1958 e 2018
In Italia la qualificazione alla Coppa del mondo di calcio non ha mai rappresentato un ostacolo insormontabile; si potrebbe dire che è sempre stata una formalità, quasi una seccatura. L’ultima volta che la nazionale italiana fallì l’appuntamento quadriennale con la storia del calcio avvenne nel 1958, esattamente 60 anni fa; in epoca più recente, il palo colpito da Ruggiero Rizzitelli precluse agli azzurri la possibilità di partecipare agli europei del 1992. Entrambe le competizioni, i mondiali del ’58 e gli europei del ’92 si disputarono in Svezia, la stessa nazione che ci ha eliminato due giorni fa.
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Nessuno, nel XXI secolo, ha mai messo in dubbio il fatto che l’Italia si sarebbe qualificata per le competizioni estive, quasi fosse qualcosa di assodato e certo. Invece, lunedì sera, il calcio italiano ha toccato il punto più basso della sua gloriosa storia, e da qui dovrà per forza di cose ripartire. Vero, ma il nostro paese, che respira calcio quotidianamente, come ha potuto permettersi di crollare in maniera così ignobile?
Errori visibili
La caccia al capro espiatorio, malcostume che segue ogni disfatta che si rispetti, ha già individuato il responsabile, e non potrebbe essere altrimenti: Giampiero Ventura, commissario tecnico, evidentemente, in uscita. Ventura venne scelto dal Presidente della Figc Carlo Tavecchio dopo l’addio di Antonio Conte. L’ex allenatore del Torino rappresentava molto probabilmente il candidato migliore sulla piazza. Preparato tatticamente e ottimo gestore di giovani, e proprio da questi ultimi sarebbe dovuto ripartire il calcio italiano.
D’altronde, è da qualche anno che nel nostro paese si fa notare come la nuova generazione di calciatori che sta piano piano emergendo (per intenderci: quelli nati dal 1990 in poi) non sia assolutamente da buttare via. Certamente era impensabile che, oggi, questi ragazzi potessero ristabilire le gerarchie del calcio mondiale, allineando la nostra nazionale alle superpotenze europee quali Germania, Spagna e Francia. Di certo, però, non ci saremmo nemmeno aspettati ciò che si è verificato negli ultimi tempi.
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Giampiero Ventura ha le sue responsabilità, inutile negarlo. Il doppio confronto con la Svezia è stato agonico per ogni italiano appassionato di calcio. Gli errori sono apparsi molto evidenti e probabilmente sono cominciati dalla dêbacle contro la Spagna a settembre. Un 3-0 che non ammise repliche. Al di là del risultato sportivo, quella partita è stata un autentico spartiacque, poiché la nostra nazionale, intesa come blocco formato da allenatore, staff e giocatori, dopo quel match ha perso tutte le coordinate possibili, entrando in un evidentissimo stato confusionale.
L’isteria collettiva dell’ultima settimana non è assolutamente giustificabile. Il calcio, ogni tanto, sa essere uno sport lineare: una volta conosciuto il nostro destino (il sorteggio ci ha accomunato alla Spagna nel girone eliminatorio), era fin da subito apparso evidente che la nostra nazionale avrebbe dovuto disputare lo spareggio per qualificarsi al mondiale. Solo qualche inguaribile ottimista avrebbe potuto credere che saremmo riusciti a termine il nostro girone in prima posizione, relegando la Spagna (questa Spagna) ai play-off. Eppure nel paese si è respirato nelle ultime settimane un’atmosfera di paura, ansia e drammaticità, di cui, sinceramente, ne avremmo fatto molto volentieri a meno.
Gli errori tattici del Ct durante il doppio confronto sono stati molteplici, segno che qualcosa all’interno dell’ambiente deve essersi rotto. A Stoccolma l’Italia ha disputato una partita impalpabile, adeguandosi alla pochezza tecnica dei nostri rivali, i quali possiedono, nel loro bagaglio, un solo schema offensivo: palla lunga ai due centravanti molto dotati fisicamente, come da manuale della perfetta squadra nord-europea.
Nella partita di ritorno, pur mostrando un carattere e una determinazione migliore, siamo riusciti a costruire palle-gol solamente in maniera sporadica e quasi casuale. In particolare, anche l’altra sera, siamo stati noi ad adeguarci al loro contesto tattico e non viceversa. Non si è cercato di muovere la rocciosa ma lenta difesa svedese, ma al contrario, si è voluto sfondare sulle vie laterali per produrre cross facilmente arginabili dai loro difensori centrali. Oltretutto, il mancato utilizzo di Insigne, il giocatore più in forma del campionato, l’unico in grado di poter accendere la luce, ha lasciato tutti esterrefatti.
