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Breve storia del museo: dalla Camera delle meraviglie al Supermuseo (pt.1)

Istituzione a volte controversa eppure irrinunciabile del mondo dell'arte: qual è l'origine del museo?

8 minuti di lettura

La storia della nascita del museo come lo conosciamo oggi è una storia lunga eppure relativamente recente. La concezione stessa dell’istituzione museale ha visto nel suo arco di vita numerosi mutamenti, a volte radicali. Dalle prime idee di luoghi in cui raccogliere oggetti curiosi per il proprio piacere, si è sviluppata in qualche decennio la volontà intrinseca, probabilmente spinta da un moto di orgoglio, a mostrare a un pubblico queste raccolte, mano a mano sempre più organizzate e riconosciute. Ecco allora una breve – o forse non così breve, dato che sarà divisa in due parti – storia della nascita del museo, istituzione a volte controversa eppure irrinunciabile del mondo della cultura.

Il museo rinascimentale

Le primissime scintille che hanno acceso la storia del collezionismo, e quindi la storia dei musei, risiedono nei corredi funebri dell’antichità, anzitutto del mondo egizio, messo poi a confronto con le grandi tombe di dignitari e imperatori della Cina antica. Questi non sono spazi pensati per una fruizione, erano collezioni dedicate esclusivamente all’anima del morto, ma sono significativi perché contengono già in sé una duplice funzione: quella retrospettiva, quindi l’idea di celebrare, ricordare, mantenere viva la memoria di ciò che quegli oggetti documentano, in questo caso dei defunti; quella prospettiva, cioè queste stesse collezioni di oggetti contribuiscono a costruire la fama delle persone ricordate e a manipolare la loro memoria collettiva.

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Il momento in cui il museo inizia però a definirsi nei termini in cui lo pensiamo oggi è un momento fondativo della cultura europea e occidentale, ovvero la prima età moderna, anche conosciuta come Rinascimento. Il prototipo del museo contemporaneo è uno spazio come quello descritto in un’opera di Vittore Carpaccio (Sant’Agostino nello studio), cioè quello dello studiolo. Questo è uno spazio raccolto, progettato sull’idea dello studium antico, pensato per radunare oggetti, curiosità ed esemplari di un mondo che si vuole studiare ed esplorare, mettendoli in dialogo con le fonti bibliografiche che ne consentono la comprensione. Questo quindi è il momento in cui iniziano a formarsi, nell’età moderna, le prime collezioni private e in cui si iniziano a concepire spazi appositamente disegnati per la fruizione di tali oggetti.

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Vittore Carpaccio, Sant’Agostino nello studio (1502, Venezia, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni). Fonte: Wikipedia

Ma il Rinascimento è anche il momento in cui nascono le prime collezioni pubbliche. Nel 1471 un episodio importantissimo dà vita a uno dei primi musei pubblici del mondo occidentale: i Musei Capitolini. È l’anno in cui papa Sisto IV dona alla cittadinanza di Roma alcuni bronzi che facevano parte delle collezioni papali. Erano bronzi rappresentativi dell’identità civica di Roma stessa, perciò restituiti al popolo romano ed esibiti negli spazi pubblici del Palazzo dei Conservatori. Si tratta della Lupa Capitolina, lo Spinario e dei frammenti del colosso bronzeo della statua di Costantino.

La casa museo di Paolo Giovio a Borgovico è un altro esempio fondamentale, anche se la casa non esiste più e si conosce soltanto attraverso fonti visive. Questa, infatti, è il primo caso in cui assistiamo alla rinascita del termine museo. “Museion” era un termine elaborato nell’Alessandria ellenistica per definire il luogo di elaborazione del sapere ispirato alle muse, associato alla grande biblioteca di Alessandria, e a sua volta ospitante una grande collezione di rarità naturalistiche e di specimen. Nel caso di Paolo Giovio l’idea era quella di creare un luogo composto da gallerie, logge, giardini, deputato alla celebrazione degli uomini illustri della storia antica e contemporanea. Una storia illustrata attraverso ritratti, circa 150, che Giovio aveva collezionato negli anni per poi trasferirli sulle rive del Lago di Como durante la costruzione di questo progetto architettonico tra il 1537 e il 1543. Si tratta di un progetto che mostra precisa intenzionalità nella costruzione di una narrazione storica e nel proporre una memoria.

