Quando ci si immerge nel complesso panorama dell’arte astratta, ci si trova di fronte a una questione intricata: come collocare l’astrattismo all’interno di un preciso contesto storico nell’ampia narrazione dell’arte? Questa è una problematica che risuona soprattutto tra coloro che sono stati i protagonisti di questo movimento. In Astratte: Nuove ricerche sull’astrazione delle donne tra avanguardia e neoavanguardia in Italia, il testo curato da Elena Di Raddo e Bianca Trevisan ed edito da Electa, si riflette, però, su un capitolo doloroso: la storia dell’arte astratta, soprattutto nel fervore delle avanguardie, è stata in gran parte una narrazione al maschile. Le donne c’erano, ma erano spesso legate agli artisti uomini. Nonostante il loro contributo sostanziale, hanno quindi vissuto nell’ombra, private della visibilità e del riconoscimento che meritavano nei contesti pubblici dell’epoca.
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La scelta di una lettura di genere dell’astrazione non vuole essere settoriale o forzatamente di natura femminista, ma nasce dalla constatazione di come questa “altra metà” dell’arte sia stata storicamente penalizzata e necessiti in molti casi ancora oggi di essere indagata. Si tratta di una condizione che l’americana Linda Nochlin nel suo famoso articolo Why Have There Been No Great Women Artists? denunciava nel 1971 sulla rivista “Artnews”. Accanto ad altre artiste che hanno ottenuto un pieno riconoscimento nel mondo dell’arte, altre sono rimaste ai margini, pur avendo pieno diritto ad essere comprese nei manuali di storia dell’arte
L’indagine ha origine in seguito alla stimolante esposizione Astratte: Donne e Astrazione in Italia 1930-2000, tenutasi a Como nel 2022. Successivamente, durante un convegno presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, è emersa l’opportunità di approfondire ulteriormente le ricerche sulle numerose figure femminili coinvolte nel movimento astratto, le cui discussioni e contributi sono raccolti nel libro. Diviso in cinque sezioni chiave (Forme, Spazio, Metodo ,Militanza, Panorami) il libro offre una guida dettagliata attraverso il mondo dell’astrazione femminile. Partendo con l’analisi della transizione dalla figurazione alla liberazione delle forme, che assumono in seguito una geometria sempre più marcata nel tempo, si procede con l’esaminare il concetto di spazio: l’arte astratta infatti, negli anni, si è espansa interagendo in modo dinamico con l’ambiente circostante, generando nuove prospettive e stimolando nuove forme di espressione. L’arte però è anche indagine, argomento trattato nella sezione Metodo, per poi concludere con Panorami, in cui vengono esposti i due tentativi di mappatura che mostrano la presenza delle astratte italiane nel sistema dell’arte svizzero.
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Donne rimaste nell’ombra
Il percorso tracciato da Elena Di Raddo e Bianca Trevisan va oltre il viaggio nel mondo dell’arte astratta italiana del XX secolo: attraverso queste pagine, emergono idee e concetti rimasti per troppo tempo nell’ombra. Si parla di donne come Fernanda Fedi, che ha messo in discussione tecniche e tradizioni, Marisa Busanel, con i suoi dipinti astratti degli anni settanta segnati da un misticismo laico, Anita Pittoni, artista tessile che ha saputo destreggiarsi fra artigianato e arte e, infine, Carla Accardi, che sosteneva come l’arte astratta fosse un linguaggio, un’espressione più in linea con le artiste donne, in quanto priva di quella tradizione secolare e di elementi iconografici con cui una donna non poteva identificarsi per la totale mancanza di modelli operativi di riferimento. In Astratte si parla quindi di donne che hanno contribuito in modo significativo non solo nel mondo dell’astrattismo. L’approfondimento delle ricerche e le riflessioni critiche presentate nel libro offrono dunque una nuova prospettiva su un capitolo spesso trascurato della storia dell’arte, generando una riflessione sulla persistente disuguaglianza di genere nel mondo dell’arte, una questione che richiede ancora oggi attenzione e un impegno attivo per il cambiamento.
immagine in evidenza: Carla Accardi, Piccoli settori (1962; caseina su tela, 97 x 130 cm; Archivio Accardi Sanfilippo)
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