fbpx

Tutti pazzi per «Il bacio» di Francesco Hayez

/
2 minuti di lettura

C’è chi entra a Brera solo per vederlo. C’è chi rimane incantato dalla delicatezza dei suoi tessuti, chi si fa scattare una foto di spalle, in piena contemplazione, in solitudine o in compagnia. Picasso rimase talmente colpito dalla vividezza delle forme da avvicinarsi alla tela nel tentativo di toccare il panneggio di quella vaporosa gonna che definisce la curva su cui si avvitano i due giovani corpi. C’è poi chi, in quel bacio appassionato e allo stesso tempo così pudico, ci legge la storia d’amore di Romeo e Giulietta. Ma anche chi, invece, ci legge la propria, senza rinunciare a qualche malinconico sospiro. In fin dei conti, Il bacio (1859) di Francesco Hayez (Venezia, 1791 – Milano, 1882) è diventato un’icona pop, un simbolo tutto italiano dell’attuale tendenza che fa della cultura una vera e propria moda. Collocato su un’accattivante parete verde acquamarina, la sua celebrità è pari ormai a quella Gioconda del Museo del Louvre.

Cosa rende oggi il capolavoro del veneziano Francesco Hayez una delle opere più amate (e “instagrammate”) della nostra storia dell’arte?

Il Bacio di Hayez

Il bacio è il quadro di Hayez attualmente conservato alla Pinacoteca di Brera a Milano ed è considerato il manifesto poetico del Romanticismo italiano. L’opera, presentata inizialmente da Hayez con il titolo Il Bacio. Episodio della giovinezza. Costumi del secolo XIV, riscosse un grande favore da parte del pubblico e dalla critica fin dalla sua prima esposizione a Brera, nella dimora di Alfonso Maria Visconti di Saliceto, il 9 settembre 1859, tre mesi dopo l’ingresso a Milano di Vittorio Emanuele II e Napoleone III.

L’azione è incentrata sul contatto tra i due protagonisti, i cui volti sono seminascosti dal cappello del giovane e dal profilo del viso femminile. A destra, sullo sfondo, si proietta una minacciosa ombra, mentre il giovane innamorato sembra pronto alla fuga. La scena risulta sospesa in uno spazio atemporale: il loro bacio non è che uno sfiorarsi, un’enigmatica e assoluta tensione che Hayez qui scolpisce nell’eternità.

 

* * *

Sì, lo sappiamo. Te lo chiedono già tutti. Però è vero: anche se tu lo leggi gratis, fare un giornale online ha dei costi. Frammenti è una rivista edita da una piccola associazione culturale no profit, Il fascino degli intellettuali. Non abbiamo grandi editori alle spalle, anzi: siamo noi i nostri editori. Per questo te lo chiediamo: se ti piace quello che facciamo, puoi sostenerci con una donazione. Libera, a tua scelta. Anche solo 1 euro per noi è molto importante, per poter continuare a essere indipendenti, con la sola forza dei nostri lettori alle spalle.

Oltre, al suo carattere romantico e intimistico, è doveroso considerare la valenza storica e politica che lo stesso pittore attribuisce alla sua opera. In Italia, con i moti rivoluzionari del 1848 si inizia infatti ad affermare un vivo sentimento nazionale, supportato dalla costituzione di associazioni segrete quali la Carboneria e la Giovine Italia. I colori del dipinto, l’azzurro, il bianco, il rosso, il verde, sono stati infatti interpretati anche come un’allusione ai tricolori francese e italiano, insieme uniti come nell’alleanza antiaustriaca stretta da Camillo Benso Conte di Cavour. La tela entra in seguito all’Accademia di Brera il 4 gennaio 1886 con obbligo di esposizione.

Leggi anche:
“I profughi di Parga”: la tragedia romantica di Francesco Hayez

Altre due versione de «Il bacio» di Hayez

Esistono altre due versioni de Il bacio di Francesco Hayez. La seconda, realizzata nel 1861 per la famiglia Mylius, è ora parte di una collezione privata; mentre la terza, conservata oggi alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano, risalente sempre al 1859, era stata donata alla sorella dell’amante dell’artista Carolina Zucchi.

Fonte di ispirazione per il cinema e l’arte contemporanea, Il bacio di Hayez parla ancora oggi ai suoi visitatori, è diventata ormai una tappa obbligata per chiunque visiti o sia anche solo di passaggio nella caotica e dinamica Milano del XXI secolo. La tela rappresenta infatti un momento di raccoglimento e di riflessione. Una dolce immagine che rende l’artista veneziano uno dei più amati dal grande pubblico. Questo accade forse perché, come scrive Camillo Boito nel 1891 ne L’ultimo dei pittorici romantici: «Hayez voleva nell’arte, oltre alla scena storica, il sentimento e il vero».

 


Segui Frammenti Rivista anche su Facebook, Instagram e Spotify, e iscriviti alla nostra Newsletter

Sì, lo sappiamo. Te lo chiedono già tutti. Però è vero: anche se tu lo leggi gratis, fare un giornale online ha dei costi. Frammenti Rivista è edita da una piccola associazione culturale no profit, Il fascino degli intellettuali. Non abbiamo grandi editori alle spalle. Non abbiamo pubblicità. Per questo te lo chiediamo: se ti piace quello che facciamo, puoi iscriverti al FR Club o sostenerci con una donazione. Libera, a tua scelta. Anche solo 1 euro per noi è molto importante, per poter continuare a essere indipendenti, con la sola forza dei nostri lettori alle spalle.

Valentina Cognini

Nata a Verona 24 anni fa, nostalgica e ancorata alle sue radici marchigiane, si è laureata in Conservazione dei beni culturali a Venezia. Tornata a Parigi per studiare Museologia all'Ecole du Louvre, si specializza in storia e conservazione del costume a New York. Fa la pace con il mondo quando va a cavallo e quando disquisisce con il suo cane.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.