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©Alva Bernadine

Alva Bernadine: surrealismo nudo e crudo

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2 minuti di lettura

«Il mio lavoro è in gran parte surrealista e sono sempre andato verso un senso di disagio nelle mie foto. Mi piace l’idea di attrarre qualcuno in una foto con qualcosa di insolito o un oggetto erotico, che al tempo stesso ti attira e respinge, con la stranezza di ciò che sta accadendo.

Alva Bernadine

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Alva Bernadine nasce in Inghilterra nel 1961 e, per suo stesso dire, nasce eccentrico: «io sono una sottocultura» ama dire. L’artista adora provocare, quasi disturbare lo spettatore. «Io sono un visivo ed esibizionista dalla nascita».

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Lo spettatore ha di fronte a sé non solo la pienezza dei colori, ma una ricchezza che si fa notare anche nei bianchi e neri ricchi di contrasti e geometrie.

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Influenzato dal movimento surrealista Bernadine nutre la sua fantasia straripante e diventa negli anni fotografo, grafico, designer e anche regista. Le sue fotografie invece si travestono, come incendi visivi, con una forma insolita di sensualità e di eleganza che diventa sogno, fantasia, sesso, e insieme ansia, in un eterno rapporto tra dominati e dominanti.

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«Questi nudi sono di amici, conoscenti e persone conosciute da internet. Inizialmente ho usato specchi nell’intento di ottenere il maggior numero di immagini in un’immagine, poi ho iniziato a pensare a diverse permutazioni, infine lavorato sul mio modo di cedere ad uno specchio.
Ho utilizzato specchi così piccoli dove si può riflettere una sola, piccola, parte del corpo, quindi mi sono divertito a ricostruire una donna con diversi riflessi».

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Il maggior numero di immagini, nella stessa immagine, è questo l’intento iniziale e il risultato finale. Nudi prospettici il cui risultato è una moltitudine di carne e colori in un’ambientazione da film.

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«Il mio universo è profondamente personale e spesso intensamente claustrofobico, a volte di violenza stilizzata e di morte». Il suo è un angolo di visione del mondo molto ampio, con un 28 mm per realizzare la sua idea: «quando per qualche motivo devo usare un 50mm, è come un teleobiettivo per me».

Sembrano quasi raffigurazione di succubi, e così è realmente. «l’inferno non ha furia come una donna disprezzata», così recita un vecchio adagio risalente al folklore antico, secondo cui il pensiero di un demone donna era in grado di abitare i corpi di donne straordinariamente belle. Nelle storie gli uomini descrivono gli incontri sessuali con queste donne come ipnoticamente seducenti. Poi la personificazione di queste donne nei libri e nei film, fino all’ispirazione per Alva Bernadine, che esplora l’evoluzione della fantasia maschile attraverso la sua inquietante serie fotografica Succubus – A female demon.

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La serie fa parte dell’opera complessiva di Bernardine che sfuma i confini, e la critica, tra lo sfruttamento del corpo femminile e quello della società, tutto attraverso narrazioni surrealiste. Ha voluto che la gente prestasse attenzione al suo lavoro, anche solo per un paio di secondi in più. Per fare questo ammette di aver usato quantità di colore, preoccupanti scene da film e eventi spiritosi, cercando sempre di portare lo spettatore a pensare a ciò che è successo prima e dopo lo scatto. Ciò che sta per accadere. Ambientazioni enigmatiche, riflessi quasi inquietanti ma pur sempre affascinanti in ogni loro particolare.

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Fausta Riva

Fausta Riva nasce in Brianza nel 1990.
Geografa di formazione(Geography L-6) poi specializzata in fotografia al cfp Bauer.
Oggi collabora con agenzie fotografiche e lavora come freelance nel mondo della comunicazione visiva.
Fausta Riva nasce sognatrice, esploratrice dell’ordinario. Ama le poesie, ama perdersi e lasciarsi ispirare.

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