Le accuse di corruzione e le richieste di impeachment a carico del Presidente brasiliano Jair Bolsonaro si accumulano con il perdurare del suo mandato presidenziale. L’ultimo scandalo è legato all’ipotesi del suo coinvolgimento in affari illeciti nell’ambito della compravendita internazionale di vaccini. Un funzionario del ministero della salute, Luis Ricardo Miranda, ha infatti dichiarato di aver subito pressioni per il via libera all’acquisto di una partita di 20 milioni di vaccini indiani Covaxin a un prezzo molto elevato rispetto a quelli sul mercato. Pur essendo stato informato circa tre mesi fa della situazione, Bolsonaro non avrebbe agito per indagare sulla vicenda.
Questo il motivo per cui la Procura Generale della Repubblica del Brasile il 2 luglio ha aperto un’inchiesta in cui il Presidente viene indagato per prevaricazione, il reato che si configura quando un pubblico ufficiale viene informato di irregolarità ma ritarda la sua azione per far luce sulla questione. La prima fase delle indagini durerà novanta giorni e dovrà chiarire le eventuali responsabilità di Bolsonaro. Nel frattempo l’opposizione alla Camera proprio in questi giorni ha presentato una richiesta di super-impeachment in cui si ripropongono le decine di capi d’accusa emerse nelle altrettante richieste che si sono susseguite nei mesi scorsi per via della disastrosa gestione della pandemia, mai accolte dallo speaker della Camera suo alleato.
Bolsonaro e la non-gestione della pandemia
Il Presidente brasiliano è spesso stato definito da analisti e giornalisti come un «Trump dell’America latina»: le posizioni negazioniste e la malagestione della pandemia sono certamente alcuni dei tratti che accomunano i due conservatori. Molteplici sono le dichiarazioni di Bolsonaro che sminuiscono la portata dei danni prodotti dal Covid-19 e che manifestano l’assenza di volontà di occuparsi della più grande sfida che il mondo si trova ad affrontare oggi: «Mi dispiace per le morti, mi dispiace. Moriremo tutti un giorno» o ancora «E quindi? Mi dispiace. Ma che volete che faccia? Sono Messiah – il suo secondo nome – ma non faccio miracoli».
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Proprio per questi motivi un’inchiesta sull’inefficace azione del governo federale contro il Covid-19 era già stata aperta a fine marzo e si concentrava sui ritardi nell’ottenimento di forniture di vaccini, sul discredito delle basilari misure di contenimento, come l’utilizzo della mascherina e l’istituzione di lockdown da parte dei governatori dei singoli stati brasiliani, oppure ancora sulla promozione di metodi di contrasto al virus non supportati da evidenze scientifiche, come il presunto “farmaco” idrossiclorochina.
Le accuse parlavano di una «strategia istituzionale di diffusione del virus» basata sul perseguimento dell’immunità di gregge, modalità di affrontare la pandemia che si è ripetutamente dimostrata inefficace e che è stata ormai abbandonata da tempo anche da chi inizialmente la sosteneva. L’OMS ha definito il Brasile «una bomba a orologeria» e la proliferazione di varianti nel paese dovuta proprio all’assenza di misure di contrasto e contenimento rendono comprensibili le preoccupazioni di chi considera la situazione un pericolo a livello mondiale, oltre che una tragedia per i brasiliani – soprattutto i più poveri – che sono costretti a subire le conseguenze di un governo negligente.
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Il Paese ha superato il mezzo milione di morti per Coronavirus ed è il secondo al mondo (dopo gli USA) per numero di contagiati. Questo bilancio è stato contestato da Bolsonaro, il quale ha sostenuto che i dati fossero inesatti, che in realtà il numero dei morti fosse la metà e che, nonostante li avesse trasmessi alla stampa, i giornali non volessero diffondere i numeri corretti per ragioni ideologiche. L’inattendibilità di queste sue affermazioni è ampiamente riconosciuta da media e istituzioni.
Vaccini tra negligenza e strategia
Di certo c’è che per mesi, che sia nell’ambito di una strategia istituzionale di diffusione o di semplice negligenza, sono stati ritardati i piani di acquisto di vaccini. Proprio in uno stato che è tra i più all’avanguardia al mondo nell’organizzazione sanitaria di campagne vaccinali il fatto che ad oggi solo circa il 13% della popolazione sia stata completamente immunizzata suscita indignazione.
