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«Il caso Jekyll»: luci, ombre e il doppio che divide

Tra specchi e velature, il dottor Jekyll e il suo alter ego Hyde rivivono sul palco, in un allestimento che fa da cornice al conflitto tra bene e male nell'adattamento di Rubini del classico di Stevenson.

2 minuti di lettura

Tratto dal celebre romanzo (quasi) omonimo di Robert Louis Stevenson, Il caso Jekyll presenta al pubblico i lati oscuri della psiche umana, stimolando riflessioni che superano ogni condivisibile condanna. Con adattamento di Carla Cavalluzzi e Sergio Rubini – quest’ultimo ne è anche il regista -, lo spettacolo è andato in scena dal 16 al 19 gennaio al Teatro Sociale di Trento.

Il caso Jekyll
fonte: Teatro Stabile di Bolzano

La fedeltà al romanzo

Il caso Jekyll portato in scena da Rubini ricalca in tutto e per tutto il celebre romanzo di Stevenson. Protagonista è il mite professor Henry Jekyll, stimato studioso della mente di fine Ottocento. Suo alter ego e coprotagonista è Edward Hyde che, come si scopre durante la narrazione, altri non è che la parte oscura e maligna di Jekyll, la sua “ombra”, come la definisce lui stesso. Dopo un lungo e impegnativo studio dei disturbi psichici dei propri pazienti, quello che il dottor Jekyll individua e analizza è ciò che pochi anni più tardi verrà chiamato inconscio dagli studiosi di psicanalisi. E l’inconscio, l’ombra è ciò che poi decreterà la fine infelice del dottore: il lato malvagio che ognuno di noi cerca di nascondere agli altri ma che, lascia intendere, non può rimanere completamente celato e represso.

fonte: Teatro Stabile di Bolzano

«È tutta la vita che mi sento chiuso in gabbia», afferma Hyde presentandosi, ma «la ragionevolezza delle mie motivazioni ha avuto la meglio» e gli ha permesso di uscire. Incuriosito, infatti, da questa duplice natura umana, nel suo caso quasi ossimorica vista la sua natura docile e il sadismo compiaciuto che caratterizza invece Edward Hyde, il professor Jekyll lascia mano a mano sempre più spazio al suo lato oscuro, che finisce per dominarlo completamente costringendolo ad atti terribili. L’unica via di fuga per Jekyll si rivela l’omicidio di Hyde tramite il proprio suicidio.

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Luci e ombre su «Il caso Jekyll»

La scenografia de Il caso Jekyll si presenta ambivalente e ambigua come la storia stessa. Un edificio, fatto di piani rialzati celati da velature e specchi, si fa al bisogno interno ed esterno, in un sapiente e affascinante gioco di allestimento e trasformazione. Passaggi, compresenze di scene e dimensioni distanti presentano uno stile quasi cinematografico.

Il caso Jekyll
fonte: Teatro Stabile di Bolzano

Come il suo protagonista, tuttavia, la messa in scena presenta luci e ombre. L’ottimo lavoro scenografico e la bravura degli attori, infatti, non riescono del tutto a compensare la mancanza di profondità generale che Il caso Jekyll dimostra. L’intenzione di integrare e in qualche modo superare il manoscritto originale de Lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde (1886) con le teorie psicanalitiche elaborate agli inizi del ‘900 in particolare da Carl Gustav Jung e Sigmund Freud, purtroppo, non emerge efficacemente. Lo spettacolo, seppur coinvolgente, risulta didascalico e piatto rispetto al mondo della psiche, al tema del doppio e del bene-male che invece avrebbero potuto offrire letture e interpretazioni innovative.

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Rebecca Sivieri

Classe 1999. Nata e cresciuta nella mia amata Cremona, partita poi alla volta di Venezia per la laurea triennale in Arti Visive e Multimediali. Dato che soffro il mal di mare, per la Magistrale in Arte ho optato per Trento. Scrivere non è forse il mio mestiere, ma mi piace parlare agli altri di ciò che amo.

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