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La malinconia mistica di Bielsa ai tempi del Marsiglia. www. repubblica.it

Calcio, amore e fede:
la band argentina
con un chiodo fisso

5 minuti di lettura

Senza stabilire una gerarchia, nel mondo contemporaneo esiste certamente una declinazione del concetto di amore che un tempo non esisteva: ovvero quel sentimento che si prova per la propria squadra del cuore. Nick Hornby ha provato a spiegarlo in maniera magistrale in Febbre a 90, vera e propria opera cult per ogni tifoso che si rispetti.

Chi invece non ha cercato di spiegare nulla, ma solamente mostrare il pieno significato di questo sentimento, è una band musicale argentina, precisamente di Rosario. Loro sono El crotto del parque e nella loro carriera hanno inciso tre album (più vari pezzi sciolti), le cui canzoni ruotano intorno a un grande tema: il Newell’s Old Boys, squadra di cui, ovviamente, si professano fedeli. Osservati la prima volta appaiono come la classica band punk-rock abbastanza mediocre, o comunque il cui treno per la fama e la ricchezza non si è mai palesato davanti (o peggio, non sono stati capaci di coglierlo al volo). Musicalmente i loro pezzi sono spesso delle cover di altre band latino-americane alle quali loro modificano il testo. Ciò che li differenzia dai restanti migliaia di gruppi musicali nel mondo, è che cantano sempre e soltanto, in maniera ossessiva e ripetitiva, del Newell’s Old Boys.

El Crotto del Parque. www. ElRojinegro.com
El Crotto del Parque.
www. ElRojinegro.com

Sinceramente non sappiamo cosa facciano i componenti della band oltre a cantare. Può anche darsi che la musica non costituisca il loro lavoro, ma una semplice passione. Di certo, comunque, tale passione è inferiore al proprio amore per il pallone e per il Newell’s. Il parlare in continuazione della propria squadra del cuore è il sintomo principale di ogni malato, ossessionato di calcio.

Nelle canzoni El crotto parla apertamente di enfermedad (malattia), e soprattutto dell’assoluta e incontestabile voglia di non guarire. La lepra, storico soprannome e simbolo della squadra, rappresenta l’epicentro intorno al quale ruota l’esistenza della band e certamente anche la vita dei loro componenti al di fuori del contesto musicale. Nick Hornby, che in Febbre a 90 appare come un individuo ossessionato totalmente dall’Arsenal, in epoca successiva ha firmato altri romanzi eccezionali, intelligenti, ironici in cui il mondo del calcio non viene mai nominato. Chiedere questo a El crotto del parque risulta pressoché impossibile. Loro sono nati per dedicare la propria vita al Newell’s Old Boys, non esiste altro al di fuori dell’universo rojinegro.

La curva del Newell's Old Boys. www. pinterest.com
La curva del Newell’s Old Boys.
www. pinterest.com

C’è una frase contenuta in uno dei loro pezzi del repertorio in cui vengono mostrati un paio di punti salienti del rapporto d’amore tra un individuo e la propria squadra del cuore. El Crotto canta «de nuevo juntos nos dos», di nuovo insieme noi due; qui è presente l’idea per cui il legame sia bilaterale quando, razionalmente, alla propria squadra del cuore certamente non può interessare l’amore di un tifoso. Ciò semplicemente perché una squadra di calcio non è una persona, nemmeno un animale o qualsiasi altro essere vivente. Non può provare empatia, il rapporto d’amore è fra un individuo consapevole e un’entità astratta: ciò mostra tutta l’irrazionalità e allo stesso tempo l’eccezionalità di questa relazione amorosa. Perché invece hanno bisogno di dire “di nuovo”? Semplice: il legame è eterno ma deve necessariamente essere rafforzato e confermato all’inizio di ogni stagione, perché esiste un periodo all’interno dell’anno in cui il tifoso e la squadra non vengono in contatto, poiché quest’ultima non scende in campo a giocare le partite. Può sembrare una sciocchezza, ma questa certezza di una continuità e ripetitività all’interno di una storia d’amore non è comune nelle relazioni tra esseri umani.

