Lo scorso 29 gennaio è stato pubblicato per l’etichetta 42 Records Aurora, il nuovo album de I Cani. Il lavoro della one man band di Niccolò Contessa, nonostante le premesse traballanti dei primi singoli che avevano lasciato i fan piuttosto scettici, è il frutto di un’evidente maturazione artistica il cui prodotto è un album ben riuscito e che non può fare a meno di colpire. Lo scarto con le prime due raccolte (Il sorprendente album d’esordio de I Cani del 2011 e Glamour del 2013) è evidente nell’ampliamento degli spazi, che non si limitano più alle dinamiche sociali romane, e nell’evoluzione del linguaggio: Contessa abbandona i sacchetti di carta in testa e si rifà al linguaggio dell’economia, della filosofia e della fisica teorica per esprimere il pessimismo antropologico di chi si sente un granello nella vastità dell’universo.
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Con un andamento energico ma allo stesso tempo cupo, i suoni elettronici e pop accompagnano la riflessione sulla fine che sembra configurarsi come il filo logico dell’intero disco: la fine di una storia, la fine della vita, la fine del nostro pianeta… In questo senso è significativo il brano Il posto più freddo, l’amara supplica di un innamorato che non riesce ad accettare la rottura di una relazione:
Ti prego rimani con me ancora un momento / ti prego rimani con me fino a che mi addormento. / Scusami per ieri sera, come ti abbracciavo. / Sì lo so, non è più il caso.
La traccia più riuscita è senza dubbio Protobodhisattva, una prospettiva sull’uomo come scarto di materiale stellare e destinato a dissolversi nella stessa forma da cui ha avuto origine:
Veniamo dalla polvere di nubi interstellari / e ci ritorneremo per il prossimo Big Bang
Il termine bodhisattva viene dal sanscrito e si riferisce ad un essere vivente destinato a conseguire la badhi (l’illuminazione) e, quindi, a diventare Buddha entrando nel nirvana e liberandosi dal samsara (il ciclo vitale della rinascita). Ma l’uomo non è che un prototipo mal funzionante di bodhisattva, un essere evoluto col pollice opponibile ma certo contraddittorio e le cui velleità si riducono a due domande più volte ripetute nel testo:
Vuoi il fumo o la coca? / Vuoi il culo o la fica?
Altro brano degno di nota e che certo evidenzia la nuova audacia lessicale di Contessa è Calabi-Yau. In fisica teorica, la teoria delle stringhe afferma che le extradimensioni sono arrotolate in figure a forma di spazi detti, appunto, di Calabi-Yau e sono associate ad ogni punto dello spazio-tempo. In questa complessità ed immensità ogni atto umano diventa vano, soprattutto se «miliardi di mondi esistono ancora / miliardi di vite per fallire ancora». Si ripresenta, dunque, il tema della fine associato, però, ad un inevitabile inizio: questo ciclo continuo sembra rendere inutile qualsiasi istante e sembra rifarsi alla filosofia nietzscheana. L’unica salvezza, quindi è il silenzio del ritorno alla polvere come dichiarato nell’ultima traccia, Sparire:
E stavolta quando chiuderò gli occhi non voglio sognare, / voglio un po’ di silenzio, un momento per non pensare. / E stavolta quando chiuderò gli occhi non voglio sognare / perché pure a sparire ci si deve abituare
La raccolta mette in luce un disagio esistenziale in un vortice opprimente e in un loop di suoni elettronici testimoniando una maturazione artistica importante per Niccolò Contessa.
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[…] da Latina. È Edoardo D’Erme, in arte Calcutta. Il suo ultimo album Mainstream, prodotto da Niccolò Contessa, ha letteralmente spopolato sul web (e […]