Quando la Seconda guerra mondiale era ormai agli sgoccioli, in molti già fiutavano quale sarebbe stato il destino dell’umanità. Di certo non la pace: se da una parte l’URSS giganteggiava in Eurasia, dall’altra gli Stati Uniti uscivano dal conflitto orgogliosi e con il vanto di aver sdoganato l’uso dell’arma (forse) più spaventosa che l’umanità avesse mai conosciuto: la bomba atomica.
D’altro canto, sembrava impossibile che gli estremi di cattiveria umana a cui tutti avevano assistito potessero ripetersi, specialmente dopo così poco tempo. Gli ottimisti speravano che le due potenze sarebbero riuscite a convivere in modo più pacifico e meno spericolato (come sarebbe successo dopo troppo tempo, con la distensione a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta), e a indirizzare il mondo sulla via del progresso e dell’armonia. I più attenti avevano notato quanto inconciliabili fossero in quel momento le posizioni dei due grandi abbattitori dei nazismi.
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Da questa tensione derivò la situazione internazionale che chiamiamo Guerra fredda, che non vide mai Stati Uniti e URSS scontrarsi apertamente sul piano militare, ma li tenne stretti in una tensione quasi competitiva su ogni ambito, tesa anche a circondarsi di quanti più alleati possibile e danneggiare il rivale, con il fine ultimo di dimostrare che lo stile di vita statunitense o sovietico avrebbe sconfitto l’altro e coinvolto tutta l’umanità.
Assoluta protagonista di questo conflitto sotterraneo fu la bomba atomica, l’arma nuova di zecca usata dagli USA per sorpassare l’Unione Sovietica e salire sul posto più alto del podio dei vincitori della Seconda guerra mondiale, sganciandola su Hiroshima e Nagasaki (6 e 9 agosto 1945), prima che i Sovietici riuscissero a radunare le forze e invadere il Giappone, ponendo di fatto fine al conflitto da eroi e da protagonisti. La bomba era frutto di decenni di studi e test (culminati nella sperimentazione di Trinity, il 16 luglio 1945) con l’aiuto di scienziati che fino a pochi mesi prima progettavano i missili tedeschi.
L’URSS seguiva quasi a ruota, nonostante le iniziali difficoltà: nel 1941 un agente segreto in Gran Bretagna parlò della possibilità effettiva di costruire una bomba nucleare, e già nell’anno successivo gli scienziati sovietici riuscirono a sollecitare Stalin ad attivare quante più risorse possibili nella ricerca e nello spionaggio finalizzati alla realizzazione di una bomba all’uranio; il tutto mentre l’esercito tedesco si trovava a una manciata di chilometri da Mosca. Scacciato l’occupante, nell’agosto 1943 aprì il primo laboratorio sovietico di ricerca sulla bomba.
Ma gli Stati Uniti correvano veloci: alla fine del luglio 1945 il presidente Truman comunicò a Stalin che l’esperimento su un’arma straordinaria era riuscito, senza fare riferimenti espliciti al nucleare. Il dittatore sovietico ebbe la conferma di cosa si trattasse…