Con l’irruzione della digitalità nei contesti pubblici e privati della nostra quotidianità, i social network hanno avuto la possibilità di realizzare il loro dominio sulla dimensione sociale delle relazioni interpersonali. Rapidamente abbiamo visto cambiare le modalità del relazionarsi e altrettanto rapidamente la nostra capacità di intrattenere relazioni si è spostata dal piano della conversazione faccia a faccia a quello, oggi molto più diffuso, della condivisione dei pensieri e degli stati d’animo sui social.
L’universo sociale dei social network è diventato il veicolo della nostra volontà di esprimerci e di rappresentarci. Entrare in contatto con gli altri attraverso i social vuol dire innanzitutto preoccuparsi della risonanza della nostra immagine proiettata all’interno di un insieme di rappresentazioni, di noi e degli altri, dalle quali non si può più prescindere per sviluppare una relazione sociale. Si deve conoscere e visualizzare ciò che gli altri dicono e mostrano online per conoscerli ed avare un’idea di chi abbiamo di fronte, e poi decidere se istaurare un vero rapporto di socialità con loro oppure no.
Che cos’è il FOMO?
In questo contesto di socialità digitale si è sviluppato un fenomeno comportamentale ascrivibile a tale contesto: fear of missing out. L’espressione, meglio conosciuta come FOMO, è traducibile a grandi linee con “la paura di perdersi qualcosa di importante e di essere tagliati fuori”. Detto in modo semplice, il FOMO è un fenomeno che ci spinge ad usare i nostri dispositivi elettronici per controllare sempre lo stato delle nostre relazioni social, per timore di perderci qualcosa di importante e di essere esclusi dal mondo.
Ovviamente, vuoi per le peculiarità caratteristiche della loro età, impregnate di desiderio di riconoscimento e di affermazione, vuoi per il fatto di essere nativi digitali, il fenomeno del FOMO è diffuso soprattutto nell’età adolescenziale. Quella degli adolescenti di oggi è un tipo di aggregazione sociale fondata in modo smisurato sull’utilizzo dei social e dei dispositivi di interconnessione socio-digitale, al punto che la socialità non può più prescindere da tali mezzi, nati proprio per incrementare e modificare l’assetto della relazionalità sociale. Senza la presenza sulle piattaforme digitali la persona tende a cadere nell’invisibilità, al pari di quei gruppi sociali emarginati e dimenticati dall’assetto societario odierno.
Quella del FOMO è, quindi, un tipo di ansia che sottintende una preoccupazione dell’emarginazione o dell’invisibilità.
Visibilità come fondamento sociale
A partire dagli anni ’80 del secolo scorso, si è sviluppata una forma etica, un particolare approccio alla morale che vede nell’invisibilità il nemico principale da sconfiggere per la libera espressione di ogni individuo: l’etica della cura. Questo approccio alla morale si fonda sull’aderenza alla relazionalità, sul restare sulle relazioni interpersonali per come esse sono. Dall’attenzione alle diverse forme di rapporti emerge che esistono nel panorama sociale degli individui e dei gruppi sociali che non hanno possibilità di esprimere loro stessi e che restano quindi invisibili. Anche da questo timore dell’invisibilità sociale si sviluppano reazione psicologiche solo parzialmente consce.
Per evitare la paura “dell’essere tagliato fuori” quindi basterebbe mostrare la propria presenza nella vita sociale che abbiamo. Ma questo mostrare di esserci crea “l’ansia di esserci” per gli altri, di poter non essere considerati e quindi di ricadere nell’invisibilità. Se volessimo essere radicali e un po’ provocatori, diremmo che forse le vecchie relazioni sociali, quelle che erano concepite in base all’affetto e al pensiero dell’altro anche qualora non fosse presente, sono decadute in questa deriva della relazionalità sociale per cui ci sei e sei visibile solo se sei presente e ti rendi tale continuamente, per non perderti niente ed essere costantemente in grado di mostrarti.
La parola d’ordine della nuova relazione sociale è facile: mostrati. La mancanza e l’assenza sono avvertite come non affermazioni dell’io e della propria presenza, e quindi, per estensione, della propria esistenza.
Il timore dell’oblio e dell’invisibilità sono al centro del fenomeno del FOMO, una pratica psicologica che riflette la socialità che muta e va verso una deriva per la quale o si è sempre presenti o non lo si è più né lo si è mai stati. Tutto ciò riflette la considerazione della dimensione sociale che abbiamo maturato in questi anni, fatta di scambi con sconosciuti sui social, che proprio per la loro precarietà nelle nostra sfera affettiva, sono sempre sostituibili con chiunque sia in grado di mostrarsi ed essere presente a un confronto.
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È evidente che l’elemento di distrazione dato dal FOMO, per cui non riusciamo più a goderci il momento che stiamo vivendo per paura di essere dimenticati altrove, rivela un‘ansia psicologica di ubiquità, il desiderio di essere presente ovunque e a più livelli. Questa aspirazione ansiogena di essere presente in modo stratificato è resa possibile dalla nuova conformazione che ha assunto la nostra esistenza, fatta sia della vita offline (la vecchia esistenza, che esisteva anche prima) che dalla vita online (quella della nostra presenza sui social e sulle piattaforme digitali), modalità della vita vissute in sempre crescente contemporaneitá nella quotidianità di ognuno.