Nel suo ultimo decennio di vita Lucio Fontana (1899-1968) dedicò tutte le sue energie alla sua ultima creazione: le Attese, il ciclo dei Tagli. Definiti come lacerazioni inferte alle tele con variabili utensili, portarono l’artista a una consacrazione internazionale nel mondo dell’arte.
Quest svolta prese piede a partire dal 1958 e venne arrestata solamente con la morte dell’artista nel 1968.
Dai Buchi ai Tagli
Rispetto al precedente progetto dei Buchi qui l’approccio ha una connotazione fortemente più meditativa e ritmica, traslando il focus dal concetto di spazio alla relazione tra lo spazio e la gestualità. Il gesto, l’atto stesso, divenne protagonista tanto quanto lo spazio.
Il taglio rappresenta una pausa temporale che contiene al suo interno contemporaneamente il concetto di annullamento e quello di costruzione. Lo spazio diviene un luogo atemporale e astorico, permettendo all’idea pura di mostrarsi e divenire forma per mezzo del gesto, ma senza quasi passare per la materia.
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I Tagli divennero un ciclo, come i precedenti Buchi, che Fontana denominò Concetto spaziale. Attese. e vennero esposti per la prima volta nel febbraio del 1959 alla Galleria del Naviglio di Milano.
La felicità delle Attese di Lucio Fontana
Egli chiama queste nuove creazioni Attese e in una lettera del 21 febbraio 1959 rivela all’amico Mario Bardini che questa sua nuova espressione artistica gli donava pace e felicità.
La specifica morfologia delle Attese di Lucio Fontana parte dai primi Concetti spaziali costituiti da forme astratte dipinte e da tagli dal valore decorativo, per poi passare al gesto del taglio come assoluto e primario protagonista della tela.
Fontana stesso riconosce che i Tagli:
«sono soprattutto un’espressione filosofica, un atto di fede nell’intimo, un’affermazione di spiritualità. Quando mi siedo davanti a uno dei miei tagli, a contemplarlo, provo all’improvviso una grande distensione dello spirito, mi sento un uomo liberato dalla schiavitù della materia, un uomo che appartiene alla vastità del presente e del futuro».
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