La Wunderkammer (o Camera delle meraviglie)

I secoli a venire sono caratterizzati dal diffondersi di un’altra tipologia di spazio: la Camera di meraviglie e rarità (Wunderkammer), che progressivamente evolve, nel corso del XVII secolo, in direzione di tassonomie. Qui tutti gli aspetti del cosmo vengono rappresentati attraverso oggetti classificati in base alla loro natura e alle varie branche del sapere.

Disegno della Wunderkammer di Manfredo Settala, Milano (1666 ca). Fonte: wikipedia

Un episodio particolarmente notevole, e che rappresenta uno spartiacque nella storia dei musei occidentali, è quello dell’Ashmolean Museum, a Oxford. Una parte di queste collezioni raccolte da Elias Ashmole, mercante ed erudito dell’epoca, viene donata, nel 1683, all’Università di Oxford, che allestisce per essa un edificio intendendolo come uno spazio in cui alla presenza fisica della collezione deve sovrapporsi un avanzamento della sua conoscenza. Con l’Ashmolean, per la prima volta il museo diventa il luogo della ricerca, in cui la collezione è uno strumento di studio e che grazie alla presenza degli studiosi deve allargare le proprie prospettive. È anche il primo museo che si apre al pubblico attraverso la vendita di biglietti, istituendo un modello di finanziamento e di gestione che soprattutto nel mondo anglosassone diventerà popolare.

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In Italia, è il Museo Lapidario Maffeiano, nonostante le dimensioni ridotte dello spazio e della collezione, a rappresentare un crinale, perché è uno dei primissimi spazi espositivi concepiti per l’apertura al pubblico. La collezione è aperta al pubblico nel 1719, siamo quindi in un momento della cultura europea di proto-illuminismo. In realtà il Maffeiano è anticipatore della lingua architettonica che poi diventerà dominante nella seconda metà del secolo e poi nei primi decenni dell’Ottocento, ovvero quella del Neoclassicismo. Per questo è un episodio che fa da preludio al primo momento aureo della storia dell’architettura museale: l’età neoclassica.

Il museo neoclassico

Il museo neoclassico inizia con l’apertura del Museo Pio-Clementino, largamente pubblicizzata presso il pubblico europeo da una serie di incisioni. Questo è il riallestimento di un’area molto significativa e vasta dei Palazzi Vaticani, che per la prima volta si aprono al pubblico e riordinano, classificano e danno una collocazione stilistica, storica, documentaria ai pezzi di una delle più importanti collezioni di antichità del mondo europeo. È l’acquisizione da parte del papato dell’importantissima collezione Mattei, collezione di antichità, che porta alla conversione dei Palazzi Vaticani in museo. Questa trasformazione avviene sotto Clemente XIV tra il 1771 e il 1784, per poi essere proseguita da Pio VI.

Vincenzo Feoli, Veduta prospettica Vestibolo a croce greca (1790-95)

È un’operazione che interessa non solo il riordinamento della collezione, sistemata secondo i criteri di accessibilità e leggibilità, ma anche la costruzione di nuovi ambienti. Il più importante è probabilmente la rotonda. Il tema della rotonda, l’idea di uno spazio centrale che indirizzi i visitatori e faccia da cardine nella distribuzione del percorso dei musei, diventerà un topos dello spazio museale. Il riferimento è al monumento antico per antonomasia: il Pantheon. Si tratta di una grande sala circolare, scandita sul suo perimetro interno da un ordine architettonico e coronato da una grande cupola semisferica a lacunari. Il riferimento al Pantheon dà avvio a una stagione che alcuni storici della Museologia hanno definito come stagione del museo-tempio.

L’idea, quindi, di un museo che emuli l’antichità e offra uno spazio che si intoni con spirito storicista ai contenuti della collezione, dal Museo Pio-Clementino in Vaticano, si diffonde in tutta Europa. Un esempio è il Prado a Madrid, che viene fondato in realtà nel 1819, ma riutilizza un edificio progettato nel 1786 da un importante architetto del Neoclassicismo spagnolo, Juan de Villanueva, e originariamente pensato come museo di scienze medievali. La sovrapposizione tra musei di impianto scientifico e musei invece d’arte è un altro fenomeno, una confusione di genere che si osserva spessissimo alle origini della storia dei musei.

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Un caso che non va dimenticato, soprattutto per la risonanza che ha e per come diventa un modello di organizzazione delle collezioni pubbliche europee, è quello del Louvre, anche se in realtà il Louvre è un episodio meno significativo per quanto riguarda i progressi dell’architettura museale. Questo, infatti, riutilizza una struttura già esistente, quella del Palazzo Reale francese a Parigi. La corte francese si trasferisce a Versailles con Luigi XIV e, progressivamente, la collezione d’arte conservata nel palazzo parigino diventerà più aperta e fruibile, anche se in maniera sempre selettiva, normalmente destinata a intendenti, artisti, allievi dell’Accademia di Belle Arti di Parigi.

