Cosa la soundtrack di «A Complete Unknown» può dirci su Bob Dylan (e non solo)

Dal folk al rock elettrico: un viaggio attraverso i testi e i significati delle canzoni più emblematiche del cantautore statunitense

6 minuti di lettura

È nelle sale A Complete Unknown, film incentrato sulla svolta elettrica di Bob Dylan, qui interpretato nei suoi vent’anni da Timothée Chalamet. La pellicola ha avuto un grande successo di pubblico e critica, fino a guadagnarsi ben 9 nomination agli Oscar, fra le quali quella come miglior film, per il miglior attore a Timothée Chalamet e una candidatura per il miglior attore non protagonista a Edward Norton (che interpreta il cantautore folk Pete Seeger).

Come si può chiaramente immaginare, oltre a essere un biopic, A Complete Unknown ripercorrendo un momento cruciale della vita di Bob Dylan è anche una storia di musica e di rivoluzione musicale. La colonna sonora è re-interpretata dallo stesso Timothée Chalamet che si è sforzato moltissimo per imitare l’accento e la tecnica “strascicata” di quello che è ad oggi l’unico cantautore ad aver vinto il Premio Nobel per la Letteratura. Le canzoni sono quindi inevitabilmente protagoniste della vicenda raccontata, individuiamo alcuni campi semantici che ci consentono di conoscere qualcosa del complicato lavoro di Bob Dylan.

Essere “dylaniani”: le canzoni di protesta

Francesco Guccini, una volta disse: «Eravamo dylaniani fino al midollo, fu lui, non Marcuse, a farci scoprire la contestazione studentesca e la canzone di protesta», riferendosi all’influenza che Bob Dylan ebbe sui cantautori italiani. È bene ricordare, infatti, che come tutto il mondo anche l’Italia ha un debito fondamentale nei confronti dell’autore di Blowin’ in the Wind. Pensiamo a tutte le fortunate traduzioni (alcune maldestre come quelle di Mogol, altre geniali come quelle di Francesco De Gregori) dei suoi brani che sono state fatte. Pensiamo all’enorme debito che il più dylaniano di tutti ha nei suoi confronti: Francesco De Gregori.

Non è il luogo per discutere di questo splendido connubio tra artisti, quanto per comprendere come la potenza della parola e del folk abbia trovato in Dylan per molto tempo un portavoce fondamentale. Attraverso le canzoni scelte per essere re-interpretate nel film si può ricostruire questa storia anche partendo proprio da una delle più amate: Blowin’ in the Wind. A una canzone in questo caso accade quello che succede nella letteratura, diventa un classico imprescindibile, per il forte contenuto pacifista, per la semplicità con cui racconta una realtà complessa e per la filosofia che pone dietro a ogni sua impeccabile domanda retorica (la cui risposta si trova “soffiando nel vento”). Tuttavia, proprio come alcuni classici di dominio pubblico, è spesso frainteso dal pensiero alimentato da “luoghi comuni”:

il pensiero, cioè, che questa risposta “soffiata” […] nel vento sia in altre parole una risposta impossibile da trovare. Su questo titolo tante volte Dylan è stato interrogato e non ha mai affermato che la sua metafora riguardasse qualcosa di irraggiungibile, bensì avesse un significato del tutto ottimistico: la risposta un giorno arriverà. […] Come spiegò lo stesso Dylan: “Ma l’unico problema è che nessuno raccoglie la risposta quando scende giù dal cielo quindi non tanti la vedranno e la conosceranno; e allora volerà via. Ripeto ancora che alcuni dei più grandi criminali sono quelli che girano la testa dall’altra parte quando vedono qualcosa di sbagliato sapendo che è sbagliato. Io ho solo 21 anni e so che ce ne sono tanti… Voi che avete più di 21 anni, voi siete più vecchi e smaliziati”. 

Da “La fedeltà disattesa” di Silvia Argento

Nell’album successivo, The Times They Are a-Changin‘, la title track è un inno al cambiamento, e sarà ancora più formalmente un brano di protesta; mentre tutto l’album è caratterizzato da risposte che “soffiano nel vento”: Dylan si interroga, ma non ha soluzioni. 

Mr. Tambourine Man e i motivi onirici

Bob Dylan aveva appena 24 anni quando scrisse Mr. Tambourine Man, un altro dei suoi capolavori. Anche questa ha un significato molto complesso:

Racconta di un senza tetto che chiede a un tamburino di suonargli una canzone prima che giunga il mattino. A causa del passaggio del testo Take me on a trip upon your magic swirlin’ ship, my senses have been stripped, my hands can’t feel to grip (ovvero portami in viaggio sulla tua nave magica ondeggiante, i miei sensi sono spogliati, le mie mani non sentono la presa) e al fatto che “tambourine” nello slang statunitense indica lo spacciatore, il brano fu al centro di varie polemiche in quanto si pensò a lungo si riferisse alla droga, Bob Dylan ha sempre smentito.

