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«L’Odissea e l’arte di essere mortali»: Alessandro D’Avenia al Festival della Bellezza

Personale ed esistenzialista: «L'Odissea e l'arte di essere mortali», la lectio tenuta da Alessandro D'Avenia al Festival della Bellezza di Verona, s'interroga sul potere della letteratura di aiutarci a trovare le risposte alle domande più profonde sulla vita.

9 minuti di lettura

Lo scorso 9 giugno 2024 nell’incantevole cornice del Teatro Romano di Verona, malgrado la pioggia Alessandro D’Avenia ha tenuto una lectio dal titolo L’Odissea e l’arte di essere mortali, parte del prestigioso Festival della Bellezza. La serata è stata più che un racconto dell’Odissea, ma un viaggio emotivo e intellettuale, anche personale e pedagogico, dentro la vita da insegnante dell’autore ma anche dentro le vite degli spettatori.

Odisseo nella nostra vita e nelle classi

Alessandro D’Avenia ha iniziato subito scherzando sulle condizioni metereologiche. Effettivamente, l’organizzazione in tal senso ha molto peccato: molti ombrelli venivano ritirati all’ingresso, con l’ovvio intento di fare acquistare il k-way al bar direttamente a pagamento; sono piccolezze che in un contesto di bellezza sarebbe meglio non accadessero, ma a priori da tutto Alessandro D’Avenia ha saputo fondere abilmente la sua profonda conoscenza della letteratura classica con la sua capacità di raccontare storie in modo accessibile.

Fin dal suo esordio con Bianca come il latte, rossa come il sangue ha saputo mostrare, del resto, che come in classe ovviamente deve riuscire a dialogare con gli alunni, così nella sua scrittura risulta accessibile a tutti e lo dimostra anche a teatro. La diversa cornice in cui si è trovato non gli ha impedito di illustrare la sua reinterpretazione dell’epico viaggio di Odisseo originale e inedita.

È vero che di Odisseo, o Ulisse alla latina, abbiamo sentito parlare innumerevoli volte, in quanto nella storia della letteratura ma anche del cantautorato è diventato lui stesso un topos letterario: l’eroe multiforme, il primo eroe moderno; l’Odissea stessa è considerata il primo romanzo della storia. Ritroviamo così Odisseo citato da James Joyce, Umberto Saba, Costantino Kavafis, Lord Alfred Tennyson, Cesare Pavese e da cantautori come, tra gli altri, Lucio Dalla e Francesco Guccini. Questa fortuna di Ulisse è ovvia e riconosciuta, ma quello che spiega Alessandro D’Avenia va oltre. Al di là di tutto questo noi, gente comune, definiamo la vita un’Odissea. Ciò in quanto in questo grande poema epico possiamo ritrovare le questioni fondamentali dell’esistenza umana: il senso della vita, la mortalità e la ricerca della propria identità.

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Il rapporto con gli alunni e la scuola di oggi

Con una narrazione fluida e avvincente, Alessandro D’Avenia ha trasportato il pubblico nel mondo di Omero in maniera estremamente personale: parte con il raccontare di regali degli studenti, fra i quali un’edizione dell’Odissea dove ognuno di loro ha segnato il passo che li rappresenta. Così nella narrazione omerica si passa dall’universale al particolare, così ogni tappa del viaggio di Odisseo è un’opportunità per riflettere su aspetti fondamentali dell’esperienza umana. Il modus dicendi e scribendi di Alessandro D’Avenia, che con orgoglio rimane prima di tutto un professore e dopo uno scrittore, come nelle sue opere qui in questo spettacolo spicca per umanità e personalità. L’intensità che ne caratterizza il modo di esporre non sembra mai finta o costruita, ma genuina: davvero sta parlando qualcuno che, in quelle pagine, ha trovato un senso reale per la sua vita.