A sottolinearlo, come riporta la BBC, è per esempio la microbiologa brasiliana Natalia Pasternak: «Noi abbiamo un grande programma di immunizzazione, uno dei migliori al mondo. Se abbiamo le dosi sufficienti, noi sappiamo cosa fare, abbiamo le competenze e le strutture. Abbiamo solo bisogno dei vaccini». A tal proposito, a rendere l’idea della gravità della situazione è stata la notizia del rifiuto da parte del Presidente Bolsonaro di comprare 70.000 dosi di vaccino Pfizer offerte dalla casa farmaceutica nell’agosto 2020 perché «troppo costose», seppure la proposta fosse di 10$ l’una (attualmente sono vendute all’UE a 18.60$ e gli USA le pagavano 20$).
Al di là dei conti in tasca, la linea politica adottata dal Presidente, che ha spesso toccato il fondo del negazionismo, è la motivazione più plausibile del rifiuto di forniture di vaccini. Linea che però è recentemente cambiata: a marzo il governo brasiliano ha annunciato la volontà di acquistare 100 milioni di dosi Pfizer, 38 milioni di Johnson&Johnson e 13 milioni di Moderna. Il cambio di rotta, secondo gli analisti del Time, è stato probabilmente determinato dalla constatazione che dal punto di vista del consenso politico l’approccio negazionista non era più conveniente. In primis per il malcontento della popolazione stremata, Bolsonaro si è infatti accorto che i sondaggi hanno iniziato a darlo in grande calo proprio nel periodo in cui le campagne vaccinali degli altri paesi procedevano spedite, mentre quella brasiliana era in fase stagnante. Anche il progressivo venir meno del sostegno da parte degli influenti dirigenti industriali che lo avevano supportato nelle elezioni 2018 sembra aver preoccupato molto il Presidente. Pare che le lobby brasiliane si siano rese conto di come il non contenere la diffusione del virus fosse deleterio anche dal punto di vista economico. La posizione per cui le misure anticovid uccidono l’economia e quindi sono inapplicabili, seppur valida in alcuni casi, non si adatta a tutti i contesti: la realtà brasiliana dimostra che lasciar propagare il virus produce ancora più danni, anche per il mercato, rispetto alle misure restrittive. In secondo luogo, l’assoluzione e il ritorno nella scena politica dell’ex Presidente e principale rivale Lula Da Silva – già considerato favorito per le prossime elezioni del 2022 – ha messo Bolsonaro alle strette e gli ha imposto di fare i conti con la situazione di stremo in cui si trova la popolazione.
Previsioni
Le ombre sull’operato di Bolsonaro in relazione alla situazione pandemica, ma a dirla tutta anche riguardo a numerosi altri contesti – dai rapporti con le popolazioni indigene ai disastri ambientali in Amazzonia, passando per le posizioni retrograde riguardo ai diritti civili e all’atteggiamento nostalgico nei confronti della dittatura – sono molteplici. È improbabile però che i tempi della burocrazia brasiliana consentano l’apertura e la chiusura con una condanna di un impeachment che porti alla destituzione del presidente prima della scadenza del suo mandato nel 2022.
Nel frattempo, come si evolverà la situazione? Difficile a dirsi: nelle piazze le proteste aumentano, da fine maggio ad oggi sono state diverse le manifestazioni in tutto il Brasile – l’ondata di rivolte iniziata alla fine di maggio, quelle attorno alla metà di giugno e quelle di questi primi giorni di luglio, solo per dirne alcune – che hanno portato decine di migliaia di persone per le strade di diverse città brasiliane contro il presidente. Le bandiere sventolavano slogan come «Vattene Bolsonaro. Governo della fame e della disoccupazione» oppure «500mila morti. Ѐ colpa sua».
In questa drammatica situazione l’apertura di una nuova inchiesta legata a un presunto giro di tangenti come quella di questi giorni relativa allo scandalo Covaxin, tra l’altro contro un presidente eletto in un clima di spinta “anticorruzione” come Lava Jato, la Mani Pulite in versione latino americana, non potrà che rendere ancora più amari i bocconi che la popolazione brasiliana sarà probabilmente costretta a mandare giù fino alle elezioni 2022.
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