I vestiti possono essere opere d’arte?

dalla newsletter n. 20 - Settembre 2022 di Frammenti Rivista

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Arte e moda sono da sempre considerati campi complementari, due volti della stessa medaglia dediti al mito della bellezza e dell’armonia delle forme e dei colori. Nella storia, in particolare in quella del secolo scorso, sono numerosi gli esempi che dimostrano il risultato del fecondo incontro fra i due. Da Schiaparelli e Dalì a Yves Saint Laurent e Mondrian, molti designer si sono lasciati ispirare da pezzi artistici che spesso si allontanavano dal loro stesso concetto di moda, e proprio per questa ragione hanno saputo creare collezioni memorabili che hanno lasciato il segno nella storia della cultura visuale, abbattendo barriere e superando i confini di una divisione per discipline molto spesso limitante e incapace di cogliere la ricchezza delle sue contaminazioni.

La moda minimalista di YSL

Tra i principali interpreti del connubio arte e haute couture non si può non citare l’enfant prodige della moda francese, lo stilista franco-algerino Yves Saint Laurent (1936-2008) che a soli 21 anni diviene direttore artistico della Maison Dior, dopo la morte del celebre stilista avvenuta nel 1957.

Grande modernizzatore della moda femminile, a lui si devono l’invenzione dello smoking femminile e dell’audace nude look. Laurent fonda la sua maison eponima nel 1961 insieme al compagno, nella vita e nel lavoro, Pierre Bergé. Coltissimo e raffinato estimatore delle nuove tendenze artistiche, YSL è stato tra i primi a proporre sulle passerelle il binomio arte e moda, oggi inflazionato, lanciando nel 1965 la collezione che passerà alla storia come Collezione Mondrian, per via dei sei cocktail-dress in jersey e lana dalla linea dritta sui quali lo stilista riprodusse le griglie monocromatiche dell’astrattista olandese Piet Mondrian. L’abito Mondrian ebbe un immediato e clamoroso successo poiché aveva intercettato alcune delle caratteristiche della moda minimalista degli anni Sessanta, come l’amore per i tagli essenziali e la semplicità nell’uso dei colori primari (color blocking), e venne immediatamente riprodotto e imitato, soprattutto dopo che Vogue Paris gli dedicò una copertina definendolo entusiasticamente «abito del domani».

Sofia Di Gravio

Classe 99, laureata in filosofia alla Sapienza e volata a Parigi per studiare la filosofia dell’arte. Amante della cultura e della vita... specialmente quando ci regalano una chiacchierata davanti ad un bicchiere di vino!

Chiara Esposito

Sono di Napoli, laureata in Archeologia, Storia dell'arte e Scienze del patrimonio culturale. Sono giornalista pubblicista, mi piace scrivere e ho tanta voglia di farlo

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