Una storia impastata di umanità, che nel belletto trova l’essenza della purezza, che assume lo sguardo strabico e de-contaminato del diverso, il solo in grado di rivelare la grettezza della norma, la superficie apparentemente piana dell’ordinario. È questo il nucleo dell’ultimo, imponente lavoro di Emiliano Reali, giornalista e scrittore che ha fatto convergere in Bambi – Storia di una metamorfosi (Avagliano, 2022) i rivoli del suo impegno civile, quell’esperienza di attivismo saldata all’occhio del cronista che fissa dettagli e volti, osserva e riflette storie.
C’è tutto l’autore in questo volume che racchiude la trilogia già edita Meridiano Zero e inaugurata nel 2009 con Se bambi fosse trans?, opera dirompente, fuori canone, seguita nel 2015 da Maschio o femmina? e nel 2017 da Ad ogni costo. Perché Reali è uno di quegli autori votati all’ossessione, (in)volontariamente spinti a tornare su uno specifico tema, a sezionarlo fino a svelarne le faglie, a indagarne gli aspetti minuti.
Così le mille facce della comunità LGBTQI+ appaiono, in questo suo testo, destinate a uno scandaglio che ha la forza della letteratura, a una spinta ordinativa eppure mai giudicante, che solo la fuoriuscita dal canone rende palese senza precetti, arginando le categorie predisposte da altri.
Quella di Giacomo, che da Bassano del Grappa approda a Roma per ritrovare sé stesso è sì, come recita il sottotitolo, la storia di una metamorfosi, ma è ancor più il racconto di un’iniziazione, una sorta di rito misterico che si compie nel locali della Capitale, la città dove sacro e profano convivono da secoli, dove i ceti sociali si mescolano, i confini identitari saltano. Tutto acquista un senso diverso dal momento in cui si legge il testo in questa chiave, assimilando i cocktail al ciceone – la bevanda dei Misteri Eleusini –, gli incontri come quello con il travestito Desideria a riti iniziatici.
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In questa prospettiva, il viaggio fisico e spirituale di Giacomo ha come scopo la visione della verità, la rivelazione di un mistero che è poi la realtà libera da scorie, dalle regole sociali. Il protagonista, che ha una fidanzata di buona famiglia, un piccolo mondo antico in cui annaffiare le sue radici, fa il salto e diventa Bambi, affascinante e intrepida, fasciata in tubini rossi, in bilico su tacchi vertiginosi. È un’identità altra – non alternativa – che all’inizio costeggia lo sdoppiamento, come se Giacomo fosse il volto dabbene e Bambi l’addetta ai bassi servizi, al pari del Carlo di Polis e quello di Tetis del pasoliniano Petrolio.
Poi arriva la consapevolezza, il desiderio di essere questo, di provocare per dis-velare, per superare la possessione che è poi ossessione dell’identità, citando ancora Pasolini. La convivenza delle due anime deflagra così in una visione crudele, quando cadendo vittima di predatori Bambi rivela al mondo sé stessa, iniziando un percorso che è insieme dolore e liberazione, ricomposizione e strappo.
Reali è bravo a seguire le fasi della rinascita, assegnando al testo una struttura tripartita che è poi quella delle tre fasi canoniche: bruco, crisalide e infine farfalla. In Bambi, così come negli altri personaggi, alberga un senso di inadeguatezza che è frutto dei condizionamenti, delle aspettative socio-familiari. Tutto si tiene in questo romanzo, che ha il merito di rompere le inibizioni mostrandone la patina posticcia, tra coraggio e viltà.
Il salto di Giacomo, la riunificazione del suo io, ha così il sapore di una conciliazione, una breccia nel muro delle ipocrisie collettive, a dimostrazione di come certi personaggi – dalle prostitute dell’espressionismo agli emarginati di lunga tradizione – siano davvero campioni di un’umanità diversa, la sola in grado di opporsi al filisteismo della normatività.
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