ritratti ultraterreni che hanno una distanza intima dal protagonista.

Shenzhen è una città costruita sul lavoro dei migranti. «Puoi sentire l’energia e l’ansia di questi lavoratori appena arrivati, fusi tra l’ambizione e l’ottimismo», dice Anderson al New Yorker . «Ho riconosciuto il sentimento: sono stato quel giovane nella grande città».

Nei volti dei suoi sudditi, che siano hipsters o guardie di sicurezza o agenti di borsa o segretari, Anderson cerca indizi per i desideri interiori: 
«Qual è la loro visione? di felicità? Cosa sognano di notte?» 

Nell’opera di Anderson i volti a volte somigliano a maschere dipinte, immersi in sfumature lunatiche verde acqua. I contrasti creati tra i soggetti e gli ambienti sono accentuati dalle luci. Una luce eterea che illumina queste caratteristiche, suggestive del bagliore di uno schermo di iPhone. Nelle prime pagine del libro di Anderson, cita la poesia di un lavoratore di ventiquattro anni alla Foxconn, la catena di fabbriche di Shenzhen in cui sono assemblati i prodotti Apple. Il giovane, Xu Lizhi, che è arrivato in città dalle zone rurali del Guangdong, si è tolto la vita nel 2014. Anderson ha detto che percepiva tanto entusiasmo e meraviglia nei volti che incontrava come ambivalenza e incertezza. Una città miracolosa porta una nuova felicità? O solo un’approssimazione di gioia? In una delle sue poesie, Xu Lizhi ha scritto:

«Ognuno dorme profondamente. Manteniamo aperte le nostre giovani ferite. Questi occhi neri, possono davvero portarci alla luce?»

Misteriose e viscerali, le fotografie di uomini e donne metropolitani di Christopher Anderson per le strade di Shanghai e Shenzhen presentano un’immagine moderna della moderna Cina urbana.

Shenzhen, la Silicon Valley cinese, esisteva a malapena trent’anni fa, ma oggi conta circa venti milioni di abitanti, mentre Shanghai, la più grande città della Cina, ha una popolazione di oltre 24 milioni di abitanti. Tra lo smog, l’inquinamento atmosferico e lo sviluppo costante, una luce grigio/blu incombe su queste città, fornendo un’illuminazione quasi teatrale alle fotografie di Anderson.

Le immagini sono strettamente ritagliate e estremamente ravvicinate, con tutto il contesto rimosso, portando lo spettatore a una distanza intima con i volti dei soggetti di Anderson.

Christopher Anderson, premiato per la prima volta nel 1999, quando le sue immagini toccanti del salvataggio di profughi haitiani presi a bordo di una barca di legno che affonda gli hanno valso la medaglia d’oro Robert Capa. Nel 2005 è entrato a far parte della rinomata agenzia fotografica Magnum. Oltre ai normali incarichi personali e editoriali, Anderson è attualmente il primo “Fotografo in residenza” del New York Magazine.

Articolo originariamente pubblicato il 10 dicembre 2018

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Fausta Riva

Fausta Riva nasce in Brianza nel 1990.
Geografa di formazione(Geography L-6) poi specializzata in fotografia al cfp Bauer.
Oggi collabora con agenzie fotografiche e lavora come freelance nel mondo della comunicazione visiva.
Fausta Riva nasce sognatrice, esploratrice dell’ordinario. Ama le poesie, ama perdersi e lasciarsi ispirare.

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