Born in the U.S.A. di Bruce Springsteen è uno dei brani più celebri e significativi della storia della musica rock. Pubblicata nel 1984, la canzone è considerata uno dei capolavori del Boss, anche se è molto di più di ciò che sembra. Spesso è percepita come un inno patriottico, ma invece contiene un messaggio ben più profondo e critico nei confronti dell’America, specialmente riguardo al destino dei veterani di guerra e delle persone dimenticate dalla società.
Born in the U.S.A. non è infatti una celebrazione dell’America, ma una riflessione amara sul significato di appartenenza e di patriottismo. In questo periodo di elezioni, può essere molto illuminante.
Una musica travolgente per un testo profondo
Uno degli aspetti più notevoli della discografia di Bruce Springsteen è la capacità che ha il cantante di combinare ritmi travolgenti a testi dal significato profondo e soprattutto vero. Born in the U.S.A. è tutta strutturata sul contrasto tra la musica e il testo. La canzone inizia con un riff di tastiera e una batteria energiche. I più anziani ricordano il Boss cantarla con forza e decisione, con la presenza scenica che tuttora lo contraddistingue. Questa apertura quasi “trionfale” che caratterizza molti suoi brani, ha contribuito a far percepire il brano come un inno positivo, ma il testo racconta una storia diversa.
Sin dalle prime parole, «Born down in a dead man’s town» Bruce Springsteen ci porta in una realtà ben precisa: il protagonista è nato in un “paese morto” perché è pieno di difficoltà e ha scarse opportunità. Una narrazione del tutto antitetica rispetto alla percezione del sogno americano che invece solitamente caratterizza il modo di raccontare l’America in alcune canzoni o film. Riguardo al modo in cui concepisce quel sogno, Bruce Springsteen disse durante un concerto:
La disillusione di un veterano
Un patriottismo deluso
La speranza in un cambiamento

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