È morta il 23 giugno 2018 Chichita, moglie di Italo Calvino, donna di grande spirito, intelligenza e dai gusti raffinati. È stata custode fino ai suoi ultimi giorni dell’eredità letteraria del marito, autore della celebre Trilogia degli antenati.
Chichita, la dote della traduttrice
All’anagrafe si chiamava Esther. Esther Judith Singer, soprannominata Chichita fin dai tempi della sua infanzia argentina. Cresciuta nell’ambiente della borghesia colta di Buenos Aires, entrò fin da subito in contatto con il mondo dell’arte e della letteratura.
A metà degli anni 50, dall’Argentina sbarca a Parigi con Marcello Weil, il figlio avuto da una precedente relazione. Traduttrice dalle spiccate qualità, inizia a lavorare per l’Unesco e l’Agenzia internazionale per l’Energia Atomica (Aea).
Quel giorno a Parigi
Chichita e Italo si incontrano per la prima volta nel ’62 a Parigi. Lui ha già pubblicato Il cavaliere inesistente e la sua fama letteraria è ormai consolidata. Da quel giorno a Parigi inizia la storia di due opposti che si attraggono.
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Calvino è riservato e taciturno, lei un opposto fiume di parole. Questo assortimento risulta vincente perchè due anni dopo Italo e Chichita si sposano a L’Avana e un anno dopo ancora nasce la loro figlia, Giovanna.
Chichita: girlpower d’altri tempi
Francesca Serra, nota studiosa di Italo Calvino, in un suo articolo pubblicato dalla rivista culturale Doppio zero ha parlato di Chichita. La descrive come una donna fuori dagli schemi, intraprendente e anticonvenzionale.
Non è materna questa donna, per fortuna. […] Chichita non ci sta. A fare la donna di casa. La mammina o la consolatrice. Quando il suo famoso marito scrittore, che era Italo Calvino, morì improvvisamente nel 1985 lei diventò la più temuta vedova nera della letteratura italiana del Novecento. Il bau bau del mondo editoriale. Poiché conosceva alla perfezione svariate lingue, essendo traduttrice, la sua fama sorvolò i confini nazionali, per entrare […] ovunque l’opera di Calvino venisse pubblicata e tradotta.
[…] Questo è il prezzo che si paga a essere una donna del tutto anticonvenzionale. Forse malata di perfezionismo; forse semplicemente allergica alle dilaganti approssimazioni, a ogni forma di cialtroneria intellettuale.
L’eredità intellettuale
Chichita conosceva le lingue e in particolare quella di suo marito. Non si potevano commettere errori o leggerezze di fronte ad un genio così grande e all’altrettanto grande memoria e decisione di sua moglie.
Per tutta la sua vita Chichita ha continuato a governare i diritti delle opere di Calvino, a gestire pubblicazioni, traduzioni, adattamenti e copertine: tutti i dettagli del lavoro editoriale. Il suo lavoro è sempre stato mosso da un fine: rispettare quella che sarebbe stata la volontà di suo marito.
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