Il 18 aprile è uscito per l’etichetta Nusica.org Chi è Antelope Cobbler?, il nuovo disco di Marco Cesarini e Henry Mclusky, suo eteronimo ed investigatore chiamato a decifrare le varie sfaccettature della realtà. Si tratta di un progetto audio-visivo, composto da sei brani strumentali che richiamano le atmosfere noir e simboliche del cinema di David Lynch: l’idea stessa dell’album è nata in seguito ad un rewatch di Twin Peaks.
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Hai definito Chi è Antelope Cobbler? un disco noir. Cosa significa, musicalmente e concettualmente realizzare un album di questo genere?
Grazie per la domanda. Musicalmente parlando significa individuare determinate armonie e timbri da utilizzare per rendere al meglio le atmosfere. Poi ho fatto una ricerca più sistematica partendo dal cinema e dalla letteratura; per quanto riguarda la musica invece mi sono addentrato molto più a fondo nel mondo dei compositori di musica da cinema, scoprendo così grandissimi autori. Questo è un punto interessante che questo disco mi ha permesso di approfondire: nelle colonne sonore di alcuni film ci sono soluzioni armoniche veramente estreme; ho sentito composizioni di una potenza unica, al punto che nella stessa pellicola riuscivano a convivere sperimentazioni e armonie canoniche. Se ci pensi molte persone hanno ascoltato brani dodecafonici, elettronica sperimentale e musica complessa che non avrebbe mai sentito se non fosse stato per il cinema; questo ci dice che il supporto visivo aiuta molto a giustificare alcune scelte musicali. Mi sono reso conto però anche che molte di quelle sonorizzazioni sarebbero state dei dischi perfetti anche senza la pellicola come supporto. Ho pensato che mi sarebbe stato utile immaginare di sonorizzare un film senza avere il film, non so se mi spiego, credo che questo mi abbia aiutato a comporre una musica descrittiva ed evocativa allo stesso tempo. Colgo anche l’occasione per invitare i vostri lettori e le vostre lettrici a visionare il videoclip del singolo Cani randagi, lo potete trovare sul canale YouTube di Nusica.org. Insieme al regista Filippo Biagianti e a Margherita Baldelli siamo riusciti a dar vita a una sorta di cortometraggio muto partendo dalla musica; è stata un’esperienza molto bella e secondo me il prodotto mostra molto bene quello che sto cercando di dire rispondendo alla tua domanda. Aggiungo anche che mentre componevo il disco ho tenuto una sorta di diario, appunti scritti relativi alla ricerca che stavo facendo, è una cosa che faccio sempre, mi aiuta ad essere più concentrato sulle finalità. La mia idea era quella di poter dare una mia definizione di noir con la musica, e di raccontare una storia utilizzando le note; quando ho saputo che avrei dovuto allegare alle composizioni anche delle note scritte ho messo mano a tutti i miei appunti e mi sono accorto che il tutto poteva formare una sorta di storia, un racconto breve. Questi testi sono consultabili sul sito di Nusica.org.
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Possiamo dire che ad aver composto questo album siete stati in due: tu ed il tuo eteronimo, Henry Mclusky. Da dove è nata questa necessità un po’ pessoiana di riporre una parte di sé in un nuovo personaggio? Chi è di preciso Henry Mclusky e come ha contribuito alla realizzazione dei brani?
La tua domanda si ricollega a quella di prima. Inoltre hai citato Fernando Pessoa che è un autore che ho amato molto. Inventare un personaggio è molto divertente, inoltre puoi inserirlo in determinati contesti senza dover per forza immaginare te stesso. Mi ha permesso a livello pratico di fare alcune scelte musicali che forse senza di lui non avrei fatto, mi ha aiutato molto a calarmi ancora di più in un contesto noir. Immaginare Henry Mclusky muoversi in alcune scenografie, incontrare determinate personaggi mi ha stimolato a comporre una musica più descrittiva ed evocativa.
Dove hai avuto l’ispirazione per realizzare questo album che ha portato alla nascita di un nuovo progetto?
Il tutto nasce dalla seconda visione di Twin Peaks, la terza stagione in particolare. Avevo appena finito di leggere un paio di saggi su David Lynch, quello di David Foster Wallace e quello di Slavoj Zizek e rivedere il suo lavoro era ancora più interessante, riuscivo a cogliere nuovi aspetti. Mi sono accorto che David Lynch spesso nel suo cinema aveva affrontato storie noir, Twin Peaks stesso è un noir. Ma non si è limitato a rifare storie trite già viste, è riuscito a rimettere in gioco il genere sviluppando un suo ordine simbolico, dei suoi codici. Questo tipo di analisi mi ha stimolato a tal punto da chiedermi se sarei riuscito anche io a fare una cosa simile con la musica. Ricordo con precisione che appena mi sono fatto questa domanda, ho detto alla mia compagna che il giorno dopo avrei iniziato a scrivere un nuovo disco.