Errori invisibili
Il pubblico italiano non deve commettere l’errore di confrontare quest’ultima, sbiadita, nazionale con quella spumeggiante dell’ultimo europeo. Antonio Conte ebbe a disposizione un mese per modellare una macchina da guerra straordinaria per il materiale tecnico a disposizione. Ma anche quella nazionale, durante le qualificazione agli Europei del 2016, fece enormemente fatica. Non riuscimmo nel doppio confronto a superare la Croazia e vincemmo a fatica contro Malta (doppio 1-0) e Azerbajan (2-1); oltretutto, tre mesi prima dell’esordio europeo, subimmo una tremenda lezione di calcio dalla Germania (0-4). Il mister leccese fece un lavoro eccezionale durante quell’estate del 2016 (solamente poco più di un anno fa) ma è come se, grazie alla sua maestria tattica e al suo spirito da condottiero, fosse riuscito a nascondere le evidenti lacune di tutto il movimento calcistico. Vincendo contro Belgio e Spagna, e venendo eliminati solamente dalla Germania ai rigori, abbiamo dato l’immagine di una nazionale al livello delle migliori europee. Antonio Conte, senza volerlo, ha nascosto la polvere sotto al tappeto.
Una rivoluzione calcistica, ed è quello che richiedono oggi milioni di appassionati, non può partire dal nuovo commissario tecnico che andrà a sostituire Ventura. O meglio, il sostituto appare un dettaglio quasi insignificante, alla luce degli evidenti limiti strutturali evidenziati dal nostro calcio. Rivista con il senno di poi, la stessa gestione Cesare Prandelli (un pessimo mondiale, ma un ottimo europeo) appare oggi come il massimo a cui avrebbe potuto ambire questa mediocre nazionale. Quindi, potremmo anche incolpare il Ct di turno ed evocare un Carlo Ancelotti o un Max Allegri, i quali, come fece Conte, potrebbero rappresentare un’ottima scialuppa di salvataggio. Ma finché non verranno tappate le falle, la nave continuerà a imbarcare acqua da tutte le parti.
Un sistema da riformare
Il calcio italiano ha bisogno come il pane di una riforma del campionato di serie A. Venti squadre sono troppe e hanno avuto la colpa di far aumentare enormemente lo squilibro di forze fra i top club e tutte le altre; è opinione comune che quest’anno lo scudetto verrà deciso dagli scontri diretti, poiché Juventus, Napoli, Roma, Inter e Lazio svolgono un campionato a sé stante rispetto alle altre squadre di serie A. Tutto ciò è dovuto, anche, a una vergognosa spartizione dei diritti televisivi, dove le grandi squadre fagocitano quasi interamente il budget a disposizione.
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Le scuole calcio andrebbero riformate drasticamente. Un allenatore di livello internazionale come Massimiliano Allegri ribadisce quotidianamente l’importanza della tecnica individuale, soprattutto ad alti livelli. La tecnica, nelle scuole calcio italiane, risulta essere quasi un dettaglio marginale, relegato in secondo piano dalle conoscenze tattiche e dalla fisicità del singolo ragazzo.
In Spagna si comincia a giocare sul campo regolamentare (a 11) solamente quando i giovani compiono 14/15 anni; nel nostro paese, invece, ragazzi appena usciti dalla scuola elementare, evidentemente acerbi da un punto di vista fisico, giocano nello stesso campo dei calciatori di serie A. Così, a conti fatti, continueremo a produrre un Darmian (forse il meno peggio nella partita di Stoccolma), il quale conosce senz’altro le diagonali difensive, ma mostra palesi e lampanti carenze quando ha il pallone tra i piedi.
Nella situazione in cui vive il calcio italiano non è da escludere che possa nascere un altro Pirlo o un altro Buffon. Ma il fenomeno assoluto è tale in qualsiasi contesto e la sua nascita, spesso, è dettata dal caso (anche la modesta Svezia, d’altronde, ha avuto Ibrahimovic). Il grosso problema è che, andando avanti di questo passo, faremo fatica a creare un folto gruppo di calciatori di alto livello capaci di riportare la nostra nazionale ai fasti del passato.
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