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Antonio Ligabue in mostra a Roma, tra genio e fragilità

Un viaggio nell’universo tormentato di Antonio Ligabue: 73 opere in mostra a Roma raccontano il genio e la follia dell’artista italo-svizzero.

3 minuti di lettura

Con la mostra Antonio Ligabue – I misteri di una mente, visitabile fino al 12 gennaio 2025, il Museo Storico della Fanteria di Roma rende omaggio al celebre artista italo-svizzero scomparso nel 1965.

L’esposizione, curata da Micol Di Veroli, Dominique Lora e Vittoria Mainoldi e prodotta da Navigare Srl con il patrocinio di Regione Lazio e Città di Roma, su iniziativa di Difesa Servizi S.p.A., presenta 73 opere che abbracciano un arco temporale compreso tra la fine degli anni Venti e i primi anni Sessanta del Novecento, provenienti da tre collezioni private di Reggio Emilia, Parma e Roma.

Una lettura inedita della produzione artistica di Ligabue

L’intento esplicitato dalle curatrici è quello di offrire al grande pubblico una nuova lettura della produzione di una delle figure più enigmatiche del panorama artistico del ventesimo secolo, incentrata sull’elemento biografico e sull’utilizzo della lente della Psicologia dell’Arte, scardinando le tradizionali categorizzazioni nell’ambito dellArt Brut per restituire all’artista una dimensione di assoluta originalità.

L’espressione artistica di Ligabue fu, infatti, profondamente influenzata dalle sue vicende personali segnate da un’infanzia e un’adolescenza difficile, vissute in una condizione di indigenza e precarietà, e da frequenti ricoveri in ospedali psichiatrici a causa di problemi legati ad una forma di instabilità mentale che si esternava ora in atteggiamenti aggressivi, ora in episodi di autolesionismo.

A. Ligabue, Cortile (Fattoria), 1930, olio su tela, 77×102 cm. Collezione privata. Courtesy del Museo della Fanteria, Roma.

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Tuttavia, fin da bambino, manifestò un talento innato e una propensione naturale per il disegno, iniziando a dipingere da giovanissimo, agli inizi degli anni venti.  Fondamentale sarà l’incontro nel 1928 con lo scultore e pittore Renato Marino Mazzacurati, che ne intuì il talento e gli insegnò l’uso dei colori a olio, avviandolo, pur in assenza di una formazione accademica, verso la piena realizzazione artistica. Nei suoi dipinti dai colori accesi e dalle pennellate decise, si riflette appieno il tumulto interiore di questo artista che rappresenta, forse, un unicum nel panorama artistico del ventesimo secolo. Come afferma la curatrice Micol Di Veroli:

La storia personale di alienazione e sofferenza di Ligabue è profondamente intrecciata con la sua produzione artistica. I dipinti le sculture e le puntesecche possono essere visti come una forma di auto-espressione e catarsi, un modo per navigare e articolare il suo caos interiore. Questo contesto biografico è cruciale per comprendere la profondità emotiva e la ricchezza simbolica della sua opera.

A. Ligabue, Caccia, 1955, olio su tela, 120 x 150 cm. Collezione privata. Courtesy del Museo della Fanteria, Roma

Il corpus espositivo

Il percorso espositivo si snoda tra 31 sculture bronzee raffiguranti una rappresentanza eterogenea di animali, tra cui cani, cerbiatti, caprioli, babbuini, capre, leoni e pantere, affiancati da 18 dipinti a olio, 3 disegni e 21 puntesecche, che comprovano la poliedricità espressiva di Ligabue.

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Tra i dipinti spiccano diversi autoritratti, strumento molto utilizzato da Ligabue, nei quali si riflette la sua identità di pittore e di uomo.  Ligabue si ritrae spesso con uno sguardo allucinato, immerso in un contesto naturale che rivela la tensione dell’artista verso l’ambiente naturale, alla costante ricerca della quiete interiore a cui il suo spirito tormentato anelava.

Tra gli autoritratti, una tela del 1957, considerata una delle sue opere più emblematiche, scelta come manifesto della mostra. Molta curiosità ha suscitato la farfalla bianca che si intravede sul prato, affianco all’artista, elemento simbolico presente in diversi autoritratti. Quando gli fu chiesto cosa rappresentasse, Ligabue affermò: «Questo è il premio che mi do quando un quadro mi soddisfa più di un altro», rivelando l’aspirazione costante ad una qualità eccelsa che voleva imprimere alle sue opere.

A. Ligabue, Autoritratto, 1957, olio su tela, 80 x 70 cm. Fondazione & Archivio Antonio Ligabue di Parma. Courtesy del Museo della Fanteria, Roma

Un elemento sui generis nell’arte di Ligabue: il teriantropismo

L’esposizione è distribuita in un percorso cronologico-tematico, articolato in 5 sezioni: Animali da cortile; Animali selvaggi; Cani; Animali da bosco; Autoritratti, fiori e campagne.

La natura è protagonista indiscussa dell’opera di Ligabue, in particolare il mondo animale rappresentato, sia nei dipinti che nelle sculture, in scene di predazione e lotta per la sopravvivenza, descritte con nitidezza e vivacità espressiva.

A. Ligabue, Tigre con gorilla, 1951, bronzo, 38,5 x16 x18 cm. Collezione privata. Courtesy del Museo della Fanteria, Roma

In esse si riflette il tumulto interiore dell’artista, delle sue angosce e delle sue paure, ma anche, più in generale, la proiezione della condizione dell’uomo, soggetto, come l’animale, a lottare per la sopravvivenza in un mondo spesso ostile.

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Nell’opera di Antonio Ligabue, gli animali non sono semplici soggetti ma portatori di significati profondi, evocando emozioni e riflessioni sull’esistenza umana (…) gli animali rappresentano l’alter ego dell’uomo, incarnando i conflitti interiori, le paure e i desideri primordiali. Le scene di predazione e lotta che ha realizzato non sono solo studi di comportamento animale ma riflessioni sulla lotta per la sopravvivenza, la violenza intrinseca della natura e le tensioni emotive dell’esistenza umana.

Micol Di Veroli

In questa fusione simbolica tra natura umana e natura animale si esplicita il teriantropismo (dal greco therion -animale selvaggio- e antropos -uomo-), tema ricorrente nell’opera di Ligabue, che assurge a chiave di lettura fondamentale per comprenderne la visione artistica.

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Arianna Trombaccia

Romana, classe 1996, ha conseguito la laurea magistrale con lode in Storia dell'arte presso l’Università La Sapienza. Appassionata di scrittura creativa, è stata tre volte finalista al Premio letterario Chiara Giovani. Lettrice onnivora e viaggiatrice irrequieta, la sua esistenza è scandita dai film di Woody Allen, dalle canzoni di Francesco Guccini e dalla ricerca di atmosfere gotiche.

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