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Chi sono «Loro 2»?

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3 minuti di lettura

Loro 2 appare sin da subito un film stregato. Talmente abile a raddrizzare il tiro rispetto alla prima parte da riuscire quasi a convincerci che Paolo Sorrentino abbia ascoltato tutti i pensieri ad essa dedicata, e, posta l’impossibilità della cosa, capace di mostrarci la banalità con cui noi tutti l’avevamo trattata. Piacerà ai detrattori di Sorrentino, ai ricercatori di un’opera più corposa e narrativa, deludendo invece coloro che da quella prima parte avevano già compreso il centro attorno a cui, senza troppe differenze, si torna qui a danzare. Ma attenzione, se i temi non variano, se i personaggi non mutano, è solo perché a cambiare è la loro chiave di lettura, una chiave che è sempre stata lì, sotto gli occhi di tutti: il titolo, Loro (2).

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Loro due sono Lui

Loro 2 non è infatti il sequel del film uscito due settimane fa, e non è nemmeno il secondo tempo. È un gioco linguistico ed un fine ribaltamento di prospettive; non Loro 2, ma Loro due. Silvio e Veronica, Berlusconi e l’Italia, la società e la crisi. Una dicotomia costante che avanza lungo un film dal montaggio atipico, a volte talmente veloce da farci dubitare della paternità del suo regista. Sorrentino gioca con il tempo, indugia sullo spazio, sempre uguale a se stesso come il protagonista che vi si muove dentro, mentre unisce eventi lontani e dilata istanti vicinissimi. Un lavoro narrativo che trasforma il mucchio indistinto di prostitute, senatori e arrampicatori sociali, mostrati nel primo tempo, raggruppandoli per due, creando quadretti che sfumano nell’indistinto ogni qual volta appare in scena Servillo e il suo Berlusconi multiforme. La maschera infatti qui crolla e, un po’ come accadeva nel the Mask interpretato da Jim Carrey, sprofonda nella pelle dell’attore, creando un unico e nuovo essere. Né Berlusconi, né interpretazione di questo.

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È proprio in questo nuovo Silvio che la dicotomia del film (e del progetto non a caso spezzato in due parti) trova la propria casa, mostrando il dialogo tra Lui e lui stesso come il vero centro della sfarzosa e triste sala da ballo costruita da Sorrentino. C’è un Silvio presente, che osserva la realtà che lo circonda e l’età che lo abbraccia, che si lascia così andare ad un romantico decadimento, ed un Berlusconi invece eterno, il politico che lo sprona a non mollare nulla, a non offendersi, a resistere. I due si scontrano, lottano a tal punto da ammantare ogni scena, portando uno o l’altro a prendere le forme dei numerosi personaggi che provano a fermarlo e che lui fa propri per non morire mai. Dunque Loro non è il film su Noi che immaginiamo i Loro, come avevamo provato ad immaginare nella recensione della prima parte, non solo almeno, come non è nemmeno il film su Berlusconi. È sui Berlusconi. E tra i Berlusconi ci siamo anche noi. Ecco la trappola dentro cui questo viaggio lungo tre ore ci trascina, ecco l’istante in cui tutto torna.

Due film in un trailer

E dire che sarebbe bastato osservare il trailer per capire l’intero film. Sarebbe bastato riascoltare all’infinito un Servillo/Berlusconi cantare Malafemmena per comprendere quanto a fondo riesca andare questo progetto dalla doppia lama; una poetica, una economica. Perché in quel minuto e trenta di trailer c’è tutto, a tal punto da rendere la visione del film una semplice espansione del concetto Sorrentiniano di uomo e società. C’è tutto; i Loro rintontiti mentre guardano al Dio d’Italia, Veronica Lario sul punto di piangere attraverso gli occhi profondi di Elena Sofia Ricci, e poi, ma solo poi, proprio quando la magia sembra conclusa, c’è Lui, anzi, Loro, Berlusconi e se stesso. In un gioco di maschere che non è quello dell’attore e dell’interpretato, della storia e della rappresentazione, bensì quello dell’uomo di potere e l’uomo d’amore, l’uomo delle feste e quello delle dentiere, della gioia dionisiaca e del pianto tragico. Quest’ultimo mostrato solo attraverso i canali scavati sul volto-maschera di una figura che trascende ogni pregiudizio, mostrandosi prima coperto da un fine accappatoio e poi totalmente nudo.

Certo, può sembrare assurdo passare da un film così privo del suo presunto protagonista, Loro, ad uno che non può vivere senza di esso, Loro 2, ma è su questo che Sorrentino costruisce, sul gioco di portici che nascondono e rivelano un personaggio mai reale. Perché in fondo è un film strabordante di irrealtà. Così poco storico da essere quasi onirico. Rilegato di personaggi mitologici, capaci a tal punto di sottolineare la propria cartonesca forma da lasciarci credere di essere noi ad immaginarli, noi solo a vederli. E forse è così. Forse l’unica realtà è la sua, quella di Lui avvolto dalle ombre; da Loro.

 

Alessandro Cavaggioni

Appassionato di storie e parole. Amo il Cinema, da solo e in compagnia, amo il silenzio dopo una proiezione e la confusione di parole che esplode da lì a poche ore.
Un paio d'anni fa ho plasmato un altro me, "Il Paroliere matto". Una realtà di Caos in cui mi tuffo ogni qual volta io voglia esprimere qualcosa, sempre con più domande che risposte. Uno pseudonimo divenuto anche canale YouTube e pagina instagram.

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