Il carattere di questo bambino non è ancora abbastanza formato perché io possa dire qui la mia opinione. Le sue maniere sono quelle di un bambino viziato che non manca di intelligenza. Vedremo più tardi cosa c’è in questa crisalide.
Forse un artista?
Mamma Eugeniè pronunciando queste parole di certo non immaginava quanto il suo Dedo sarebbe diventato grande. Mai avrebbe pensato che quel bambino viziato, di salute cagionevole, sarebbe divenuto l’incredibile Amedeo Modigliani.
Nato il 12 luglio 1884, ultimo di quattro figli, Amedeo Modigliani è bello, educato e amante del disegno. La madre lo vede disinteressarsi degli studi, provare piacere solo con una matita in mano: «non fa più che della pittura… il suo professore è molto contento di lui, io non me ne intendo ma mi sembra che per aver studiato solo tre o quattro mesi non dipinge troppo male e disegna benissimo». E se Eugeniè non ha le competenze per capire, di certo le ha Giovanni Fattori che, durante il periodo fiorentino del giovane pittore, lo segue con dedizione nel suo percorso d’artista.
Ammalato di pleurite fin da bambino, una volta guarito il destino gli riserva un’altra sorpresa, quella tubercolosi che lo condurrà alla morte a soli trentacinque anni d’età. Nonostante la salute cagionevole, Dedo dipinge e sperimenta prima a Venezia e poi a Parigi dove, grazie all’aiuto di un anziano zio, avrà la possibilità di soggiornare tra salotti, arte e donne bellissime. Prende in affitto un atelier a Monmartre decidendo di dedicarsi unicamente alla scultura, sua antica e incontrastata passione. La polvere è però dannosa per i suoi poveri polmoni e allora Modì è costretto a rinunciare, dipinge, disegna, passa intere giornate al Louvre a studiare la misteriosa arte africana.
Quest’interesse lo porta ad incrociare la strada del geniale Pablo Picasso, colui che «avrà pure talento ma non ha ragione di vestire in tale modo», il genio e sregolatezza che condivide con Amedeo Modigliani l’indiscutibile talento e la passione per le belle donne. Dipingere però non frutta, i soldi sono pochi e l’affitto è alto. Dedo non ha denaro ma la cosa sembra non preoccuparlo, offre da bere a coloro che contano, fuma oppio e regala gioielli a giovani e avvenenti fanciulle.
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I tanti amici di cui si circonda diventano il soggetto dei suoi quadri, le ragazze che ama le muse dei famosi nudi dai colori spenti. Ed è questa la pittura che lo consacrerà alla fama mondiale, quella che lo porterà ad essere ricordato per i volti di donna dal collo allungato e l’espressione distaccata in cui, neanche troppo velatamente, è possibile intravedere le fattezze della sua amata Jeanne, colei che si getterà dalla finestra il giorno dopo la morte di Amedeo Modigliani.
Amedeo però beve, e tanto: assenzio liscio, come tutti gli artisti maledetti. Fuma e sperimenta droghe, arriva ad essere persino violento quando è al limite del tracollo. Di giorno è un infaticabile pittore, di notte trascorre un’esistenza dissoluta, che contribuirà a circondarlo di quell’aura mitica e affascinante che ben si addice ad ogni artista genialmente sregolato. Il suo mercante d’arte, Léopold Zborowski, lo segue come un figlio, cerca di sottrarlo a questa condizione dissoluta organizzandogli un paio di mostre personali, un’esposizione presso la galleria di Berthe Weill, la promotrice di Picasso. Qui Modì si presenta con disegni e nudi; niente di scabroso, eppure la folla s’indigna, non vuol vedere in vetrina un simile oltraggio al pudore. La polizia fa chiudere la mostra, non un quadro viene venduto.
L’esistenza del Modigliani uomo e artista non sarebbe completa senza l’amore di Jeanne Hébuterne, pittrice in erba con la quale si trasferì in Provenza dimenticando il successo-insuccesso di Parigi. La bella ragazza ha solo diciannove anni, un padre ateo convertito al cattolicesimo e un figlio in grembo dall’affasciante pittore livornese. I due in Provenza si amano follemente, la dolce Jeanne diviene l’ispirazione per la maggior parte della produzione di Modì che, proprio in questo periodo, subisce una notevole impennata. Zborowski s’impegna per vendere i suoi quadri, tutti i finanziamenti finiscono però dissipati tra alcol e droga. Jeanne rimane di nuovo incinta e i due tornano a Parigi dove Modì partecipa a una collettiva con Picasso e Henri Matisse ma sta male, molto male. Alla tubercolosi si è aggiunta la nefrite, gli attacchi di delirium tremens sono sempre più frequenti.
La mattina del 24 gennaio 1920 Amedeo Modigliani si spegne all’Hôpital de la Charité, in preda al delirio e a una crisi tubercolotica. Ha solo trentacinque anni e una vita dissipata alle spalle. Ma la sua concezione di pittura basata sul disegno lineare e la purezza arcaica della sua scultura fanno di Dedo una delle personalità più eccezionali dell’arte contemporanea, riconosciuta postuma come ogni grande genio.
Ho ben conosciuto Modigliani; l’ho conosciuto affamato, l’ho visto ubriaco e l’ho visto abbastanza ricco. Mai l’ho visto mancare di grandezza… Mai ho sorpreso in lui il minimo sentimento basso… Modigliani era un grande artista.
Maurice de Vlaeminck
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