Da qualche anno a questa parte il termine Antropocene ha fatto il suo ingresso all’interno del dibattito pubblico, entrando a far parte di quella folta schiera di parole usate, e talvolta abusate, senza che se ne afferri propriamente il significato. Il rischio di una non sufficiente familiarizzazione con il termine è in questo caso particolarmente alto, dato che comporta la possibilità di renderlo innocuo. Attraverso questo contributo si cercherà di inquadrare l’argomento Antropocene prendendo in esame un problema di immediata tangibilità, ovvero il caso del tonno rosso siciliano.
Da un punto di vista strettamente geologico, con Antropocene si fa riferimento all’era (geologica) attuale, succeduta al precedente Olocene (che ebbe inizio circa 12.000 anni fa); ciò che contraddistingue nel nome e nei fatti questa nuova fase è naturalmente il ruolo giocato dagli esseri umani (da ànthropos, uomo), per la prima volta nella storia del pianeta, veri e propri responsabili delle trasformazioni geologiche in atto. Questa inedita potenza di cui gli attori umani oggi dispongono permette pertanto di alterare gli equilibri del pianeta e delle specie che vi abitano a dei livelli prima impensabili.
Operare una distinzione: chi è responsabile?
Naturalmente non agli esseri umani nella loro dimensione individuale può essere attribuito questo potere, quanto piuttosto al sistema economico-sociale in cui questi sono immersi, vale a dire il fenomeno capitalistico nel suo complesso. Autori come Jason Moore sostengono a ragione che nel parlare dell’azione trasformatrice dell’umanità sul pianeta bisognerebbe infatti adottare l’espressione Capitalocene (Era del capitale) piuttosto che Antropocene. Detto altrimenti, gli interessi e la disponibilità di risorse della macchina capitalistica starebbero alterando in modo forse irreversibile il metabolismo che intercorre tra mondo naturale e mondo umano. Questo fenomeno ha com’è ovvio implicazioni in ogni ambito dell’attività capitalistica: si prenda qui in esame il caso della produzione di