L’episodio del Louvre è significativo per la cultura museografica illuminista perché la sua effettiva apertura al pubblico diventa momento simbolico della Rivoluzione francese, della rivoluzione culturale che questo trauma storico porta nella società europea. Non è un caso che il Louvre venga inaugurato al pubblico come Musée Révolutionnaire il 10 agosto del 1793, a un anno dalla presa del palazzo delle Tuileries. La grande opera di riordinamento e classificazione avviene soprattutto negli anni successivi, quando il Musée Révolutionnaire diventa Musée National, e poi negli anni dell’Impero napoleonico. È il luogo in cui migrano, con un’impressionante velocità di spoliazione dei territori dell’Impero, le opere sottratte ai territori conquistati, che poi negli anni della Restaurazione verranno in buona parte restituite. Da Musée National diventa poi Musée Napoleon e vede la sua veste aderire al paradigma del museo-tempio.

Hubert Robert, La Grande Galerie du Louvre (1798)

Un altro episodio molto importante nella storia dei musei è l’altro grande museo nazionale, che nasce in Inghilterra: il British Museum. Nasce dalla donazione di una collezione privata di curiosità naturalistiche, quella di Sir Hans Sloane, che viene donata alla corona inglese a metà del ‘700. Si decide di trasformarla in un museo, che però è anche biblioteca e soprattutto luogo di studi, affermando inizialmente la propria vocazione scientifico-naturalistica. Oggi è invece il grande museo inglese di antichità. Tracce della vocazione iniziale sono evidenti nel fatto che ancora conserva un’importantissima collezione di grafica, che oggi si studia come insieme di prodotti artistici ma che in realtà arriva al British Museum in quanto documentazione di natura scientifica.

L’architettura museale anche dell’800 continua ad essere quella del Classicismo, dell’architettura delle accademie. Come nel caso della Gliptoteca di Monaco. Gli episodi di area tedesca sono molto rappresentativi anche per un altro fenomeno, che si osserva in questi decenni, ovvero di quanto l’istituzione di questi grandi musei vada di pari passo con lo sviluppo, una programmatica affermazione delle diverse identità nazionali che si stanno formando in Europa in quel momento.

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L’altro importantissimo episodio di architettura museale in area tedesca è quello dell’Altes Museum di Berlino. Era un edificio pubblico che doveva esporre le collezioni private reali. Nasce poco dopo rispetto alla Gliptoteca; la costruzione inizia nel 1824 e si conclude nel 1836. L’architetto della Berlino neoclassica, che diventa in quegli anni capitale dello Stato Prussiano, è Karl Friedrich Schinkel. L’Altes Museum ancora una volta si rifà a modelli ideali dell’architettura antica, non solo del mondo greco-romano. Non riprende, infatti, semplicemente un’idea templare, ma i riferimenti sono più precisi, c’è l’idea di trasformare Berlino in una sorta di nuova Atene. E il tipo architettonico inaugurato da questa architettura proprio quello di un grande porticato monumentale, aperto alla cittadinanza, una stoà.

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Altes Museum, Berlino

L’architettura museale in questi decenni è ancora parlante, mantiene una fortissima dimensione di rappresentazione e lo fa attraverso la lingua degli ordini architettonici, rispondendo a questa importante trasformazione culturale che caratterizza l’età illuminista, che è la creazione di una serie di nuove istituzioni. Queste devono cercare e trovare una propria traduzione in termini di architettura monumentale. Sono tutte istituzioni che traducono un nuovo culto della storia, che in età di perdita del centro sostituiscono le tradizionali istituzioni del mondo europeo, cioè sostanzialmente le istituzioni religiose (chiese) o politiche (palazzi del governo, del potere). Sono istituzioni pubbliche che si occupano dell’identità e della storia collettiva.

Continua nei prossimi giorni con la seconda parte dell’articolo per arrivare ai giorni nostri.

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Rebecca Sivieri

Classe 1999. Nata e cresciuta nella mia amata Cremona, partita poi alla volta di Venezia per la laurea triennale in Arti Visive e Multimediali. Dato che soffro il mal di mare, per la Magistrale in Arte ho optato per Trento. Scrivere non è forse il mio mestiere, ma mi piace parlare agli altri di ciò che amo.

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