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Partendo dalla domanda iniziale Chi è Antelope Cobbler?, conduci l’ascoltatore in un viaggio introspettivo e surreale molto originale e interessante. Esiste una meta di questo percorso? Chi è, quindi, Antelope Cobbler?
Credo che la meta risieda nel percorso, nel cammino, non esistono luoghi in cui dover andare, siamo già tutti dove dovremmo essere in ogni momento della nostra vita. Suona fatalista e anche scontato, ma come tutti i cliché quello che ho scritto contiene una parte di verità, almeno dal mio punto di vista. Non so dove mi porterà la ricerca che sto facendo insieme a Henry Mclusky, mi lascio condurre e cerco di stare con le proverbiali antenne alzate per captare i messaggi che la psicosfera mi comunica. Nella pratica, spero che questa storia e questa musica arrivi a più persone possibile e che coinvolga anche altri campi artistici, la video-arte è un aspetto che sto iniziando a vagliare per dei prossimi progetti. Mi piacerebbe lavorare nel cinema e nell’ambito teatrale, ho fatto alcune esperienze molto edificanti in passato e mi piacerebbe sviluppare un percorso più strutturato in quel senso . Per quanto riguarda Antelope Cobbler credo proprio di non poter rispondere, segreto professionale… scherzo! Però veramente, non posso rispondere ancora, la seconda parte del disco è quasi finita e penso proprio che Henry arriverà a scoprilo molto presto e non credo che gli farà piacere sapere chi si cela dietro quel nome.
Che ruolo affidi alla tua musica?
Sinceramente non saprei dirti di preciso, per me principalmente è un’esigenza, cerco di rappresentare con i suoni e le note un immaginario che dentro di me ha urgenza di essere realizzato, spero che questa musica arrivi a quante più persone possibile e che venga recepita. Allo stesso tempo credo che la musica possa avere il potere di creare connessioni, con altri musicisti e con altre discipline artistiche, di conseguenza con altre persone; l’incontro oggi è quanto di più necessario visto i tempi che corrono.
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In questo nuovo album hai collaborato inoltre con Aliena Wroblewki (alias Margherita Bardelli), che ha impreziosito il disco con le sue illustrazioni. Date le influenze cinematografiche al tuo lavoro, quanto conta per te l’arte visiva nel racconto musicale?
Credo che l’arte sia una delle componenti fondamentali: mio padre (Claudio Cesarini) è uno sculture e pittore, suo fratello (Enzo Cesarini) anche, mia madre (Margherita Roberti) è una ceramista, sono cresciuto in mezzo all’arte figurativa e a gente che parlava prevalentemente di quello e questo in qualche modo ha influenzato il mio modo di vedere il mondo e le cose. Margherita Baldelli (Aliena Wroblewski) è la mia compagna, quindi lavorare insieme risulta molto semplice e naturale, abbiamo collaborato molte volte e condividiamo la passione per il cinema. Aliena/Margherita è un’artista nel vero senso della parola, non ha atteggiamenti snob e lavora sempre. Inoltre, una cosa che mi ha sempre stupito del suo atteggiamento è che non sembra minimamente preoccuparsi dell’aspetto mondano o di apparire: la sua preoccupazione principale è lavorare per il gusto di farlo. Nell’ambiente è molto difficile trovare attitudini simili alla sua, e per me lei è una sorta di punto di riferimento per quanto riguarda una certa etica del lavoro. Come dicevo prima, abbiamo entrambi la passione per il cinema e una cosa di cui mi sono accorto negli ultimi anni è che ognuno di noi a seconda dei nostri ambiti lavorativi tende a vedere nell’opera cinematografica quello che gli interessa dei più; un atteggiamento inconscio e quasi automatico ci fa evidenziare gli aspetti che ci riportano più vicino al nostro ambito di competenza. Il filosofo cercherà la parte legata al concetto, al messaggio, un esteta cercherà l’equilibrio formale (ed è quello che fa la Meg), dal canto mio, come compositore cerco sempre il movimento di camera abbinato alla musica, epifania in cui gli eventi sono allineati alla perfezione, dove la parola non riesce ad arrivare, e in cui musica, fotografia e tecnica cinematografica diventano qualcosa che trascende il film stesso. Molti di quei brevi momenti potrebbero essere estrapolati dal film e apparire come opere a se stanti.
Hai intenzione di continuare questo nuovo progetto con Henry Mclusky o la sua presenza è circoscrivibile solo a questo disco?
Sì, il secondo capitolo è già quasi finito, spero di farlo uscire entro la fine di quest’anno, al massimo i primi mesi del prossimo. Per ora, spero e credo che convivrò con Henry Mclusky per parecchio tempo, chi lo sa… D’altronde l’avventura è iniziata da poco!
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