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«Il barone rampante» a teatro, fra luci ed ombre

Da un albero al palcoscenico. Al Piccolo Teatro di Milano lo spettacolo di Riccardo Frati, tratto dall'omonimo romanzo di Italo Calvino, conquista e affascina

3 minuti di lettura

L’avventura del barone rampante al Piccolo Teatro è iniziata il 27 settembre e andrà avanti fino all’8 ottobre. Aprendo le porte di una nuova stagione teatrale che si preannuncia fitta di interessanti appuntamenti, Il barone rampante conquista il pubblico di tutte le età ed affascina lo spettatore attraverso le quasi tre ore di messa in scena senza appesantire. Al contrario, porta sul palco una continua magnificenza tra macchinari, effetti visivi e recitazione magistrale.

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«Il barone rampante», dalla carta al teatro

La storia di Cosimo Piovasco di Rondò non nasce come una drammaturgia: come ben sappiamo, è venuta alla luce grazie alla penna di Italo Calvino e pubblicata nel 1957. L’opera originale si tramanda bene sul palco, grazie alla sceneggiatura composta dal regista stesso, Riccardo Frati. La drammaturgia – come sottolineato anche da Frati – rimane fedele alle parole di Calvino: gli attori recitano ma anche narrano ciò che avviene, ricalcando citazioni dell’opera originaria. Questo aiuta il ritmo delle scene, che non stancano data la lunghezza dello spettacolo, ma che intrattengono e sperimentano.

L’inframmezzarsi fra narrazione e dialogo permette anche uno studio del personaggio più intenso, che arriva immediatamente allo spettatore dal personaggio stesso, rompendo la quarta parete. Modernizzando, potremmo vedere i personaggi di questo Barone rampante molto simili alla serie tv Fleabag (2016). Parlano e commentano, senza spiegare troppo. Un modo di comunicare che funziona e che rende lo spettacolo dinamico.

il barone rampante
©Masiar Pasquali, dal sito del Piccolo Teatro

Un racconto fraterno

La storia è scolpita nella nostra memoria: il giovane baronetto Cosimo (Matteo Cecchi) decide di rendersi indipendente dalla propria famiglia e andare a vivere sugli alberi. Il fratello minore Biagio (Leonardo de Colle) ci racconta le sue avventure e i suoi drammi, accompagnandoci passo passo lunga tutta la vita di Cosimo. I due rispecchiano benissimo le dinamiche fra fratelli, tanto che nell’opera originale, Biagio era ispirato al fratello più piccolo di Calvino. Anche sul palco, gli attori riescono a portare in scena quell’incontro-scontro che determina gran parte delle relazioni fraterne. Una nota di indipendenza dall’altro, ma una sfumatura di bisogno verso l’altro. Cosimo avvicina Biagio, l’unico della famiglia con cui ancora conversa amabilmente, ma non lo lascia entrare nella sua vita sugli alberi. Biagio, d’altro canto, osserva Cosimo da lontano, senza seguirlo o senza riportarlo indietro, ma aiutandolo qualora avesse bisogno.

Tutto viene amplificato dalla recitazione dei due fratelli, che riescono a portare in scena tutte le età dei due personaggi, evitando un macchiettistico infantilismo. Sono credibili fin dalle prime scene, quando i due fratelli sono ancora bambini, e il rapporto evolve e si costruisce ancora più profondamente scena dopo scena, anno di finzione dopo anno di finzione.

La compagnia incarna una varietà di toni e di colori che trovavo molto calzante per l’adattamento del romanzo e per riuscire, con un numero limitato di attrici e attori, a restituire le tante sfaccettature della complessità umana. L’aderenza anagrafica degli attori ai personaggi non mi interessava, non solo perché siamo a teatro, ma perché la mobilità temporale contenuta nello spettacolo non la richiedeva. Volevo inoltre preservare, sullo sfondo, una sensazione ludica, come di un “gioco a interpretare questo o quel carattere”.

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Uno spettacolo visivo

Quello che colpisce di questo Barone rampante, oltre all’ottima scrittura e recitazione che lo compongono, è l’aspetto visivo. L’uso delle luci durante tutto lo spettacolo riesce ad incantare gli spettatori, sia grandi che piccini, ridestando la meraviglia che la storia porta con sé. La scenografia diventa viva, letteralmente infuocata in certi momenti, rendendo la storia coinvolgente.

D’altra parte, anche i macchinari usati per rendere il palco interattivo – ma soprattutto funzionale – alla storia risultano ingegnosi e particolarmente azzeccati. L’uso delle scale sospese come idea delle fronde degli alberi, circondate da tele bianche, regalano un senso di pace e leggerezza. Ridanno allo spettatore quello stesso senso che Cosimo ricerca, insieme all’indipendenza.

il barone rampante
©Masiar Pasquali, dal sito del Piccolo Teatro

Quella leggerezza calviniana

Anche attraverso l’allestimento dello spettacolo, quindi, viene riproposto sul palco quel senso di leggerezza così caro a Calvino. Non una semplice osservazione superficiale, ma si entra nel dettaglio con piedi felpati, come se camminassimo sugli alberi. Visivamente, il personaggio di Cosimo interpreta benissimo il concetto di leggerezza.

Vorrei che [il pubblico] provasse un senso di stupore e fascinazione, vedendo quel che il teatro può fare, nella costrizione e nel limite, paradossalmente, di un unico spazio. L’artigianalità, la cura dei dettagli che tutti noi abbiamo messo nel lavorare a questo spettacolo, in fondo è finalizzata al nostro desiderio di suscitare quella sensazione di sorpresa e meraviglia.

Quella meraviglia ci viene proposta, anche, dal resto dei personaggi, soprattutto da quelli che compongono il mondo famigliare di Cosimo. La differenza sostanziale che intercorre fra i genitori, il barone Arminio (Mauro Avogrado) e la Generalessa (Diana Manea), dà perfettamente senso al motivo per cui Cosimo viene lasciato a crescere sugli alberi. Di contro, la storia del Cavaliere Avvocato (Nicola Bortolotti) ricalca le storie d’avventura che leggevano i giovani sia ai tempi di Cosimo che soprattutto ai tempi di Calvino.

Insomma, questo spettacolo ha tutto ciò che serve per affascinare qualsiasi tipo di pubblico e lasciare che lo spettatore esca da teatro con un senso di leggerezza e ammirazione indubbie. Come Cosimo, veniamo trasportati verso qualcosa di nuovo.

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Immagine in copertina: ©Masiar Pasquali, dal sito del Piccolo Teatro

Greta Mezzalira

Classe 1995, laureata in Filologia Moderna. Innamorata del teatro fin dalla prima visione di "Sogno di una notte di mezza estate" durante una gita scolastica. Amante di musical e di letteratura.

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