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Carl Gustav Jung

A caccia di archetipi medievali: un complicato esperimento

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Pensate a un gruppo di persone qualsiasi: i vostri amici, la vostra squadra, i vostri colleghi, la nostra società in generale. Riuscite a identificare il leader? E l’artista? Forse anche il ribelle e il saggio? Se avete avuto poche difficoltà, allora forse Carl Gustav Jung non aveva tutti i torti.

Tanti, tra antropologi, storici e psicologi, hanno provato a spiegare cosa tenga unite le società e se possa esistere qualcosa di profondo e ancestrale ad accomunare tutti gli esseri umani. La proposta di Carl Gustav Jung (1875-1961) fu l’inconscio collettivo, che potremmo definire come l’insieme di tutti i costrutti inconsci condivisi tra gli individui della nostra specie. È una sorta di contenitore che ospita «le tracce delle esperienze primordiali dell’umanità, che tornano a manifestarsi attraverso immagini ricorrenti (archetipi) nei miti, nelle creazioni artistiche e nei sogni.» (Treccani).

Allievo di Sigmund Freud, fondatore della psicanalisi moderna, Carl Gustav Jung ne sviluppò le teorie, anche allontanandosene. Affascinato dai simboli e da tutto ciò che si potrebbe collocare nel campo dell’antropologia, estese il concetto di “inconscio” da qualcosa di unicamente individuale a un ambito più largo, condiviso da tutti gli esseri umani perché porteremmo dentro di noi le tracce della psiche dei nostri progenitori: qualcosa di così efficace da tenere unite le società in nome di un sentire comune.

Elementi fondamentali dell’inconscio collettivo sarebbero gli archetipi (Jung utilizzò questa parola per la prima volta nel 1919), cioè pattern ancestrali e innati che gli esseri umani si trasmetterebbero di generazione in generazione e che accomunerebbero tutte le società. Sarebbero unità fondamentali della nostra mente, a cui fare riferimento di volta in volta quando costruiamo ed esprimiamo la nostra identità o assumiamo certi comportamenti, pescando da questi modelli di riferimento. Una sorta di matrice culturale, insomma, che un uomo scandinavo del VII secolo e una donna sudamericana del XIX avrebbero in qualche luogo del loro inconscio in quanto esseri umani, declinata poi in forme diverse a seconda delle loro culture. 

Un esempio efficace è quello delle dee madri. Com’è possibile che numerose culture, che non hanno mai avuto contatti tra loro, siano accomunate dalla veneraz…

Daniele Rizzi

Nato nel '96, bisognoso di sole, montagne e un po' di pace. Specializzato in storia economica e sociale del Medioevo, ho fatto un po' di lavori diversi ma la mia vita è l'insegnamento. Mi fermo sempre ad accarezzare i gatti per strada.

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