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Vita e morte nella «Canestra di frutta» di Caravaggio

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Sorprende ed emoziona, la celeberrima Canestra di frutta di Caravaggio (1594-1598): un capolavoro diverso dalle opere più note dell’artista, e che può sembrare un’eccezione a chi conosce l’artista per i suoi ritratti cupi e i potenti chiaroscuri.

Caravaggio ha circa 25 anni quando dipinge la Canestra di frutta, evidentemente influenzato dalle correnti artistiche venete e lombarde, fondamentali nella definizione del suo stile. Commissionata dal cardinale Francesco Maria del Monte, ma acquisita poi dal Cardinale Borromeo, l’opera è oggi esposta nelle sale della Pinacoteca Ambrosiana di Milano.

«Canestra di frutta» di Caravaggio: analisi dell’opera

Tanto semplice quanto misteriosa, la Canestra di frutta di Caravaggio si ispira al soggetto della natura morta, riscrivendone i canoni e le regole. Su un pallido sfondo che non lascia intravedere alcun elemento realistico, Caravaggio appoggia, secondo un’inquadratura decentrata, un robusto cesto in vimini traboccante di frutta.

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Foglie secche, una mela bacata, gli acini ormai appassiti, le increspature sulla buccia del fico: la frutta del Caravaggio non è una composizione che riflette la perfezione di un ideale atemporale, ma racconta una storia: è testimone del tempo che passa e di una bellezza ormai sfiorita. Sporgendosi di qualche centimetro dal bordo di un immaginario davanzale, il cesto sembra in equilibrio, forse sul punto di cadere, instabile e sospeso, condizione di precarietà simile a quella umana.

Attraverso un apparentemente canonico esercizio di pittura di genere, Caravaggio è capace di riassumere in pochi tratti il dramma della caducità della vita sulla Terra, solo una breve stagione che lascia dietro di sé le vestigia di una vanitas effimera e spesso colma di rimpianti.

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Opera giovanile, anticipa la drammaticità della pittura del Caravaggio. L’incedere della morte incombe qui sul rigoglio della frutta, mentre l’uso iper-realistico della luce ne evidenzia le imperfezioni e i segni di cedimento. Una delle poche tele caravaggesche prive di personaggi, la Canestra di frutta è forse una delle opere più umane del pittore, che dal particolare di una scena quotidiana aspira all’universale, parlando indistintamente a tutti gli uomini.

Michelangelo Merisi detto Caravaggio, Canestra di frutta, 1594-1598. Olio su tela, 31×47 cm, Pinacoteca Ambrosiana di Milano – fonte: Wikimedia https://it.wikipedia.org/wiki/Canestra_di_frutta#/media/File:Canestra_di_frutta_(Caravaggio).jpg

A proposito di Caravaggio

Nato probabilmente a Milano nel 1571, Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, si formò dal 1584 fino al 1588 presso la bottega di Simone Peterzano, diretto allievo di Tiziano Vecellio. Perseguitato da una vita difficile e numerose peripezie, Caravaggio è stato un artista che ha sempre vissuto al confine, diviso tra commissioni prestigiose e una vita di periferia.

Probabilmente colpevole dell’omicidio di un rivale, l’artista lombardo condusse una vita perlopiù in fuga, dai processi, dai boia, dalle vendette, da Roma, a Malta, fino alla Sicilia, attraversando poi Napoli. Provato e malato di febbre alta, Caravaggio si spense a Porto Ercole (Grosseto) il 18 luglio 1610. Forse il più rissoso e ribelle tra gli artisti conosciuti, ha saputo conferire alle sue tele una dimensione spettrale e allo stesso tempo universale che, attraverso il racconto della violenza, affascina e stravolge il suo osservatore.  


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Valentina Cognini

Nata a Verona 24 anni fa, nostalgica e ancorata alle sue radici marchigiane, si è laureata in Conservazione dei beni culturali a Venezia. Tornata a Parigi per studiare Museologia all'Ecole du Louvre, si specializza in storia e conservazione del costume a New York. Fa la pace con il mondo quando va a cavallo e quando disquisisce con il suo cane.