Davvero è eterno questo legame? El Crotto lo descrive così, «una pasion sin final».  È opinione comune che si possa cambiare tutto della propria vita, ideali, religione, amici, fede politica, ma mai e poi mai la propria squadra del cuore. Nulla di più vero. Il tifoso, come scrive Eduardo Galeano, partecipa tutte le settimane a una messa pagana, in cui lo stadio è la reincarnazione del tempio adito alle preghiere, le maledizioni, le imprecazioni dei credenti/tifosi. Fede e calcio. El Crotto descrive stupendamente questo rituale il quale si svolge nel suo giorno sacro che, tra l’altro, è lo stesso della religione cattolica: el dia domingo. Il tifoso deve partecipare attivamente alla celebrazione, per questo utilizza sempre la prima persona plurale (es. oggi abbiamo vinto, abbiamo perso, abbiamo giocato male). El Crotto, e quelli come loro, vogliono stare vicini alla propria amata, condividere con la propria squadra le gioie e le delusioni, come ogni storia d’amore che può definirsi tale. Al termine della messa, la folla di fedeli può rientrare a casa, tanto ogni innamorato tornerà a vedere la propria donna soltanto una settimana più tardi.

Tutte le religioni devono avere una figura di riferimento. Nel calcio, come si è solito dire, certamente si tifa principalmente per la maglia, poiché rappresenta il legame eterno e indissolubile, mentre i calciatori e gli allenatori (specialmente in questo secolo) sono sempre più passeggeri. Però, ogni tifoso, volente o nolente, finisce per identificarsi con un idolo. L’uomo più amato dai ragazzi de El Crotto e da tutto l’universo del Newell’s non è Lionel Messi, nonostante la pulga abbia cominciato a muovere i primi passi proprio qui; ma avendo preso a soli undici anni un aereo per Barcellona, ciò non permette ai tifosi rojinegro di accoglierlo totalmente come uno di loro. Oltretutto Messi non può diventare l’idolo di un gruppo così passionale e sentimentale perché lui sa emozionare, ma non sa emozionarsi. O perlomeno non riesce a trasmettere questa sensazione. La figura religiosa per El Crotto deve essere un Dioniso contemporaneo, un folle, un loco.

Anzi, el loco.

La malinconia mistica di Bielsa ai tempi del Marsiglia. www. repubblica.it
La malinconia mistica di Bielsa ai tempi del Marsiglia.
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Marcelo Bielsa è stato prima giocatore e poi allenatore del Newell’s; una certa importanza oggettiva all’interno della prima squadra di Rosario l’ha avuta, dato che lo stadio che un tempo si chiamava Coloso del Parque, adesso ha cambiato nome in Estadio Marcelo Bielsa (sì, in Sudamerica si può dedicare un monumento ad un personaggio ancora in vita). El Crotto ha dedicato a Bielsa un paio di canzoni, la più struggente e romantica è El grido sagrado; più che un pezzo musicale è un vero e proprio inno religioso al profeta, al quale a distanza di tanti anni gli si implora di ritornare. Ciò è enunciato perfettamente nel ritornello.

«Loco divino donde estas?»  Dove si trova in questo momento Marcelo? El Crotto sa benissimo che è a insegnare calcio in qualche altra parte del mondo; ma ai ragazzi della band questo non interessa, loro vogliono che il santone religioso torni a casa. Inciso: non pensate che il termine divino sia casuale, vero?

«Yo sè muy bien que al Parque vas a regresar» El Crotto insiste ad alimentare la magnanima illusione per cui prima o poi el loco tornerà a sedersi sulla panchina della sua squadra del cuore, dopo tanto vagabondare lontano da casa. Continuano a coltivare questa speranza che appare come una certezza; non si sa quando, ma prima o poi farà ritorno.

«Toda tu gente espera por vos (para que vuelvas)» gli uomini possono davvero relazionarsi con una divinità lontana? Difficile da dire, poiché non si possono avere risposte: tocca esperar, aspettare. Vieni Marcelo, hai già visto tanto dell’Europa e del mondo e non sempre ti è piaciuto; torna qui dal tuo popolo che ti è rimasto devoto lungo tutti questi anni, senza aver mai perso la speranza né la fede.

Noi non sappiamo se Marcelo Bielsa, in arte el loco, nato a Rosario il 21 luglio 1955 prima o poi tornerà nella sua città natale, chiudendo quel cerchio mistico invocato da El Crotto del Parque. Noi romantici però ovviamente continuiamo a sperarci; anche solamente per vedere questi folli ragazzi finalmente felici.

 

 

 

Giacomo Van Westerhout

Classe 1992, possiedo una laurea magistrale in ambito umanistico. Maniaco di qualsiasi cosa graviti intorno allo sport e al calcio in particolare, nonostante da sportivo praticante abbia ottenuto sempre pessimi risultati. Ho un debole per i liquori all'anice mediterranei, passione che forse può fornire una spiegazione alle mie orribili prestazioni sportive.

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