Inaugurata il 17 dicembre 2021 e visitabile sino al 18 aprile 2022, la nuova mostra del Mart di Rovereto (TN), Canova tra innocenza e peccato, celebra il bicentenario della morte di uno degli artisti più conosciuti e ammirati al mondo: Antonio Canova (1757-1822).
L’esposizione, curata da Beatrice Avanzi e Denis Isaia, riprende e porta avanti il filone di mostre, ideate dal presidente Vittorio Sgarbi, dedicate al dialogo tra antico e contemporaneo – come quelle passate con protagonisti Caravaggio, Raffaello, Botticelli.
Canova e il corpo: le contraddizioni dell’arte
Da protagonista, come suggerisce il titolo, Antonio Canova è messo in mostra mediante quattordici opere, tra cui otto gessi di alcune delle sculture più famose al mondo, come Amore e Psiche, Le Grazie e Venere italica. Ancora di più, tuttavia, il lavoro dell’artista sette-ottocentesco è apprezzabile mediante l’osservazione di quelle che sono state le sue influenze sul mondo dell’arte, dagli anni immediatamente a lui successivi, fino ad arrivare ai giorni nostri. Come il concept della mostra ben illustra, e come l’esposizione stessa suggerisce, anche nell’approccio artistico più lontano dall’ideale canoviano di bellezza, grazia, sensualità e perfezione, quando un artista tratta il tema del corpo, si rifà inevitabilmente al maestro di Possagno (TV).
Co-protagonista, forse ancora più centrale rispetto a Canova stesso, è però il corpo, esplorato mediante mezzi, visioni, medium totalmente differenti tra loro, nelle sue infinite sfaccettature. Idealizzato ed estetizzato, oppure mostrato nella sua bruttezza e stranezza, quale rivendicazione di un nuovo canone emergente che sovverta quello standardizzato e comunemente accettato, di irraggiungibile perfezione; il corpo in mostra provoca nel visitatore un inevitabile e a tratti inspiegabile senso di coinvolgimento ed estraneità all’esposizione stessa, provocando non solo la vista ma anche la mente e le emozioni.
Leggi anche:
«Amore e Psiche» di Canova: una favola nel marmo
È così che Canova tra innocenza e peccato si divide, mette in mostra un binomio antitetico insito nell’artista protagonista stesso, seppur celato, articolando il percorso in due macro-sezioni: gli artisti ispirati direttamente da Canova e coloro che invece si possono definire “anti-canovisti”, che hanno tradito l’ideale tradizionale ma che, proprio per questo, trovano senza difficoltà il proprio posto nell’esposizione. «In entrambi i casi, il corpo è icona».
La mostra «Canova tra innocenza e peccato» al Mart di Rovereto
Canova tra innocenza e peccato si dimostra da subito di forte impatto visivo e permette all’osservatore, pur mantenendosi nell’emisfero più tradizionale degli allestimenti, di cogliere ed elaborare spunti complessi e, seppur forse non innovativi, sicuramente interessanti.
Leggi anche:
Il futurista che non ti aspetti. Fortunato Depero al Mart
La mostra si snoda in cinque sezioni che permettono un confronto diretto tra le sculture protagoniste e le opere di artisti contemporanei ad esse in qualche modo legate. Nell’atrio antecedente l’esposizione, tre fotografie di Douglas Kirkland, raffiguranti il ballerino Roberto Bolle, ben anticipano e introducono al tema centrale del corpo e, più in generale, della corporeità. L’ingresso vero e proprio, che avviene in una stanza piuttosto piccola e dipinta di nero, è rappresentato da una grande struttura piramidale, ripresa inconfondibile del Monumento funebre a Maria Cristina d’Austria realizzato da Canova e inaugurato nel 1805. La piccola apertura lascia intravedere un grande spazio fortemente illuminato da luce naturale, quasi un passaggio a un’altra dimensione, e conduce a una sala con affaccio sul parco delle sculture del Mart. In mezzo alla sala, dalle pareti bianche, domina il gesso di Amore e Psiche stanti. Da qui iniziano a susseguirsi, con andamento sinusoidale, gli spazi tematici, che alternano sapientemente sculture e fotografie in un costante dialogo, principalmente formale.
È così che sculture e corpi di fine Settecento possono entrare in relazione, per conclusione diretta o opposta, con le fotografie di alcuni dei più importanti e impegnati fotografi del secolo scorso, come Robert Mapplethorpe o Helmut Newton. Ad accentuare ulteriormente questo confronto continuo, le fotografie, o addirittura gigantografie, che riportano a una monumentalità fotografica, in mostra sono nella quasi totalità esposte protette da un vetro che, impedendo una visione ottimale delle stesse, permette paradossalmente una comprensione ancora più profonda e d’impatto della mostra, riflettendo continuamente le sculture classiche e il corpo dell’osservatore, quasi come specchi, in un colpo d’occhio preciso e inaspettato.
Sostanzialmente monocromatica e strettamente legata al medium fotografico e a quello scultoreo, Canova tra innocenza e peccato si dimostra sorprendentemente ricca e varia grazie alla poetica singolare di ciascuno degli oltre cinquanta artisti esposti.
Molteplici punti di vista
I termini in antitesi del titolo della mostra Canova tra innocenza e peccato presentata al Mart introducono e accompagnano lo spettatore in un’esposizione che non fa che sottolineare i paradossi e le infinite sfaccettature che un oggetto, come una scultura, o un concetto, come l’arte stessa, possono acquisire legittimamente senza mai tradire la propria natura più intima. Cos’è la bellezza e quando un corpo può definirsi bello? Quanto può essere imperfetta la perfezione?
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!
Segui Frammenti Rivista anche su Facebook e Instagram, e iscriviti alla nostra newsletter!