Quando racconta, per esempio, di Odisseo nell’Ade che scopre della madre morta, Alessandro D’Avenia si lega alla sua esperienza personale, alla paura che tutti noi abbiamo di perdere i nostri genitori quando invecchiano. Quando narra di Ulisse non lo fa mai nella modalità di una fredda lectio magistralis, ma lo lega a esperienze in classe e anche a sottili critiche della gestione attuale del mondo scolastico.

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La letteratura come strumento di comprensione

Il lavoro di Alessandro D’Avenia come insegnante ha quindi brillato attraverso il suo approccio pedagogico durante lo spettacolo. Con la sua naturale abilità didattica, ha reso la narrazione epica profondamente educativa, non senza una forte ironia. Il suo estremo entusiasmo lo ha portato sovente a diversi voli pindarici, a volte troppe divagazioni, ma che venivano ben recuperate grazie alla sua oratoria. Ha invitato, soprattutto, il pubblico alla riflessione scevra dal legame con la sua persona: «Dimenticatemi», ha detto, perché ciò che si deve ricordare è la bellezza e l’emozione, non la persona. Ma certo lo spettacolo (durato più di due ore no stop) non è, come magari qualcuno poteva pensare, un’approfondita disamina sull’Odissea e con onestà Alessandro D’Avenia lo dice scherzando: per il resto, acquistate il libro Resisti, cuore. L’Odissea e l’arte di essere mortali.

Lo spettacolo non vuole quindi illustrare approfonditamente e nel dettaglio tutto il poema epico, bensì invitare a considerare come l’Odissea possa offrire risposte alle sfide della vita moderna, mostrando come la letteratura non sia solo un campo di studio, ma un mezzo per esplorare e comprendere il mondo e noi stessi. In tal senso Alessandro D’Avenia, che come detto ha spesso intrecciato i riferimenti alla sua esperienza in aula, ha criticato l’idea di nozionismo che appartiene alla scuola di oggi.

La conoscenza mnemonica che ti serve per essere performante diventa inutile se rimane nell’ambito della “rappresentazione” e diventa preziosa se invece sai dire cosa l’Odissea ti ha lasciato e insegnato, se ti ha permesso di avere una riflessione critica sulla vita. Questo legame tra insegnamento e narrazione che si mantiene in tutti gli scritti di Alessandro D’Avenia e quindi anche nello spettacolo non è nuovo, ma caratterizza diversi autori contemporanei; sicuramente al professore originario di Palermo appartengono una grande genuinità e una forza quasi infantile nei momenti di esposizione che palesemente lo toccano di più. Certo non si può condividere tutto: alcune polemiche sono poco moderne e alcune considerazioni troppo tradizionaliste, ma lo spettacolo intrattiene ed emoziona e questo conta.

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Il trionfo della bellezza

L’Odissea e l’arte di essere mortali non è stato solo un omaggio alla grande epopea greca, ma inserendosi nel contesto del Festival della Bellezza è diventato anche una celebrazione della bellezza nella sua forma più pura. La bellezza di conoscere, di sapere in modo utile, ma soprattutto la capacità di affrontare la vita con coraggio e dignità, come Ulisse.

Questa dignità consiste, come tutto il viaggio di Odisseo, nell’accettazione della condizione di mortalità. Anche alla luce di questo percorso si può interpretare il poema epico e anche la nostra vita deve essere volta a questa accettazione. Ecco che la bellezza trionfa, in mezzo ai classici, in una cornice classica anch’essa: il Teatro Romano di Verona. E recupera le antiche abitudini di un unico maestro che illustra la sua lectio e gli altri lo ascoltano, lui solo con un libro in mano, senza scenografie sfarzose, senza ChatGPT, senza nulla se non la parola con la sua potenza.

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Silvia Argento

Nata ad Agrigento nel 1997, ha conseguito una laurea triennale in Lettere Moderne, una magistrale in Filologia Moderna e Italianistica e una seconda magistrale in Editoria e scrittura con lode. È docente di letteratura italiana e latina, scrittrice e redattrice per vari siti di divulgazione culturale e critica musicale. Ha pubblicato un saggio su Oscar Wilde e la raccolta di racconti «Dipinti, brevi storie di fragilità».

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