Da “La fedeltà disattesa” di Silvia Argento

Meno ancorata alla realtà della precedente, questa canzone è un viaggio onirico ispirato ai poeti maledetti. Sono tante le canzoni di Dylan che hanno queste atmosfere, come la famosissima Desolation Row, non presente nel film ma amatissima, già tradotta da Fabrizio De André insieme con Francesco De Gregori (e successivamente ritradotta dallo stesso). Un elemento fondamentale che emerge anche da altri testi che vedremo è il “flusso di coscienza” presente in molte canzoni del cantautore, unito a questa costante atmosfera esotica e trasognata.

Le dediche: Song to Woody, It Ain’t Me Baby, Don’t Think Twice, It’s All Right

Protesta, sogno, flusso di coscienza. Oltre a questo, Bob Dylan ha messo tanto della sua vita e delle persone che ha incontrato nelle sue canzoni. Nella soundtrack di A Complete Unknown spiccano alcuni brani, come il primo in assoluto che Timothée Chalamet esegue: Song to Woody. La vicenda inizia (nel film, ma anche nella vera vita di Dylan) con il cantante che va a trovare Woody Guthrie ricoverato in ospedale. Guthrie è stato un’ispirazione fondamentale per il cantautore: autore di blues parlati di protesta, ha ispirato tantissimi artisti.

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Song to Woody non è stata eseguita dentro l’ospedale per la prima volta come racconta il film per ragioni cinematografiche, ma posto questo è un tassello fondamentale per la sua storia. Canzone, infatti, estremamente autobiografica per Dylan in quanto ripercorre gli artisti che lo hanno influenzato, è una sorta di lettera d’amore per il folk.

Ma a proposito di amore, sono due le canzoni che segnano sempre con autobiografismo la storia d’amore di Bob Dylan con Suze Rotolo (nel film indicata con uno pseudonimo): It Ain’t Me Baby e Don’t Think Twice, It’s All Right. Certo parliamo sempre di congetture, specie per la prima. È un brano molto onesto e intenso dove in sostanza il narratore spiega a una ragazza il motivo per cui non è lui l’uomo della sua vita. Nello stesso album si trova una più esplicita Ballad In Plain D, comunque meno conosciuta.

Don’t Think Twice, It’s All Right è stata scritta quando Suze (come si vede anche nel film) parte per l’Italia e contiene l’amara consapevolezza che la storia d’amore sia finita o almeno così sembra. Al di là delle congetture e dei fatti reali o meno dietro la composizione di questo brano, il punto ancora una volta sono i testi: dal particolare Bob Dylan va al generale costruendo con straordinaria semplicità (anche musicale, basta una chitarra e la sua voce) storie intense e in cui tutti possono riconoscersi.

Like a complete unknown fino alla svolta elettrica

Il titolo del film è A complete unknown perché ricalca una frase presente in un altro capolavoro di Bob Dylan: Like a Rolling Stone. È una canzone fondamentale per capire il film e per capire lo spirito rivoluzionario, anche nella musica, del cantautore. Rappresenta la svolta della sua carriera in quanto è uno dei primi lavori divenuti celebri dove coniuga folk e rock, non esiste solamente la sua chitarra ma un’intera band e gli strumenti elettrici (che aveva “rinnegato” per convertirsi al folk in gioventù) sono i veri protagonisti. Come si evince dalla pellicola, in questo periodo il cantautore si sente cucito addosso un ambito che non è più il suo, quello di profeta del folk, e vuole sperimentare cose nuove.

Like a Rolling Stone, quindi, parla proprio di questo: della solitudine che deriva da questa decisione presa da Bob Dylan, della sua rabbia e di come si sente. È un dialogo aperto con l’ascoltatore e con sé stesso, destinato a divenire eterno in quanto sintomo di quello smarrimento che tutti prima o poi attraversiamo.

Il colpo di batteria sul terzo tempo di battuta che apre Like a Rolling Stone spalanca uno spazio prospettico, rinascimentale ed eroico, di cui è la musica stessa a disporre le coordinate. […] Con Sara Lowndes, che sposerà in segreto il 22 novembre 1965, Dylan affitta una casa a Woodstock dove scrive di getto una poesia senza titolo, “quasi un attacco di vomito”, come dirà poi […]. Di lì a poco questa visione seriamente dantesca di anime dannate a nuotare in un mare di fuoco prende una forma, una metrica e un ritmo, e diviene Like a Rolling Stone.

Da “La voce di Bob Dylan” di Alessandro Carrera

Sono tanti altri i brani importanti della carriera di questo Premio Nobel, ri-eseguiti nel film A Complete Unknown, ma già da queste pillole di musica è possibile comprendere la grandezza delle canzoni che possono dirci tantissimo su Bob Dylan e anche su di noi.



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Silvia Argento

Nata ad Agrigento nel 1997, ha conseguito una laurea triennale in Lettere Moderne, una magistrale in Filologia Moderna e Italianistica e una seconda magistrale in Editoria e scrittura con lode. È docente di letteratura italiana e latina, scrittrice e redattrice per vari siti di divulgazione culturale e critica musicale. È autrice di due saggi dal titolo "Dietro lo specchio, Oscar Wilde e l'estetica del quotidiano" e "La fedeltà disattesa" e della raccolta di racconti "Dipinti, brevi storie di fragilità"

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