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I brand sostenibili alla Milano Fashion Week

Sono (anche) quelli selezionati nello showroom etico e sostenibile di Friend of the Earth, dove si rispetta la natura e anche i diritti dei lavoratori. In scena una sfilata diversa dal solito ma di forte impatto.

3 minuti di lettura

Debutti, grandi ritorni, anniversari e sostenibilità. Sceglie queste 4 parole Sky per raccontare la settimana della moda di Milano che si è svolta dal 20 al 26 settembre. Non avrebbe potuto fare di meglio: questa MFW appena trascorsa traccia una linea tra vecchio e nuovo, archiviando l’esperienza dell’evento ibrido (digitale/presenza) pensato nel biennio 2020-2021 causa pandemia, e dando nuovo slancio al mondo della moda, che torna a riempire la città con eventi, manifestazioni e tanto glamour. Si parla di moda, e veramente forse per la prima volta si accendono i riflettori sul volto meno fashion di questo business: l’impatto ambientale che ha l’industria tessile, la seconda più impattante al mondo dopo quella del petrolio.

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E così, grandi ritorni come quello di Salvatore Ferragamo, importanti anniversari, come i 30 anni di Anteprima e i 70 di Moncler, si alternano ad eventi di più basso profilo targati green ma comunque in grado di attirare l’attenzione degli addetti ai lavori. Tra questi, l’apertura del secondo Showroom Etico e Sostenibile a Milano voluto da Friend of the Earth, costola della World Sustainability Organization. Negli spazi di Temakinho in via Boccaccio, a due passi dalla stazione Cadorna, lo showroom ha dato voce (e spazio) a 11 brand sostenibili, che hanno scelto di fare moda guardando anche all’ambiente e ai diritti.

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«La nostra organizzazione ha sede in Italia, ma opera in tutto il mondo: il nostro obiettivo principale è la conservazione degli ecosistemi – ci racconta Paolo Bray, fondatore e direttore della World Sustainability Organization. – Tutto parte da Friend of the Sea e dall’esperienza che ho maturato in progetti legati alla sostenibilità dei prodotti ittici. Questa ONG, esattamente come poi è accaduto con Friend of the Earth, permette di certificare i prodotti e le aziende che raggiungono determinati standard e rispettano e proteggono l’ambiente. Maturata l’esperienza con il mondo marino e quello dell’agricoltura, ho capito che la sostenibilità non può non abbracciare anche il settore della moda. E quindi eccoci qui».

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Quando i brand sono (davvero) sostenibili

Negli spazi di Temakinho, colosso della ristorazione super glam e sostenibile (certificato Friend of the Sea), i brand dello showroom hanno messo in mostra i loro capi più belli, dando vita anche ad una sfilata di moda. Diversa dal solito: perché contestualizzata, spiegata, raccontata come di rado avviene in eventi del genere. C’è chi punta sulle fibre naturali, chi sul riuso e recupero di scarti o rifiuti, chi tenta di ribaltare gli stereotipi sulle fibre sintetiche. Per molti di loro la produzione si concretizza abbattendo il consumo di energia e di acqua, come per Natural Cotton Color, brand brasiliano che è in grado di produrre con un consumo di acqua pari al – 87% rispetto a un prodotto simile dell’industria convenzionale.

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Tra gli espositori più interessanti c’è The Barn, un progetto italiano alle prime armi. La collezione è ispirata alla moda tennis anni Sessanta e tutti i materiali utilizzati sono organici e naturali, non tinti o tinti naturalmente. «Ad oggi più del 70% delle fibre finisce nelle discariche o incenerito» ci spiegano nel dietro le quinte. «Cercavamo un modo diverso di fare moda, in modo più consapevole». L’ingrediente segreto dietro ai capi è l’ortica, fibra quasi impensabile come applicabile agli indumenti eppure fresca, comoda e simile al lino.

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Dietro le quinte a sistemare i vestiti prima della sfilata c’è anche Paola Perdomo, designer colombiana alla sua prima MFW. «Disegno vestiti per tutti i tipi di donne – ci racconta – e ho iniziato prendendo spunto dalla mia bambina: volevo che si sentisse speciale». Colori sgargianti, corpetti e maxi dress caratterizzano la sua linea. Ci spiega che il taglio dei tessuti avviene orizzontalmente, il che lo rende utilizzabile al 98%. Il restante 2% viene devoluto a designer che ridanno vita ai rifiuti e li trasformano in nuovi indumenti. L’impiego dell’energia è efficace, come l’uso delle macchine: industriali, utilizzano energie rinnovabili che guardano all’ambiente, principalmente perché non emettono CO2.

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Una bellissima storia di riuso e riciclo è quella della svizzera Zoë Klose Fashion – SPORT. L’intera collezione sportiva è composta da rifiuti marini come rifiuti di nylon e reti fantasma. Il brand è nato nel periodo della pandemia, come molti altri simili.

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L’attenzione ai diritti dei lavoratori

Pilastro di Friend of the Earth è anche il rispetto dei diritti umani e dei diritti dei lavoratori. Una sensibilità che ci conquista. «Lavoriamo con agenzie di modelli e modelle che ne rispettano i diritti – commenta a Frammenti Paolo Bray. – Si parla troppo poco del mancato rispetto dei diritti di questi lavoratori, che in tanti casi sono costretti a condizioni di lavoro inaccettabili e in alcuni casi illegali. Noi rifiutiamo i modelli taglia zero, e anzi abbiamo dei servizi di supporto legale e psicologico per coloro che ne hanno bisogno».

La stessa etica ricade sui brand dello showroom: «Noi impieghiamo le madri capofamiglia» ci racconta Perdomo; il marchio brasiliano Raquel Grassi riunisce invece le donne artigiane in associazione, questo permette loro di avere un reddito più elevato.

Tutti brand dello showroom sono consultabili nel catalogo ufficiale. Le foto dell’articolo sono di Walter Cereja.

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Agnese Zappalà

Classe 1993. Ho studiato musica classica, storia e scienze politiche. Oggi sono giornalista pubblicista a Monza. Vicedirettrice di Frammenti Rivista. Aspirante Nora Ephron.

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